Alto Adige 2019: una degustazione online al tempo del Coronavirus3 min read

C’è sempre una prima volta! Anche se come Winesurf abbiamo iniziato da qualche settimana una serie di incontri online tra produttori e nostri lettori, quella che mi accingevo a fare mercoledì 29 aprile era la prima “degustazione online” della mia vita.

Il tema era l’annata 2019 in Alto Adige e sarebbe stato discusso, corredato da sei vini preventivamente spediti, con altri colleghi e i responsabili del Consorzio Vini Alto Adige. Il tutto nel primo pomeriggio. Per non fare brutte figure però la mattina verso le 9 ho aperto i vini e me li sono assaggiati con calma, mentre nel pomeriggio, durante la diretta, li ho ridegustati tutti e sei a temperatura ambiente.

Qua sotto l’elenco dei vini che mi hanno mandato in degustazione

Vini in degustazione  
Vino (annata 2019) Produttore
Pinot Bianco Egger-Ramer
Sauvignon Pepi Cantina Tramin
Gewürztraminer  Damian Kornell
Lagrein Kretzer Larcherhof
Schiava  Missianer Cantina St. Pauls
Pinot Nero Cantina Andriano

Naturalmente, visto il momento, non potevamo che degustare vini base, i primi ad essere imbottigliati.

Ma prima dei vini parliamo di questa terra che dai primi anni ’70 del secolo scorso ha vissuto una vera e propria “rivoluzione copernicana”: fermo restando che i quantitativi prodotti sono rimasti praticamente invariati (più o meno attorno ai 500.000/550.000 hl  di vino)  la produzione è passata da una stragrande maggioranza di vini rossi, cioè di Schiava, a un stragrande maggioranza (66% contro 34%) di uve bianche.

vite-schiava-80-anni

L’abbandono della schiava e la sua sostituzione con uve a bacca bianca sembrava oramai inarrestabile e la paura mia e di diversi altri osservatori era che la continua richiesta di altri vini portasse a “buttare il bambino con l’acqua sporca” cioè a estirpare un vitigno che invece, se coltivato nella giusta maniera, porta a vini di alta qualità, riconoscibilissimi e di grande piacevolezza.

Per fortuna la schiava si attesta oramai da diversi anni attorno all’11% del patrimonio vitato, seconda solo al pinot grigio (11.9%) e tallonata  da altre uve bianche come gewürztraminer (10.9%) , pinot bianco (10.3%), e chardonnay (10.3%).

Leggendo questi dati sugli ettari vitati mi ha fatto molto piacere constatare come piano piano il pinot bianco stia crescendo e abbia superato vitigni molto più famosi e “piacioni” come chardonnay e sauvignon (8%).

Tutti questi numeri non nascondono sia un notevole e generalizzato aumento qualitativo che, per i vini di punta sta cercando di trasformarsi anche in una netta riconoscibilità territoriale, sia (purtroppo) una scarsa attenzione  alla salvaguardia del territorio e all’adozione di pratiche più rispettose  per il lavoro nel vigneto. Anche se bisogna sempre e comunque fare i conti con il clima, l’Alto Adige  è in  percentuale, sul totale dei vigneti, una delle regioni italiani dove c’è minor produzione biologica.

Ma veniamo ai vini che, sia quando erano freddi che a temperatura ambiente, mostrano un “cambio di mano” che punta sempre e comunque sul varietale e sulla piacevolezza, ottenuta però cercando di evitare componenti dolci a vantaggio di sensazioni sapide.

Una vena salina era più o meno presente in tutti i vini e anche il gewürztraminer degustato aveva pochissimi (diciamo 7-8) grammi di zucchero residuo, che comunque  rendevano il vino molto più dinamico che in passato.

Un chiaro limite in molti dei vini era il recente imbottigliamento e comunque giudicare una vendemmia da 6 vini è un po’ come predire il futuro con la sfera di cristallo coperta da un panno. Speriamo che quella microscopica sfera con i puntolini che si chiama coronavirus ci permetta di andare in Alto Adige per le degustazione della nostra guida. Vi diamo quindi appuntamento al mese di luglio. Sperem…

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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