Bourgogne Aujourd’hui, n.166. annata 2021: tante denominazioni sotto i livelli di guardia.14 min read

“Millésime 2021”é il titolo grande che copre gran parte della copertina di questo numero. Più in basso sono annunciati un servizio sulla “rivoluzione” della professione dell’enologo e un altro sulla cucina delle “seconde” tavole dei ristoranti stellati.

Come ben rappresentato in copertina, più della metà del fascicolo è dedicato all’analisi e alla valutazione della difficilissima annata 2021, su cui mi soffermerò maggiormente, com’è giusto.

Cominciamo dallo Chablisien. Nel primo servizio del Dossier sono concentrati, oltre agli Chablis di tutti i livelli della gerarchia, tutte le AOC della Yonne, incluse Saint-Bris e Irancy. L’annata è stata durissima in generale, ma in particolare per i rossi, che hanno avuto davvero molta difficoltà a raggiungere livelli di maturità sufficienti: 14/20 è la valutazione complessiva dei bianchi della regione e un modesto 13/20 per i rossi. Di fatti solo un Irancy su tre ha raggiunto il livello di qualità necessario per essere selezionato: solo il Les Cailles di Gabin et Félix Richoux è andato oltre i 15 punti (15.5/20). Miglior risultato della degustazione  è stato quello di uno Chablis Premier cru Côte-de-Léchet réserve di Bernard Defaix (18.5/20), una cuvée particolarmente riuscita, ricca e concentrata dai toni agrumati, molto “marina”. Alla consueta solidità de La Chablisienne (un buon Premier cru Vaulorent, 16.5, e la sempre affidabile cuvée de Les Vénerables, 15.5), fanno eco i buoni risultati del Domaine Alain Geoffroy  e del suo satellite Domaine de la Cornasse (16/20  per i Premiers crus Vau-Ligneau  e Beauroy) e del Domaine Moreau-Nadet, nonostante la scarsissima raccolta (solo 19 hl./ha.): due ottimi  Premiers crus,  Forêts (17.5/20) e Montmains (17/20), e un affidabilissimo Chablis Caractère (17/20). Quanto a St. Bris meno di 1 su 2 ( il 41%) ha superato l’esame di qualità (oltre la soglia dei 15/20). Bene comunque la cuvée Pimprenelle di Edmond Chalmeau et Fils (16/20).

Alla fine è stato un mezzo miracolo, visto quel che era accaduto nei mesi precedenti: metereologicamente parlando, la peggiore stagione dal 2013, con un freddo devastante (a parte le gelate, ben 20 notti su 30, ad aprile, sotto lo zero), attacchi decisamente severi di peronospora, oidio  e infine botrytis nel periodo prevendemmiale. Fortunatamente le vigne della “right bank”, generalmente ritenute le migliori, sono state anche quelle più protette dalle devastazioni climatiche.

In Côte-de-Nuits Il commento dell’annata -senza eccezione alcuna- dei coltivatori  è stato : “una vendemmia difficile e complicata”, ben più delle pur numerose altre annate problematiche del primo ventennio del  millennio, tutte difficili per motivi e in misure diverse, ma non come la 2021: gelate, oltre ad un’estate insolitamente fresca, grandine (specie a Gevrey-Chambertin, tra le zone più colpite), tanta pioggia,  nei momenti sbagliati, una fioritura stentata, e poi peronospora e oidio, e, come se non bastasse, un temporale devastante a inizio dell’estate, con conseguente attacco della botrytis   e i famigerati “mange-bourgeons”,bruchi divoratori di germogli.

i pinot hanno sofferto molto meno dei rari chardonnay della regione. E, pur con un drastico calo delle quantità e una notevole eterogeneità tra crus e produttori, i migliori vini sono di qualità molto buona, più leggeri anche di alcol,  notevolmente gastronomici, e, quel che più conta, notevolmente “trasparenti”, ossia espressioni autentiche e riconoscibili dei territori di provenienza: da poter bere presto, anche se tali da poter essere conservati per alcuni anni. Più che mai, in definitiva, un “millésime de vigneron”, dove la mano e l’esperienza dell’uomo hanno fatto la differenza.

