In giro per le cantine della Valle Isarco16 min read

Dopo il primo articolo  sulla Valle Isarco eccomi a parlare delle visite in cantina. Prima di tutto una precisazione: se si eccettua l’aver scelto di non visitare le due grandi cantine (Valle Isarco e Novacella) che conosco bene, le altre visite sono state dettate quasi dal caso, nel senso che 16 produttori di Eisacktwein in tre giorni scarsi solo Francesco Falcone può visitarli, quindi ho sottoposto a Laura Sbalchiero (che ha avuto la pazienza di accompagnarmi per tre giorni e per questo la ringrazio) un elenco con esclusioni  quasi casuali a cui poi l’influenza, il maltempo e la neve hanno dato un ulteriore sforbiciata. A questo punto ho una bruttissima notizia per  Eisacktalwein, non mi resta che ritornare in Valle Isarco per visitare tutti.

Eccovi i miei incontri in rigoroso ordine temporale, nonché nel senso di marcia nord-sud: siamo infatti partiti dal nord della valle scendendo, produttore, dopo produttore, verso Bolzano.

La prima visita inizia di fronte ad un nome che imparerò a conoscere bene nel proseguo del viaggio: buschenschank.  E’ praticamente la versione altoatesina dell’agriturismo, riguardante però solo la possibilità di dare da mangiare. Un’azienda agricola può fare buschenschank, cioè ristorazione con almeno una parte di prodotti fatti da loro (Speck, vino, pane, verdure etc) per sei mesi all’anno, anche spezzando in più volte i periodi di apertura. Così la maggioranza dei buschenschank locali apre tre mesi a primavera e tre mesi in autunno, quando il turismo si ferma più volentieri in zona e non preferisce le alte quote.

La guida alpina che fa vino, ovvero Villscheider

Florian Hilpold, proprietario assieme alla sua famiglia di un noto buschenschank, nonché di diversi ettari di mele e di quasi 3 a vigneto, ha la faccia tirata e il corpo asciutto della guida alpina e, guarda caso, lo è. I suoi vini gli assomigliano: sono asciutti, lineari, quasi sferzanti per la freschezza che dimostrano (tranne uno, ma andiamo con calma). Ha iniziato a imbottigliare nel 2007 e oggi produce circa 15.000 bottiglie tra un buon Sylvaner, un ottimo Kerner (entrambi 2016) ed uno  Zweigelt che usa esclusivamente nell’agriturismo.

In realtà produce anche poche centinaia di bottiglie di ST. Cyrill, un vino passito (gewürztraminer 80%, kerner 20%) della cui assoluta bontà ho parlato qui. Da Florian ho capito alcune cose: prima di tutto che le vendemmie da queste parti sono molto ritardate: lui inizia verso fine settembre e qualche volta finisce di vendemmiare il miglior kerner a inizio novembre. Inoltre è uno degli ultimi arrivati nel mondo enoico della Valle Isarco e, come altri colleghi, ha intrapreso una strada che punta al biologico ma la mano in cantina è sempre estremamente rigorosa e bonariamente “tecnica”. Il tutto porta a vini di assoluta pulizia, a cui occorre dare tempo per aprirsi. www.villscheider.info

Il giovane Grande Vecchio ovvero Manni Nossing

Manni Nossing non sembra un altoatesino. Lo vedrei bene in Toscana con una parlata dove perde continuamente “c” per la strada, mentre quassù la strada l’ha delineata proprio lui e con chiarezza. E’ il presidente di Eiscktalwein, ne è l’anima assieme ad altri produttori e la sua storia enoica ha rappresentato per diversi giovani produttori sia la spinta per mettersi in gioco sia la via da seguire.Per lui non esistono le mezze misure e infatti il suo Müller Thurgau 2016 è di una bevibilità e piacevolezza assoluta: viene in parte da un vigneto quasi a mille metri in Val di Funes ed anche nell’andare sempre più in alto con le vigne Manni è stato uno dei primi. Il suo Kerner 2016 invece, farcito di un 15% di riesling, è uno dei primi che ho assaggiato ma uno di quelli che non dimenticherò mai: ha la giusta austerità unita ad una potenza non comune.

