L’austerità “di ritorno” del Chianti Classico Riserva e l’umanizzazione crescente della Gran Selezione2 min read

I nostri assaggi chiantigiani sono sempre piuttosto consistenti dal punto di vista numerico: ben  90 Chianti Classico  Riserva (60 del 2015 e il resto di varie annate) e  oltre 50 Gran Selezione (principalmente del 2015) lo stanno a testimoniare.

Dopo aver parlato qui dei Chianti Classico 2016 ci è sembrato giusto accorpare le due denominazioni nello stesso articolo, perché secondo noi sono molto legate e quello che succede in una si ripercuote in qualche modo nell’altra.

Per esempio, quando nacque la Gran Selezione  la Riserva perse, fortunatamente, il ruolo di “primogenitura” su cui pesava il destino di essere potente, complessa, corposa a prescindere e divenne un vino strutturato ma senza doverlo dimostrare ogni anno. In altre parole diventò un vino più elastico, dinamico, non per forza ingessato nel ruolo di “vino più potente della denominazione”.

Da parte sua, nei primi anni, la Gran Selezione assunse in pieno questo ruolo, andando anche oltre, cioè incarnando in una DOCG il ruolo di “Old Supertuscan”, condito da dosi importanti di legno, eccessiva internazionalità e quindi poca aderenza a quel ruolo territoriale per cui era nata.

Dal punto di vista puramente commerciale perdere la primogenitura ha permesso alla Riserva di aumentare leggermente la sua quota di mercato, mentre la Gran Selezione si posizionava ad un 3-4% del mercato  che mantiene anche adesso e dimostra che questo vino svolge commercialmente  soprattutto il compito di “tirare verso l’alto” il prezzo medio degli altri vini della denominazione.

Ma le cose cambiano e lo stiamo incominciando a vedere con l’ottima vendemmia 2015, che ci ha presentato delle Gran Selezione molto “più umane” , meno spinte sul legno, meno ammiccanti ai passati Supertuscan e in compenso molto più eleganti e fini, addirittura (quasi) già bevibili.

Naturalmente non tutte puntano la barra nella stessa direzione ma rispetto a tre anni fa i vini caricaturali, iperconcentrati in tutto, sono praticamente spariti, lasciando spazio ad espressioni molto più eleganti e sicuramente molto più aderenti al sangiovese chiantigiano che, in questa tipologia si deve assolutamente percepire e godere.

I Chianti Classico  Riserva 2015 invece mostrano un a rinnovata austera vivacità che adesso li rende in qualche caso ancora scorbutici e ovattati al naso . Hanno bisogno di tempo, di almeno 3 anni, per potersi distendere e lisciare alcuni spigoli tipici del sangiovese.

In altre parole per quanto riguarda queste due tipologie la vendemmia 2015 ha visto  un specie di avvicinamento, con la Riserva che rivendica la sua estrema territorialità e la Gran Selezione che cerca di avvicinarsi al ruolo di “bandiera del Chianti Classico” in maniera più intelligente e soprattutto più in linea con le caratteristiche del Sangiovese con la S maiuscola.

Vediamo se il futuro le farà avvicinare ulteriormente oppure se, magari per motivi puramente commerciali, si allontaneranno di nuovo e definitivamente.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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