Nelle appellations del nord (Marsannay, Fixin e Côtes-de-Nuits Villages ) il lavoro fatto in questi ultimi anni ha premiato i vignerons più attenti, che sono riusciti -nonostante tutto- a trarre delle cuvée di buona qualità. Star della degustazione è stato un Fixin rouge, il  Les Clos di Philippe Naddef (17/20). Tra i Marsannay spicca la bella serie di Jean Fournier, a partire dai rossi Les Longerois e Clos du Roy (16/20), ma anche dai due dei bianchi più brillanti della degustazione, a partire dalla selezione del Clos du Roy (16.5/20). Oltre ai sempre affidabili Domaines Bart, Bruno Clair e Château de Marsannay, merita la menzione il Domaine Clemancey, con un valido Fixin Les Arvelets blanc (16/20).

A Gevrey-Chambertin, a parte i grands crus, sono di buon livello anche i Villages e soprattutto i Premers crus, molto piacevoli e gourmand, con oltre il 70% di riuscite. Al vertice è il Clos St.Jacques Premier cru di Bruno Clair (18/20), piccoli frutti e note floreali a profusione, tannini setosi. Ottimo risultato anche quello del Vieilles Vignes di Harmand-Geoffroy (17.5), che presenta inoltre un’eccellente cuvée En Jouise e un valido Mazis Grand cru. Belle selezioni da almeno 17 punti sono quelle presentate dal Domaine Arlaud, Lucien Boillot, Alain Burguet, Marchand-Tawse e Gérard Raphet. Come sempre molto affidabile la linea proposta dallo Château de Marsannay.

Nel triangolo centrale costituito da Morey-Saint Denis, Chambolle-Musigny e Vougeot, spicca il Clos de Vougeot Grand cru del Domaine Georges Mugneret-Gibourg, proveniente da una preziosa parcella nelle Mentiottes Hautes, che raggiunge i 18/20. Più del 70% dei campioni di Morey e Chambolle ha raggiunto e superato il livello dei 15/20. Nel primo territorio i Premiers crus Les Charmes di Amiot et Fils , Les Ruchots di Arlaud, Aux Chéseaux di Lignier-Michelot hanno raggiunto i 17.5/20, mentre a Chambolle hanno ottenuto lo stesso risultato Les Chatelots di Arlaud e il  Les Fremières Vieilles Vignes  di Digioia-Roye.  17.5/20, infine,  anche al Clos de Vougeot di Michel Noëllat in quest’ultimo territorio.

L’ultimo capitolo del Dossier dedicato alla Côte de Nuits è quello su Vosne-Romanée e Nuits Saint-Georges, ai tre livelli della gerarchia dei cru: 119 i vini presentati, di cui solo 8 Grands crus, e con una schiacciante prevalenza numerica dei vini di Nuits (80 contro 32). E’ andata decisamente meglio per i Premiers crus, rispetto ai Villages, con percentuali elevate di campioni “promossi” (cioè oltre i 15/20). Un Malconsorts Premier cru  della Maison Albert Bichot-Domaine du Clos Frantin, con 18/20 (ma con la metà dei rendimenti abituali) è risultato il miglior vino di Vosne-Romanée ed anche della degustazione dedicata a questi due territori. Sono però stati numerosi i vini che si sono attestati a soltanto mezzo punto (17.5/20) dal vertice a Nuits-Saint-Georges: i Premier cru Château-Gris della Maison Albert Bichot, Aux Champs Perdrix del Domaine Chevillon-Chézeau (a cui è anche dedicata una “finestra” sui migliori della sua gamma), e il Clos de l’Arlot monopole del Domaine omonimo, quest’ultimo anche il miglior bianco della zona. C’è anche un Villages, il La Charmotte rouge di Philippe Gavignet. A Vosne solo il Premier cru Les Suchots di Jérome Chezeaux raggiunge i 17.5/20, mentre il miglior Grand cru è stato l’Échezeaux del Domaine des Perdrix, con 17/20. Bella serie di vini anche quella della Maison Jean-Claude Boisset, con diverse cuvée tra i 16 e i 17/20, tutte derivanti da vecchie selezioni massali.