Lui si definisce un “fenomeno” nel senso di persona fuori dagli schemi, magari un po’ sanguigna, immediata ma molto realista e con idee chiare: i suoi vini sono  come lui, ti colpiscono subito per immediatezza ma capisci che sotto c’è stoffa e concretezza. www.manninossing.it

La calma e bellissima sorpresa ovvero Garlider

Christian Kerschbaumer, giovane proprietario di Garlider, in quasi tre ore di giri in vigna, in cantina e di assaggi mi ha veramente stupito. Se Manni Nossing è un vulcano in eruzione Christian  è la brace che rimane nel camino e ti scalda lentamente per tutta la notte. Parla piano, si prende i suoi tempi ma non ha paura del tempo: avendo sposato concetti  biodinamici aspetta anche cinque giorni che partano le fermentazioni, dormendo tranquillamente la notte. Inoltre fermenta quasi tutti i vini in legno.

Chi mi conosce sa che a questo punto di solito arriccio il naso ma, l’ho detto prima, Christian mi ha veramente stupito: il suo Gruner Veltliner 2016 e soprattutto il suo Pinot Grigio 2016 hanno un nerbo ed una profondità gustativa incredibile. Al naso non perdono quasi niente del varietale, anzi assumono complessità, mentre in bocca si aprono lentamente e inesorabilmente, allargandosi con un equilibrio da vini di razza. Uno dei suoi segreti è che non vede nella biodinamica una religione ma un modo per aiutarlo soprattutto in vigna a fare ottimi vini e, per esempio, quando un vino ha bisogno di un po’ di solforosa (livelli non biodinamici) lui l’aggiunge. I risultati sono di altissimo profilo e si concretizzano anche nel Gewürztraminer Hautnah, fermentato in parte sulle bucce e parte in legno, di una florealità, finezza e bevibilità che ti fa finire la bottiglia in un baleno (al contrario di tanti GW dove dopo un bicchiere sei arrivato).

Lo spazio è tiranno ma voglio ricordare il suo buon Pinot Nero 2015 e soprattutto ricordare a  Christian che l’aspetto in Toscana per quello “scambio di conoscenze enoiche” che lui ben sa. www.garlider.it

La semplicità al potere, ovvero Taschlerhof

Peter Wachtler è una persona che non sta mai ferma: anche la sua cantina è sempre in movimento, nel senso che ci sono continuamente lavori di ampliamento. Ma tutto questo movimento ha alle spalle una tranquilla realtà, i suoi bei vigneti che si trovano proprio dietro la cantina “in movimento”. Le vigne partono infatti dalla cantina e si inerpicano fino al oltre 750 metri.

Alcuni vigneti li devi immaginare, nascosti dietro le curve che fa la collina, ma il colpo d’occhio è rivelatore di una delle principali caratteristiche dei vini di Peter e cioè la semplicità: le sue uve semplicemente “scendono” dalla collina, entrano in cantina e diventano vino. Peter fermenta in acciaio e poi, dopo qualche mese imbottiglia, tutto qui. Una semplicità vincente che però ha bisogno di tempo per esprimersi: lo dimostra (non dimenticandoci dei due giovanissimi Sylvaner  e all’elegante Gewürztraminer, tutti del 2016) il suo stratosferico Riesling del 2014, adesso dotato di una complessità incredibile: al naso le note agrumate stanno lasciando spazio all’idrocarburo ed in bocca una freschezza anche sapida permette al vino di allungarsi alla perfezione. Ho provato a chiedergli 12 bottiglie ma alla fine sono riuscito a strappargliene solo 2.

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A pensarci bene la possibilità di maturazione dei vini è una caratteristica su cui adesso non puntano molto in zona. Diciamo che ancora “non si fidano” a presentarsi come zona dove i bianchi possono invecchiare bene e questo credo sia dovuto da una parte dalla giovane età di molti vigneti, dall’altra da una mancanza di “accantonamenti storici” dai quali poter capire come evolvono i vini. Infatti Peter avrà si e no 30 bottiglie di quel grande riesling, che sicuramente ha davanti diversi anni ad altissimi livelli. www.taschlerhof.com

L’uomo del monte e della collina, ovvero Kuenhof

Peter Pliger, assieme a sua moglie Brigitte, possono essere definiti “i nonni enoici” della Valle Isarco. Pur essendo ancora giovani sono stati i primi (assieme a Pacherhof) a staccarsi dalla cantina sociale è puntare su un loro marchio. Peter per me è “uomo del monte e della collina” per l’amore che ha per i vigneti e per la passione di uscire (da solo) in montagna.

