Guida vini. Alto Adige: Pinot Nero, Lagrein, uve e uvaggi bordolesi. Tanti spunti guardando al futuro6 min read

 Arriviamo a parlare dei “rossi strutturati” dell’Alto Adige e questa volta li accorpiamo in un unico, grande articolo perché crediamo sia opportuno non tanto confrontarli ma cercare di capire se stanno seguendo strade parallele o se il modo di intendere Pinot Nero, Lagrein, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot sia diverso e segua idee diverse, dettate anche dal clima e dai suoi cambiamenti.

Proprio partendo da questo punto la prima annotazione è d’obbligo: se le uve bordolesi hanno sicuramente tratto vantaggio dagli aumenti medi di temperatura, soprattutto estiva, il Pinot Nero invece sta cercando di “correre ai ripari” (in tutti i sensi) spostando, per quanto sia possibile, il baricentro dei vigneti più in alto e comunque operando scelte di vigna e di cantina diverse rispetto solo a 10 anni fa. Il Lagrein, che spesso si trova in pianura e quindi nelle zone più calde e afose, stranamente sembra abbia invece tratto qualche vantaggio, specie nella composizione più rotonda della trama tannica, senza però perdere intensità aromatica.

Vigneti a Gleno

Anche dal punto dei metodi di maturazione dei vini il “mondo bordolese” si stacca da Pinot Nero e Lagrein se non altro per un uso più sapiente e forse moderato del legno. Infatti tra Cabernet e Merlot non si trovano sia quelle concentrazioni tanniche e aromatiche che contraddistinguono un buon numero di Lagrein, sia quelle note più tostate che ricordano il caffè e che in non pochi casi contraddistinguono i Pinot Nero altoatesini.

Non vogliamo però far passare l’idea che i livelli qualitativi finali siano molto diversi, questo va detto sin da subito.

Prima della qualità però occorre parlare di una cosa fondamentale, specie per l’Alto Adige: i terreni su cui questi vitigni sono piantati sono molto diversi, si trovano in zone diverse, con esposizioni e altezze diverse. Una cosa che ormai è chiara a chi conosce un po’ l’Alto Adige è che nessuno si sogna di piantare Pinot nero a Cortaccia o Cabernet Sauvignon a Gleno, cioè che oramai sono ben chiari e definiti i terreni e le altitudini dove possono nascere bene determinate uve. Che poi  le tanto attese UGA forse non porteranno ad un quadro di suddivisione così chiaro è un altro discorso però, specie per queste tipologie di uve siamo in “mondi diversi”, dove suolo, esposizione, altitudine parlano lingue molto differenti.

Una cosa che lega invece le varie tipologie e che spesso (questo sicuramente meno per le uve bordolesi)  i vini più varietali sono le espressioni di base, dove il vitigno non viene condizionato dal legno. Naturalmente ci sono diversità tra anno e anno, tra tipologia e tipologia, ma spesso abbiamo trovato molto meglio “il marker” del vitigno nelle espressioni più giovani e fresche.

Vigneti a Cortaccia

Ma adesso facciamo parlare i vini.

Pinot Nero

Quasi 40 campioni degustati con il 64% dei vini che superano la soglia degli 80 punti (ripetiamo che noi non diamo punteggi “centenari” come se piovesse) sono un risultato di livello anche perché abbiamo trovato buoni Pinot Nero in ognuno dei territori che vanno per la maggiore. C’è sempre il solito neo della “torrefazione” di alcuni aromi che rendono un po’ troppo simili diversi vini, quando invece una maggiore leggiadria e freschezza potrebbe essere molto più apprezzata.

Capiamo perfettamente la difficoltà di coltivare pinot nero, a qualsiasi altezza, ma in qualche caso la voglia di fare un grande vino porta invece a fare un “grosso vino” e questa è certamente una situazione in cui inciampano diversi produttori. Ci piace sottolineare come accanto alle zone classiche del Pinot Nero stia crescendo molto la Val Venosta, con vini più puntati sulla freschezza che sull’ampiezza. Sicuramente in futuro ne sentiremo parlare sempre più.

Lagrein

Non è certo il vitigno dei nostri sogni ma invece, tra i rossi,  è quello da qualche tempo più richiesto e piantato in Alto Adige: negli ultimi venti anni la superficie e praticamente raddoppiata, superando i 500 ettari (e battendo, anche se di pochissimo, gli ettari piantati a pinot nero) e ogni produttore con cui abbiamo parlato sottolinea come il vino tiri moltissimo, specie sul mercato turistico locale. Noi lo abbiamo apprezzato molto nelle versioni più giovani e fruttate, dove la tannicità è viva ma non ridondante e dove una certa freschezza “aleggia” ancora. Non neghiamo che le versioni più mature abbiamo ottime caratteristiche ma spesso non hanno quella “stereofonicità” quella completezza tra profumi, corpo e freschezza che contraddistinguono quelle giovani. Quasi trenta vini degustati di ben cinque annate diverse ci hanno portato ad un solo Vino Top e ad 57% di vini che hanno superato i fatidici 80 punti.

Grappolo di Lagrein

Che dire? Siamo di fronte ad un vino che andrebbe visto più in versione giovane, visto che comunque ha pienezza da vendere. Ci piacerebbe sapere quanto Lagrein viene venduto dell’ ultima annata e quanto delle versioni più invecchiate: questo sicuramente ci farebbe capire se siamo noi che abbiamo un’idea sbagliata o se i produttori preferiscono mandare la versione “super” agli assaggi perché pensano che un vino d’annata possa essere svilente per la cantina.

Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc sia in uvaggio che in purezza

Non molti i vini degustati, sia in purezza che in uvaggio (18) ma una degustazione che ci ha fatto più volte saltare sulla seggiola. Sia Merlot, sia Cabernet Sauvignon, in purezza o in uvaggio, sono vini che possono competere a livello mondiale. Del resto è stato dimostrato anche in una degustazione con i rossi di Cortaccia e ne abbiamo parlato qui.

Quello che ci colpisce in questi vini è, nel perfetto dosaggio del legno, la notevole rispondenza al vitigno, il tutto in una rotonda potenza che spesso è affiancata da lineare freschezza. Sono vini che fanno pensare perché smuovono vecchi e stanti pregiudizi e danno nuova linfa a vitigni adesso molto poco considerati rispetto al recente passato. Insomma, la strada altoatesina ai vini bordolesi è insieme una sorpresa e una certezza. Complimenti ai produttori, in particolare di quei cinque Vini Top (su 18 degustati è quasi record) che, come detto sopra, ci hanno fatto saltare sulla seggiola.

Vigneti a Cortaccia

In chiusura vogliamo dirvi che non si chiude qui il nostro lungo report sui vini altoatesini: abbiamo ancora da parlare degli spumanti metodo classico e lo faremo, assieme a tutto il mondo delle bollicine (Trento Doc, Franciacorta, Friuli, Oltrepò, Etna, Marche etc) verso la fine del mese di novembre, quando questa tipologia sarà ricercatissima per le feste natalizie.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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