Alla  Côte-de-Beaune sono dedicati  7 capitoli differenti, nei quali le diverse denominazioni sono raggruppate secondo un criterio storico-geografico: dalla collina di Corton  alle due appellations del sud della Côte, Santenay e Maranges. Diversamente dalle ultime annate, nella 2021 sono stati gli chardonnay a prevalere, di misura, sui pinot: un’annata buona  ma non eccezionale, nella quale il lavoro svolto negli ultimi anni da Domaines e Maisons in vigna e nelle cantine ha prodotto i suoi frutti, visto che le percentuali di riuscita sono generalmente intorno ai due terzi delle cuvée assaggiate, con punte  superiori all’80% tra i Premiers crus di Volnay. In breve il quadro generale. Nell’area del Corton è un semplice Ladoix blanc di Cachat-Ocquidant, con i suoi 18/20 a ottenere il punteggio migliore della degustazione, mentre , tra i diversi Domaines, si distinguono lo Château Corton C, dove Caroline Frey ha presentato una bella serie di vini , in bianco e in rosso, di Aloxe e Ladoix, e tre eccellenti grand cru (un Corton bianco e un rosso e un Corton-Charlemagne), e il Domaine Maratray-Dubreuil, che, pur in un’annata complicata , è riuscito a tirar fuori  alcuni ottimi vini parcellari a Ladoix e Pernand-Vergelesses, col suo monopole En Naget rougea Ladoix, che spunta 17,5/20.

Nel triangolo di Beaune, la star è il Savigny Premier cru La Dominode di Bruno Clair, che, con 18/20, mette tutti in fila. Oltre ai soliti (a Beaune si conferma la Maison Joseph Drouhin con i suoi Clos des Mouches bianco e rosso), si mettono in evidenza Jean-Marc e Hugues-Pavelot, che hanno realizzato, oltre a un eccellente Beaune Premier cru Les Bressandes (17/20), una serie di selezioni parcellari, in bianco e in rosso, di Savigny, pregevoli per frutto ed equilibrio. Bene, ancora sul terroir di Savigny, soprattutto in bianco, il Domaine Francine et Marie-Laure Serrigny, col loro gioiello dal nome emblematico Serragnyssime, un Savigny rouge tratto da una parcella di 70 anni, che spunta 17/20.

Volnay meglio di Pommard, e di fatti il miglior risultato è quello del Volnay Premier ru Les Caillerets del Domaine de la Pousse d’Or (18/20), mentre il campione, a Pommard, è il Premier cru Les Épenots del Domaine Georges Joillot, con mezzo punto in meno. Meritano la segnalazione , per i loro Pommard, anche i Domaines Moissenet-Bonnard e Rebourgeon-Mure (quest’ultimo nonostante una produzione dimezzata dalle gelate).

A Meursault, investita in pieno dalle gelate di aprile, i Premiers crus sono un passo avanti rispetto ai Villages, avendo potuto raggiungere una maturazione migliore, ma anche tra quest’ultimi ci sono climats di grande qualità che mostrano un ottimo potenziale di sviluppo, avendo la possibilità di sorprendere nell’arco di una quindicina d’anni. Al Top è uno Charmes Premier cru   del Domaine Buisson-Charles (17.5/20) di bella intensità ed equilibrio, che promette molto bene per il futuro. Ottimi anche il La vigne de 1945 (17/20) e la cuvée  di Les Tessons. Tra i produttori (molti gli assenti, con solo 35 vini degustati, di cui tre rossi, per  i Villages e 22 Premiers crus), il Domaine Vincent Latour presenta dei Meursault di bella tensione e finezza: 16/20 per due suoi Premiers crus, Charmes e Goutte d’Or.

Le cose non sono andate molto diversamente nei territori di Pouilly, Chassagne e Saint-Aubin. Star delle appellations in oggetto è uno dei soli 4 grands crus presenti nella degustazione, lo Chevalier-Montrachet Clos du Chevalier monopole del Domaine Jean Chartron (18.5/20), la cui qualità compensa in parte le quantità assai ridotte (meno di 10 hl./ha.). Molto bene anche le altre cuvée di questo Domaine, soprattutto a Puligny: 17/20 per il Premier cru Clos de la Pucelle, 16/20 per l’altro Premier cru Clos du Cailleret e per il Bâtard Grand cru. Tra gli altri Domaines, a parte le star di queste appellations, meritano la menzione il Domaine Simon Colin  , con i suoi Chassagne (17/20 il suo Premier cru La Maltroie e 16.5/20 il Premier cru Les Vergers) e il Domaine Vincent et François Jouard , col suo ottimo Bâtard-Montrachet  e i due Premiers crus di Chassagne, Les Chenevottes e  Le Champ-Gain (per tutti 16.5/20). Per quanto riguarda Saint-Aubin, infine, le migliori performances sono quelle dei due Premiers crus Le Puits e Les Murgers des Dents de Chien del Domaine Bohrmann, e del Premier cru Les Frionnes del Domaine Vincent Latour, tutti con 16/20.

