La sostenibile (forse) leggerezza della Schiava6 min read

Ai primi di novembre la cantina Erste + Neue di Caldaro ha organizzato una degustazione che ha dimostrato ai giornalisti intervenuti  il notevole potenziale del vitigno più bistrattato dell’Alto Adige.

 

Parliamo della Schiava o, come è chiamata da queste parti, Vernatch;  in particolare il vino che è stato oggetto di una verticale di sette annate è stato il loro Lago di Caldaro DOC Classico Superiore Leucthenburg.

 

Il Leuchtenburg nasce in una vigna sperimentale a ridosso del Lago di Caldaro; qua  la cantina, per mano del suo enologo Gerhard Sanin e in collaborazione con l’agronomo Federico Curtaz, ha riunito il risultato di una selezione dei migliori e più longevi ceppi di Grauvernatch (o Schiava Grigia) sparsi nelle  vigne attorno al lago. Viti che hanno raggiunto in molti casi i cento anni di vita e non mostrano ancora cenni di decadimento.

 

Fin dal Medioevo questo vitigno è intimamente legato alle vicende economiche ed agronomiche della Bassa Atesina e  le sue origini potrebbero essere nei paesi slavi (Sclava…Schiava).

Sarebbe giunto  in Italia al seguito degli Unni o dei Longobardi ed è probabilmente il primo vitigno definito “autoctono” dell’Alto Adige, dopo una ricerca operata dalla scuola vinicola di San Michele nel XIX° secolo.

 

I terreni leggeri e permeabili di origine calcarea e porfirica avrebbero reso ideali le sue condizioni di sviluppo, facendo del Sud Tirolo l’ambiente perfetto di crescita.

 

Con il tempo le varianti a bacca bianca del vitigno sono scomparse lasciando il campo a quelle a bacca rossa, di cui oggi vi sono due rami principali: la Schiava Nera che si trova in Lombardia e Veneto e il gruppo di vitigni trentini e altoatesini: Schiava Gentile, Schiava Grigia, Schiava Grossa e Tscaggele.

 

E’ una pianta abbastanza vigorosa, con acini grandi, buccia sottile ma abbastanza resistente.

Il vitigno principale della zona del Lago di Caldaro è la Schiava Grossa, mentre La Schiava Grigia e la Schiava Gentile in pratica sono quasi sparite; da qui lo sforzo della cantina di mantenere questo potenziale genetico e quindi la ricerca e la selezione massale nei vigneti con ceppi centenari.

 

 

La Degustazione

 

Nell’immaginario collettivo altoatesino la Vernatch è l’uva del contadino, quella da 200 q/ha e oltre,  da sempre serbatoio del consumo locale di vino rosso in bottiglia da litro o dame da 5 litri. L’imponente crescita commerciale del vigneto Alto Adige ha dimenticato questo vitigno, relegandolo in seconda linea e spingendo gli interessi dei vignaioli e cantina sociali verso altre uve ben più blasonate.

 

Lo sforzo della cantina è quello di ridare dignità ad un vitigno di cui quasi ci si vergogna al momento, e in questo senso presentare una degustazione verticale è quanto di meglio ( e più rischioso) si potesse fare  per  toccare “con le labbra” le potenzialità di questo vitigno.

 

Sette annate, dal 2014 al 2009 e poi il 2007: non starò li a fare il profilo di ogni annata, ma vi basti sapere che questo vino, mantenuto in condizioni ideali in cantina, può fornire gioie inaspettate.

 Tutti i vini non hanno mostrato nessun segno cedimento: una vera sorpresa anche per me, lo ammetto, che non avrei creduto in una tenuta temporale così ampia per un vino che ha rese comunque alte e “dotazioni” iniziali tutt’altro che importanti.

 

E dunque il nostro delicato, esile, leggero, ma anche sapido e complesso Leichtenburg ha offerto una serie di assaggi che hanno dimostrato quanto possa ben evolversi in bottiglia e quanto possa ancora essere vivo dopo cinque o sei anni di cantina.

 

Il millesimo 2010 ha fornito una testimonianza esemplare di vino con dotazioni aromatiche secondarie ancora intatte, perfetto bilanciamento e lunghezza ineccepibile e ha messo tutti d’accordo sulla sua piacevolezza.

 

Anche il 2011 e il 2009 si sono ben distesi nel bicchiere ed hanno servito prove molto convincenti.

 

Il 2012 e il 2013 erano, neanche tanto stranamente, ancora crudi e in divenire.

 

 Il 2007 per quanto sia stata un’annata molto calda non ha comunque sfigurato e il 2014, benché annata difficilissima, presenta prospettive interessanti.

 

Nessuna di queste annate è ovviamente in vendita tranne l’ultima, da qua l’eccezionalità di poter testare questo vino in queste condizioni.

 

 

Fin qua la cronaca e le belle intenzioni, ma la realtà?

 

Il profilo organolettico della Vernartch, ed in particolare del Kalterersee,  è di notevole attualità: in un mondo enogastronomico in cui ormai il “Light” sembra essere la ricetta a tutti i mali, un vino (apparentemente) semplice, profumato, poco alcolico e di facile beva può facilmente essere un vino che sposa perfettamente le nuove filosofie alimentari e modaiole.

Dunque è giusto, commercialmente ed anche eticamente, che  E+N si dia da fare per portare avanti una comunicazione tesa a far conoscere meglio questo vitigno. Tanto di cappello per iniziative come questa con la speranza che si moltiplichino per un vitigno che da sempre noi di Winesurf , paladini dei vitigni autoctoni e della riconoscibilità vino-vitigno, difendiamo e promuoviamo (il nostro direttore a spada pure tratta).

 

Ma la realtà mi rende un po’ scettico se osserviamo la schiava ed in particolare la denominazione Lago di caldaro sotto un’altra luce:  come è possibile dare identità ad una DOC che si estende dal comune di Nalles fino a oltre la Val di Cembra, quando nel suo nome (lago di Caldaro) è “fallacemente” indicato solo il nome di una sola località, infinitesimamente più piccola?

 

Venendo al “mondo-schiava” in generale occorre far notare che venti anni fa l’uva rappresentava il 70% della superficie vitata altoatesina, oggi il 25%: chi potrà convincere i contadini a ripiantare Vernatch   attualmente pagata intorno ai 100 euro/Q, quando invece uve come Gewurz e Sauvignon sono pagate il doppio?

 

Basterà la ripresa di consumi interna a giustificare il grandissimo lavoro di vigna e i  costosi trattamenti che la Vernatch necessita? Inoltre,  da quest’anno improvvisamente si è presentato in gran numero il moscerino dei piccoli frutti. Questo parassita, dal nome scientifico di Drosophila Suzukii,  alle  latitudini altoatesine ha fatto la propria comparsa di recente, si riproduce ad un ritmo spaventoso e attacca in prevalenza i frutti rossi, facendoli marcire in pochi giorni e la Vernatch è la preferita perché rossa e con  buccia sottile!!!

 

Personalmente temo che la strada per la redenzione di questo vitigno sia ancora lunga purtroppo. Il lavoro della E+N rimarrà vano se non verrà seguito dalle altre grandi cantine sociali della zona, che potrebbero rendere così l’impresa ardua ma non impossibile.

 

Spero, nel mio piccolo, di essere servito a farvi guardare con spirito diverso la prossima bottiglia di Kalterersee che vi capiterà tra le mani, magari aspettando ancora un po’ ad aprirla per poter gioire appieno del suo formidabile potenziale.

 

 

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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