Il lago, la schiava e la Charta4 min read

Il lago è quello di Caldaro (Alto Adige), la schiava, è quella in tutte le sue declinazioni varietali ed è il vitigno che rappresenta storicamente il paesaggio enoico altoatesino, anche se negli ultimi anni sta vivendo momenti poco felici .

E la Charta, di cui avevamo parlato qualche tempo fa  è una selezione dei migliori vini a base schiava (Vernatsch in tedesco) dei produttori del comune di Caldaro, nata circa sei o sette anni fa dalla volontà dei produttori di volersi distinguere rispetto al resto della produzione altoatesina, alla ricerca di un vino qualitativamente più alto rispetto alla media.

Ma è solo attraverso l’invito dell’associazione dei produttori di Caldaro che ho potuto toccare con mano e verificare nel bicchiere i progressi fatti in questi anni.

Le regole che si sono date sono queste.

  • Le uve utilizzate per la produzione dei vini che rispettano i requisiti della Charta provengono dalle migliori zone indicate sulle mappe del comune di Caldaro.
  • Le vigne da cui provengono le uve devono avere un’età media non più giovane di 30 anni.
  • Le rese non possono superare i 125 q.li/ha rispetto ai 140 – 170 q.li/ha del disciplinare normale.
  • Il tipo di bottiglia: apparentemente è un concetto scontato che il vino debba uscire sul mercato solo in bottiglia da 0.750 ml o magnum, in realtà è una regola necessaria visto che il contenitore classico è spesso stato la dama da 5 litri o la damigiana.
  • La degustazione: i vini sono sottoposti a degustazione per poter ottenere la capsula con sopra il marchio di qualità della Charta
  • I vini possono essere messi in vendita solo l’anno successivo alla vendemmia, dopo che sono stati presentati in una degustazione pubblica (Caldaro in Rosso)

Ed è proprio a questo evento che sono stato invitato, venerdì 26 scorso, dalle 19 in poi. Ma non prima di aver passato una bella giornata tra le vigne e i sentieri di Caldaro, in compagnia di Andrea Moser e Gerhard Sanin, della Cantina Sociale di Caldaro (la più importante produttrice di Kalterersee). Una giornata dai contenuti estremamente tecnici dove si sono affrontati tante tematiche, dal suolo alla bottiglia.

Una passeggiata che consiglio a tutti perché il comune di Caldaro, tra i più dinamici in campo turistico, oggi raccoglie i frutti di una scelta sofferta, fatta a metà degli anni ottanta, allorquando decise di vietare ogni tipo di insediamento urbano in una vasta porzione del suo territorio dove risiedevano le vigne migliori. Quella scelta oggi paga e regala uno scenario difficile da ritrovare in altre zone vinicole.

La passeggiata si è chiusa in visita ad una vigna sperimentale; una vigna definita “ l’Arca della Schiava” da Andrea Moser, perché raccoglie molti dei cloni più antichi, ritrovati sparsi per queste colline; lo spartiacque sono gli anni 80, quando la domanda tedesca di vino a base Schiava arrivò ad impennarsi e i produttori sostituirono i vecchi cloni con alcuni più moderni, più produttivi e decisamente meno interessanti sotto il profilo qualitativo.  La ricerca e sperimentazione in campo di cloni antichi che aumentino il livello qualitativo è  cominciata da cinque anni, per i frutti dovremmo aspettare ancora ma è gia facile prevedere che questa sperimentazione porterà a risultati significativi nei vini del prossimo futuro.

Di seguito poi una degustazione di vecchie annate ha riconfermato l’insospettabile longevità di questo vitigno all’apparenza molto delicato ma nei fatti decisamente performante nel tempo  , in assaggio principalmente vini dell’annata 2011: hanno tutti più o meno confermato la sostenibilità nel tempo di un vino considerato da bersi giovane.

Nel pomeriggio  la degustazione altimetrica: i vini assaggiati la mattina a circa 300.mt slm, sono poi stati riassaggiati nel pomeriggio in una baita trai boschi del passo Mendola a circa 1300 mt slm. avevo già fatto un’esperienza simile con il Trento Doc ma non erano state rilevate significative differenze, mentre in questo caso la diversità olfattiva è stata importante: in quota gli aromi si fanno molto più delicati ma anche più netti e “cristallini”. La pressione atmosferica gioca un ruolo importante sullo sprigionamento dei profumi dal bicchiere, una buona regola in cantina prevede di non assaggiare i vini dalle botti quando fuori è brutto tempo, pena l’amplificazione dei sentori riduttivi che possono portare ad errate valutazioni tecniche.

La sera poi, a Caldaro in Rosso, la degustazione dei 18 Lago di Caldaro 2016 con il bollino Charta ha dimostrato sul campo i benefici di una regolamentazione più rigida autoimposta dai produttori stessi, rispetto ad un disciplinare doc ben più permissivo. Dunque livello medio alto, varie sfumature e stili, ma grande coerenza nel rispetto del vitigno. Da notare che il 2016 da queste parti è definita una vendemmia di grandissima qualità.

Se per quanto riguarda la degustazione di Kalterersee 2016 rimando il tutto alle prossime degustazioni ufficiali, per quanto riguarda le annate storiche vi voglio segnalare i seguenti vini:

Pfarrhof 2010 – Produttori Caldaro: fine ed elegante.

Kalkofen 2010 – Baron di Pauli: ancora giovane e dinamico.

Kaltenburg 2011 – Brigl: grande frutto e buona personalità.

Kaklterersee 2011 – Niklas: lungo e intenso.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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