Guglielmo Bellelli si è assunto il compito di accompagnarvi alla scoperta della Borgogna meno conosciuta e considerata, ma proprio quella che in questo momento può unire la qualità e il prezzo giusto. Seguitelo e non vi pentirete.
Il vigneto borgognone
Con 29.400 ettari vitati, ai quali andrebbero aggiunti i 14.492 del Beaujolais, la Borgogna rappresenta appena lo 0,6% della produzione mondiale di vino, ma la sua fama e il suo prestigio sono ben superiori e sono assai meglio rappresentati da altri dati: il 49% dell’intera sua produzione é esportata in ben 168 paesi diversi, con un guadagno di 1038 miliardi di euro (dati del 2019). In costante e irresistibile ascesa nelle classifiche di Wine Lister, i grands crus borgognoni hanno prima incalzato da vicino, poi affiancato e in alcuni casi superato gli Châteaux più prestigiosi del Médoc. Nelle aste di tutto il mondo i suoi vini sono contesi a prezzi stellari e bere un vino borgognone è diventato ormai un simbolo di status. Ma soprattutto rappresenta un salasso per gli appassionati, che, anno dopo anno, a causa del costante aumento dei prezzi, sono stati obbligati a portare più in basso la loro asticella nella complessa scala gerarchica delle appellations borgognone.
Ormai irraggiungibili i grands crus e la maggior parte dei premiers crus, si apprestano a diventarlo anche i villages , specie quelli delle denominazioni più ricercate. Che fare allora? Gli appassionati che non intendono rinunciare alla loro “Burgundy Experience” possono comunque contare sulle sue numerose appellations regionali. Numerose, forse troppe, perché le più nuove non hanno sempre sostituito le vecchie, e di qualità molto diversa, nelle quali è possibile trovare vini di notevole livello accanto ad altri di minor spessore, ma certamente molto più abbordabili. In tutto rappresentano il 52% del vino prodotto in Borgogna, con i bianchi che superano i due terzi del loro volume. Ciò che più conta, però, è che scegliendo con oculatezza, è possibile imbattersi in alcune pepite enologiche a prezzi molto più bassi di quelli delle AOC comunali.
L’appellation Bourgogne
Partiamo perciò dall’ appellation più generale, quella dei Bourgogne. Blanc o rouge (anche rosé o claret). Sono 2.653 gli ettari in produzione in 384 comuni di tutta la Borgogna , 54 nel dipartimento della Yonne, il più a nord, 91 in quello della Côte-d’Or, il resto nelle regioni del sud: 154 del dipartimento della Saône-et-Loire, comprendente la Côte Chalonnaise e il Maconnais, includendo anche la porzione più settentrionale delle terre del Beaujolais, come Chapelle-de-Guinchey, Pruzilly , Romanèche-Thorins o Saint-Amour, e 85 nel Dipartimento del Rodano, situati nelle restanti aree del Beaujolais.
Saranno forse un po’ sorpresi da quest’ultima (ampia) inclusione, vista la supponenza con la quale i borgognoni parlano talvolta dei vini del Beaujolais (ma non troppo) i lettori di Winesurf, già informati delle difficoltà recentemente incontrate a questo proposito dall’INAO , che intendeva porre mano a quella definizione.
I Bourgogne rouge (almeno il 70% di pinot noir, per il resto gamay, e, fino a un massimo del 10% césar se prodotti nella Yonne) possono essere indicati in etichetta come Bourgogne Pinot noir se comprendono almeno l’85% di pinot noir, o come Bourgogne Gamay, se prodotti con la stessa percentuale di uve gamay provenienti dai comuni dei dieci crus del Beaujolais, inclusi nell’appellation Bourgogne. Quanto ai Bourgogne blanc le uve ammesse sono lo chardonnay e il pinot blanc, un tempo assai più diffuso nella regione. Un raro esempio di Borgogna bianco prodotto interamente con quest’ultima varietà è il Bourgogne Pinot blanc del Domaine Henri Gouges a Nuits-Saint-Georges.
Alle tipologie già descritte si aggiunge il Bourgogne Aligoté, prodotto naturalmente con l’uva con questo nome, amatissima dai vignerons borgognoni, che non rinunciano a conservare qualche parcella di questa antica varietà che la fillossera e gli espianti avevano quasi portato alla scomparsa . E in effetti ce ne sono ancora 1.577 ettari in produzione, non pochissimi, ai quali vanno aggiunti i più nobili aligoté di Bouzeron, l’unica appellation communale che preveda quest’uva.
Non è però ancora finita, perché tra le denominazioni che coprono la stessa area macro-regionale già descritta vi sono anche le AOC Bourgogne Passe-tout-grains e Coteaux bourguignons , oltre a quella dei Crémants de Bourgogne, di cui parlerò in un’altra puntata di questa mini-serie.
Accanto a queste appena citate, che si riferiscono al territorio borgognone nella sua accezione più generale, vi sono ancora altre (e numerose) appellations régionales, che si focalizzano su un territorio più ristretto mediante l’aggiunta di una menzione geografica complementare. Alcune si riferiscono a territori abbastanza ampi, di tipo infra-regionale (ad es. come la nuova appellation Bourgogne Côte d’Or ), altre invece sono focalizzate su territori più ristretti, costituiti da singoli comuni, quasi fossero delle appellation communales minori (come Bourgogne Chitry o Bourgogne Épineuil), o addirittura di singoli climats, come il Bourgogne Montrecul a Dijon , che i lettori di Winesurf conoscono già.
Se avrete la pazienza di seguirmi nelle puntate che seguiranno potrete trovare i dettagli di tutte queste diverse appellations e i relativi assaggi .