Lui ammette di stare bene soprattutto in vigna e già la cantina, che comunque ha sempre gestito da solo (da poco tempo affiancato dal figlio), diventa uno spazio abbastanza stretto. Per questo non parlategli di andare alle fiere o di fare un tour promozionale: a questo pensa Brigitte. Andiamo in vigna durante una giornata freddissima, ma lui ha solo una giubbotto che sembra leggero. Sembra leggero, ma non lo è: un po’ come le sue parole, che cadono leggermente, in maniera parsimoniosa ma precisa. Preciso e molto elegante è anche il suo Gruner Veltliner 2016, che fa una parte della fermentazione (circa il 30%) in legno. Il Sylvaner 2016 è invece corposo e grassottello mentre il Riesling della stessa annata è “dannatamente” sapido, essenziale, profondo.

I vini sono molto buoni ma diventano eccezionali se degustati nella loro meravigliosa stube piena di finestre, che il sole indora ad ogni ora del giorno e foderata di caldo legno antico. Un luogo veramente accogliente in un palazzo tra i più antichi della valle. www.fws.it/it/kuenhof

La cantina che c’è ma non si vede, ovvero Pacherhof

Pacherhof è l’altro marchio storico di Eisacktalwein: assieme a Kuenhof sono stati i primi a mettersi in proprio ed imbottigliare con un loro marchio: oggi sono i “più grossi dei piccoli” con quasi 120.000 bottiglie. In uno dei pomeriggi più freddi del secolo arriviamo da loro e ci sembra di essere capitati in un cantiere autostradale. Alcune delle cantine che abbiamo visitato stanno facendo lavori di ampliamento ma da Pacherof sono Lavori con la “L” maiuscola. Praticamente hanno scavato sotto il piazzale di arrivo una nuova cantina, collegandola a quella storica. Dato che non si parla di pochi metri quadri e i lavori devono terminare a breve, vi potete immaginare il viavai di muratori, elettricisti, idraulici etc.

Comunque Katharina Huber, (sorella di Andreas, il responsabile della cantina) ci accoglie con un caldissimo sorriso e riesce a portarci “sani e salvi” nella sala di degustazione, per il momento proibita ai vari lavoranti. Devo ammettere che i loro vini, in particolare la Private Cuvée Andreas Huber  2015 (riesling-kerner, sylvaner) sono abbastanza diversi da tanti degustati. Non puntano espressamente sulla freschezza ma su una “arguta rotondità” che spesso sconfina nella immediata piacevolezza. Sono vini molto accattivanti e immediati: lo testimonia il Müller Thurgau 2016, dai chiari aromi di salvia e di spezie e dalla bocca rotonda ma fresca. www.pacherhof.com

L’uomo che sorride al mondo, ovvero Ebner

Laura, mentre facevano stradine che il Mortirolo in confronto è un’ autostrada, me lo ha detto più volte: “Florian è un tipo solare, sorride sempre.” In effetti Florian Unterthiner è un tipo molto sorridente e ha ottimi motivi per farlo: il primo è che gli è nata una figlia da pochi mesi, il secondo è che si trova in una zona molto vocata a circa 600 metri.

Qui il panorama è notevole e il sole c’è per molte ore d’inverno, battendo forte d’estate: nella stagione calda però la sera lo sbalzo termico è importante e adattissimo ai bianchi. Siamo più a sud di Chiusa, nella zona dove l’Isarco stringe verso Bolzano, ma da quassù il fiume e l’autostrada sono delle sottili strisce d’ombra, mentre i 5 ettari di vigneto che guardano a sud e sud/est sono delle luminose strisce verdi dove le galline di Florian cercano cibo, ben controllate da galli canterini. Altri motivi per sorridere sono il buschenschank molto carino e frequentatissimo e, last but not least, la bontà dei suoi vini. Metto al primo posto il Pinot Bianco 2016, di una sapidità incredibile, grasso, armonico e adesso molto giovane. Molto buono anche il Gruner Veltliner della stessa annata dove al naso si susseguono note agrumate e speziate (soprattutto pepe bianco), in bocca ha la caratteristica sapidità di questa terra (piena di ferro e diorite) ed un’acidità giustamente marcata. Sottolineo anche il suo Gewürztraminer per ribadire una caratteristica dei GW in Valle Isarco: sono vini molto meno dolci che nel resto dell’Alto Adige, più dinamici, dotati di maggiore acidità e freschezza.

