I Borgogna di ottimo livello che si possono comprare senza svenarsi: Monthélie5 min read

Dopo Saint-Romain,  Monthelie. Una piccola appellation communale, poco meno di 128 ettari in produzione, appena di più proprio di Saint-Romain, ma tre volte e mezza più piccola della vicina Meursault. E’ poco conosciuta e anche molti amanti dei vini della Borgogna confessano di conoscerla poco o molto di meno delle grandi  appellations della Côte. E’ anche raramente importata: in Italia si contano sulle dita i Domaines , tra gli oltre 60 che ne producono,  reperibili nelle nostre principali enoteche, e spesso con una sola cuvée.

Perché interessarsene allora?

La prima ragione è che sono assai meno costosi: un buon Monthelie Premier Cru costa assai meno (almeno la metà) di un Meursault o un Volnay villages, e con la follia dei rialzi di questi ultimi anni, non è poco. La seconda è che sono vini autentici, prodotti in un paesello di appena 174 abitanti, in cui tutti, e spesso bene, fanno vino, tanto che, secondo Clive Coates, autore di due libri famosi sui vini della Borgogna, a Monthelie non lavorano in vigna solo i bambini troppo piccoli o  gli uomini troppo anziani per lavorare la terra.

La terza, e la più ovvia, è che i vini sono davvero buoni: certo non come i migliori delle denominazioni vicine più famose, Meursault e Volnay, ma sicuramente ben fatti e di buon valore. Oscurati dalla fama dei due grandi vicini, conosciuti in tutto il mondo, per i suoi bianchi la prima, e per i suoi  rossi la seconda, i vini di Monthelie sono rimasti a lungo nell’ombra: è il momento di scoprirli.

Quale sia il loro valore è però testimoniato dal fatto che i vini di Monthelie, a differenza di quelli di Saint-Romain (mai neppure menzionati in nessuna classificazione storica dei migliori climat della Borgogna ) e di quelli di Auxey-le-Grand (oggi Auxey-Duresses), ebbero la considerazione   di Lavalle (1855)  che incluse i vini di due suoi  climats – Les Champs-Fulliot e Le Clou des Chênes –   tra le “Premières cuvées”, ossia nell’aristocrazia  enologica della Borgogna.

 Incastonata tra Volnay, Meursault e Auxey-Duresses, Monthelie,  con Auxey-Duresses e Saint-Romain,  costituisce una triade di piccole appellations  della Côte-de-Beaune, che si spingono  verso ovest fin quasi a toccare le Hautes-Côtes: è quindi anche tra le più alte. Le vigne sono dappertutto e non è esagerato dire tra le più belle, anche paesaggisticamente, della Côte de Beaune, tanto che Pierre Poupon disse che Monthelie sembra un villaggio della Toscana.

Esse si distendono sul cosiddetto coteau de Volnay (calcari batoniani ricoperti di argille rosse e marne) esposte a sud e a est e nella vallata di Auxey-Duresses  (calcari argoviani) con esposizioni a est o a ovest secondo i versanti, ad altitudini che, da circa 200,  giungono fino a 370 metri e più. Monthelie è largamente in prevalenza una terra di vini rossi (circa l’85% delle superfici è a pinot noir), ma i suoi rari bianchi sono spesso eccellenti e anche longevi, come dei piccoli Meursault, tanto che  sorprende che siano così poco diffusi. Forse non a caso uno dei coup de coeur dei miei assaggi è stato un piccolo bianco Villages  di un lieu-dit che guarda appunto a Meursault, al confine con questa denominazione.  

❤ Monthelie-Villages blanc Les Toisières  2019 Domaine Prunier-Bonheur

E’ uno chardonnay molto seduttivo, con un aroma  di fiori bianchi, frutta matura, leggere note boisé molto ben integrate, persino eleganti. Piacevolmente secco  sul palato, dalla tessitura delicata, con una gran  bella chiusura. Quasi un  piccolo  Meursault

Les Toisières è uno dei  villages del settore meridionale dell’AOC, che affaccia appunto su Meursault:  una piccola porzione (meno di mezzo ettaro)  di questo lieu-dit ,  col nome Clos des Toisières, è classificato come Premier Cru: un monopole del Domaine Louis Latour, che vi produce un rosso molto fruttato e un bianco più austero e ambizioso, sullo stile dei bianchi di Meursault.

In ogni caso lo chardonnay sta  crescendo in questi ultimi anni ed è destinato a crescere, soprattutto nei villages  situati più in alto. I rossi, dal canto loro, sono abbastanza colorati, con un aroma di frutti rossi e neri, note di fiori scuri, moderatamente tannici: resistono bene agli anni, di cui hanno talvolta bisogno per addomesticare dei tannini  a volte un po’ aggressivi. Sono raramente dei pinot “multi-layered”, come direbbe Jasper Morris, capaci cioè di evolvere verso la complessità che è solo dei fuori-classe, ma  nelle loro migliori espressioni , specie di alcuni Premiers crus, possono facilmente richiamare  e a volta anche competere con dei Volnay di buon livello.

Attualmente sono 15  i climats riconosciuti come Premiers Crus nell’AOC Monthelie: più di St.Romain, che non ne ha nessuno, ma anche di Auxey-Duresses, che ne ha solo 9, pur essendo  più estesa. Generalmente sono molto piccoli: solo tre superano i 5 ettari di superficie, e quattro sono intorno a mezzo ettaro, e anche meno. Impossibile descriverli tutti, così come rendere conto dei numerosi lieu-dit Villages (27), con proprietà molto frammentate, e non sempre rivendicati come singoli in etichetta,  per cui mi limiterò ad uno sguardo d’insieme soffermandomi su alcuni di essi, che mi sono sembrati più degni di attenzione.   

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Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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