C’è sempre una prima volta! Anche se come Winesurf abbiamo iniziato da qualche settimana una serie di incontri online tra produttori e nostri lettori, quella che mi accingevo a fare mercoledì 29 aprile era la prima “degustazione online” della mia vita.
Il tema era l’annata 2019 in Alto Adige e sarebbe stato discusso, corredato da sei vini preventivamente spediti, con altri colleghi e i responsabili del Consorzio Vini Alto Adige. Il tutto nel primo pomeriggio. Per non fare brutte figure però la mattina verso le 9 ho aperto i vini e me li sono assaggiati con calma, mentre nel pomeriggio, durante la diretta, li ho ridegustati tutti e sei a temperatura ambiente.
Qua sotto l’elenco dei vini che mi hanno mandato in degustazione
Vini in degustazione | |
Vino (annata 2019) | Produttore |
Pinot Bianco | Egger-Ramer |
Sauvignon Pepi | Cantina Tramin |
Gewürztraminer Damian | Kornell |
Lagrein Kretzer | Larcherhof |
Schiava Missianer | Cantina St. Pauls |
Pinot Nero | Cantina Andriano |
Naturalmente, visto il momento, non potevamo che degustare vini base, i primi ad essere imbottigliati.
Ma prima dei vini parliamo di questa terra che dai primi anni ’70 del secolo scorso ha vissuto una vera e propria “rivoluzione copernicana”: fermo restando che i quantitativi prodotti sono rimasti praticamente invariati (più o meno attorno ai 500.000/550.000 hl di vino) la produzione è passata da una stragrande maggioranza di vini rossi, cioè di Schiava, a un stragrande maggioranza (66% contro 34%) di uve bianche.
L’abbandono della schiava e la sua sostituzione con uve a bacca bianca sembrava oramai inarrestabile e la paura mia e di diversi altri osservatori era che la continua richiesta di altri vini portasse a “buttare il bambino con l’acqua sporca” cioè a estirpare un vitigno che invece, se coltivato nella giusta maniera, porta a vini di alta qualità, riconoscibilissimi e di grande piacevolezza.
Per fortuna la schiava si attesta oramai da diversi anni attorno all’11% del patrimonio vitato, seconda solo al pinot grigio (11.9%) e tallonata da altre uve bianche come gewürztraminer (10.9%) , pinot bianco (10.3%), e chardonnay (10.3%).
Leggendo questi dati sugli ettari vitati mi ha fatto molto piacere constatare come piano piano il pinot bianco stia crescendo e abbia superato vitigni molto più famosi e “piacioni” come chardonnay e sauvignon (8%).
Tutti questi numeri non nascondono sia un notevole e generalizzato aumento qualitativo che, per i vini di punta sta cercando di trasformarsi anche in una netta riconoscibilità territoriale, sia (purtroppo) una scarsa attenzione alla salvaguardia del territorio e all’adozione di pratiche più rispettose per il lavoro nel vigneto. Anche se bisogna sempre e comunque fare i conti con il clima, l’Alto Adige è in percentuale, sul totale dei vigneti, una delle regioni italiani dove c’è minor produzione biologica.
Ma veniamo ai vini che, sia quando erano freddi che a temperatura ambiente, mostrano un “cambio di mano” che punta sempre e comunque sul varietale e sulla piacevolezza, ottenuta però cercando di evitare componenti dolci a vantaggio di sensazioni sapide.
Una vena salina era più o meno presente in tutti i vini e anche il gewürztraminer degustato aveva pochissimi (diciamo 7-8) grammi di zucchero residuo, che comunque rendevano il vino molto più dinamico che in passato.
Un chiaro limite in molti dei vini era il recente imbottigliamento e comunque giudicare una vendemmia da 6 vini è un po’ come predire il futuro con la sfera di cristallo coperta da un panno. Speriamo che quella microscopica sfera con i puntolini che si chiama coronavirus ci permetta di andare in Alto Adige per le degustazione della nostra guida. Vi diamo quindi appuntamento al mese di luglio. Sperem…