Come detto normalmente hanno anche meno zuccheri residui (alcuni sono quasi secchi) ma anche quando ne hanno 7 grammi come quello di Florian, grazie ad un’acidità molto alta la bevibilità è garantita. Ed è garantito che in futuro sentiremo parlare molto bene dei vini di Florian anzi, nel bellissimo libro di Castagno-Gravina-Rizzari, il trio romano ne parla già molto bene. www.weingutebner.it

I gemelli del vino e dello speck, ovvero Wassererhof

Praticamente di fronte a Florian, ma sul versante opposto della valle, troviamo un’altra sorpresa, anzi due. La prima (vista l’ora è proprio benvenuta) è formata da un speck di alto livello e da ravioli di patate ripieni di radicchio che non finiresti mai di mangiare. L’artefice dei ravioli e dello speck (maiali allevati allo stato brado in ampi spazi accanto ai vigneti, mica roba olandese) è di Andreas Mock, che cucina nel buschenschank di famiglia.

La seconda sorpresa sono i vini di Cristhoph, il gemello di Andreas. Anche qui stiamo parlando di vigneti giovani e di una giovane mano enoica che però sembra dotata di lunga esperienza. Prendiamo il suo Sauvignon 2016 da vigne di meno di cinque anni, che fermenta per un 20% in tonneau: è un vino complesso e profondo, che al naso lima le sensazioni vegetali a vantaggio di note agrumate ed in bocca  colpisce con un’acidità importante ma ben dominata dal corpo. Il tutto porta ad una lunghezza notevole e a una “baldanzosa eleganza” che il tempo affinerà. Non avevo mai parlato di Sauvignon prima d’ora e infatti i pochi ettari della valle si trovano a sud, proprio in questa zona, dove le ultime propaggini dell’Ora del Garda si incontrano con i venti del nord, mitigando non poco il clima. Ma Cristhoph, assieme ad un altro fratello ha anche vigne nella zona di Santa Maddalena e così mi sono quasi finito una bottiglia della loro buonissima schiava, che fa criomacerazione per alcuni giorni prima di iniziare e concludere normalmente la fermentazione.

Il risultato è un Santa Maddalena dal colore rubino molto intenso (poco tipico, hanno detto in sede di assaggi per la DOC) e dai classici profumi della schiava, ma molto più accentuati e profondi. In bocca tannicità leggera e dolce con finissima chiusura. Vi potete immaginare come, tra speck, ravioli, sauvignon e schiava abbia passato tre ore d’inferno… www.wassererhof.com

L’uomo che potrebbe chiamarsi Pinot Bianco, ovvero Gumphof

Parlare di Markus Prackwieser, il giovane (ma lo sono tutti!) proprietario di Gumphof  serve anche per toccare un tema interessante: in Valle Isarco molti produttori sono “One man jazz band”, cioè gestiscono praticamente da soli tutte le operazioni di cantina. Avendo controllato di persona la loro conformazione fisica (nessuno ha sei braccia e otto gambe) mi domando come possano condurre cantine dove si producono anche 50.000 bottiglie.

La risposta è nei fatti e in cantine strutturate in maniera estremamente moderna e funzionale, come quella di Markus. Naturalmente ci vogliono tempo, una notevole dose di…cosiddetti e tanta passione. La stessa passione che traspare dagli occhi di Marco quando iniziamo a degustare i suoi tre pinot bianco. Credo sia l’unico che  ha pensato ad una “triade” di questo vitigno e che presenta un Pinot Bianco Riserva completamente fermentato in legno. L’annata è la 2014 e  il vino (Riserva Renaissance) è forse l’emblema di due caratteristiche della produzione in valle: la prima deriva dal terreno ed è che anche utilizzando legno durante la fermentazione e la maturazione i vini mantengono una freschezza ed un nerbo che li caratterizza e li rende molto più elastici e per niente pesanti. La seconda è l’uso del legno nei bianchi, che non marca praticamente mai  i vini di questi giovani produttori. Infatti il Renaissance 2014, fermentato completamente in tonneau e maturato in acciaio, è un vino di una finezza assoluta, per niente marcato da legno.

Sarei curioso di risentirlo tra 10 anni. Invece sarei felice di bere la schiava di Markus ogni giorno perché ha dei profumi di frutta ed una elegante freschezza in bocca che ti impone (non ti invoglia, ti impone!) un nuovo sorso. www.gumphof.it

L’uomo che gioca a carte col vino, ovvero Spitalerhof

Sicuramente la cantina di Michael Oberpertinger è la più piccola tra quelle visitate: circa 10000 bottiglie e così, vista l’operosità dei valligiani, a Michael resta tempo per distillare vinacce e frutti da lui coltivati, nonché per fare il cuoco nel ristorante di famiglia. Della piccolissima produzione  ho ammirato soprattutto la giusta grassezza e la naturale freschezza del Gruner Veltliner 2016 e la vibrante potenza del Muga 2016 (Muga è il soprannome di Michael), sempre un Veltliner ma fermentato e affinato in legno. Il bello di questo tour in Valle isarco è stato il poter parlare con calma con tutti i produttori e naturalmente i discorsi non si fermano al vino: per esempio Michael ci ha parlato delle tradizioni di Chiusa e delle feste che annualmente scandiscono le stagioni.

Una in particolare mi ha colpito, quella in cui i paesani si riuniscono per mangiare e bere ma soprattutto per giocare a carte. Giocano anche 24 ore di fila, parlando, ridendo, mangiando e bevendo e mi è sembrata una cosa da fisici temprati ma meravigliosa! Michael mi ha spiegato che questo è anche un modo per attirare i giovanissimi e parlargli delle tradizioni, della storia del paese, facendoli partecipi di un modo di vivere da conservare. A quel punto ho chiesto a cosa giocassero per 24 ore di fila e Michael mi ha fatto il nome di un gioco che ho subito dimenticato. Ha la caratteristica di essere fatto con 33 carte e lui ha anche provato a spiegarmi le regole ma mi sono accorto di essere un po’… chiuso ai giochi di carte di Chiusa. Sono stato molto aperto invece quando si è trattato di assaggiare la sua grappa invecchiata, anzi me la sono messa più volte nel bicchiere: tanto guidava Laura, mica io. www.spitalerhof.it

L’uomo dalla cantina perfetta, ovvero Bessererhof

Sono in debito con Hannes Mayr, il giovanissimo produttore che ha sostituito da qualche tempo il padre Otmar nella gestione di vigna e cantina. Se non ci fosse stato lui e la sua maestria nel montare catene da auto, avrei dovuto attendere il disgelo in cantina da loro. Magari per me sarebbe stato bellissimo ma, come si dice, dopo tre giorni l’ospite è come il pesce…

Nella cantina della famiglia Mayr ci sarei stato benissimo, non soltanto per gli ottimi vini che avrei potuto degustare, ma per l’assoluta pulizia, che un albergo a 5 stelle si sogna. Visto che appena arrivati è iniziato a nevicare, la visita ai vigneti è saltata e siamo entrati in una cantina modernissima e assolutamente perfetta e funzionale in ogni dettaglio: per esempio la stanza della centralina termica non ha niente da invidiare a quella di una navicella spaziale. In posti come questi non possono che nascere vini tecnicamente perfetti, mentre tutte le caratteristiche che fanno di un vino perfetto un vino buono, con l’anima, il corpo etc, vengono dai loro vigneti, in parte davanti alla cantina (a 350 metri s.l.m.) e in parte molto più in alto, a 800 e 900 metri. Questi vigneti a quote più alte sono ancora piuttosto giovani ma promettono molto bene: per esempio il kerner 2016, dotato di grandi note di pesca e sentori floreali, ha un’acidità sferzante di ben 8.5 e adesso solo 4 g/l di zuccheri residui lo rendono “abbordabile”.

Quando le vigne del kerner avranno qualche anno in più questo vino, vinificato completamente in acciaio, diverrà per me uno dei prodotti di rifermento del territorio. Chi non vuole aspettare può invece bearsi della primaverile fragranza del moscato giallo 2016 (vinificato secco): un vino leggiadro e adatto per ogni aperitivo, mentre il suo Zweigelt 2014  andrà benissimo per piatti più importanti. Certo che chiudere con un rosso una cronaca incentrata soprattutto su bianchi è strano, ma questo vino mi ha dimostrato che i luoghi comuni sulla rusticità e poca complessità di questo vitigno sono, appunto, luoghi comuni. www.bessererhof.it

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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