Eccoci alle denominazioni cosiddette minori: decisamente meglio a Santenay e Maranges (di quest’ultima AOC, in verità, i soli Premiers Crus, nella quasi totale assenza di cuvées Villages nella degustazione). Difficile trarre conclusioni per Saint-Romain, Monthelie e Auxey-Duresses, presenti con un numero di vini confidenziale: basti dire solo una quarantina tra tutte e tre le denominazioni, circa un terzo di quelli della degustazione dell’annata 2020. Qualche buon risultato c’è stato, ma la densità e la profondità non sono quelle di altre annate migliori, come le due precedenti. Grazie a un tri molto severo, a Monthelie si aggiudica il vertice il Les Vignes Rondes Premier cru del Domaine Prunier-Bonheur (17.5/20), mentre il Domaine Alain Gras si conferma star del terroir di Saint-Romain (17/20 il suo blanc). A Auxey-Duresses i migliori risultati sono ugualmente quelli ottenuti dal Domaine Prunier-Bonheur (16.5 per il Premier cru Les Duresses e altrettanti per il Villages, entrambi rossi).

Chalonnaise

Per quanto riguarda le due appellations più meridionali della Côte, fatta la tara delle difficoltà e delle perdite per le gelate, che hanno colpito pesantemente gli chardonnay, i vini rossi sono andati decisamente  meglio, sulla linea delle ultime annate. Miglior vino della degustazione è un Santenay Premier cru rouge Beaurepaire di Vincent e Sophie Morey (18/20), mentre nel terroir del Maranges si distingue il Domaine Nicolas Perrault, che mette in fila una serie di cuvée molto riuscite, specie dai suoi tre Premiers crus, Le Clos des Loyères (il migliore, con 17.5/20), La Fussière e Le Clos des Rois.

Le cinque appellations  della Côte-Chalonnaise, anch’essa colpita pesantemente dalla grandine, sono esaminate  insieme in un unico servizio complessivo. Va detto però che il solo territorio di Mercurey appare sufficientemente coperto dalla degustazione, con 60 vini, mentre le altre quattro, tutte insieme, arrivano solo a 64 in tutto (appena 10 a Bouzeron e  13 a Givry, che pure ha numerosi premiers crus). Miglior vino della degustazione è stato   un rosso di Mercurey, il Premier cru Le Clos l’Évèque del Domaine Jeannin-Maltet, con 18/20. E’ comunque il Domaine Tupinier-Bautista, uno dei riferimenti più conosciuti della denominazione, a proporre la miglior batteria di vini selezionati, con quattro rossi oltre i 16/20 (17,5 per il Premier cru Clos du Roy e il Clos des Touches) e due bianchi di assoluta dignità. Tra i Bouzeron il miglior risultato quello delle cuvée di Louis Jadot e di quella del climat La Fortune del Domaine Jocelyn-Chaussin con 16,5/20. Al vertice dei pochissimi Givry presentati  è il Premier cru Servoisine rouge del Domaine de la Ferté (16,5/20), mentre a Rully i risultati migliori  sono stati quelli di due Premier cru bianchi del Domaine Jaeger-Defaix, il Rabourcé e il Cloux (15,5/20). A  Montagny , infine, Il Domaine Berthenet spunta il miglior punteggio dell’AOC con il suo Tête de Cuvée (16,5/20), insieme con tre altre cuvée tra i 15 e i 16 punti.

Maconnais

Anche il  Maconnais , nel quale confluiscono le 5 appellations communales , tra le quali è compresa Pouilly-fuissé con i suoi Premiers crus, ha pagato il suo pesante tributo all’inclemenza del tempo, e in particolare delle grandinate. Il colpo peggiore l’hanno subito i territori del Pouilly-Fuissé, devastati da una furiosa grandinata nei primi giorni di luglio, con effetti catastrofici sui rendimenti (anche del 90%): con 72 vini presentati, insieme con i 54 di Saint-Véran supera largamente tutte le altre denominazioni, che con una larga prevalenza di Viré-Clessé (33)  si fermano sotto i 50 vini complessivi  presentati. Sul piano della qualità,  Pouilly-Fuissé  fa ugualmente  la parte del leone  con una percentuale elevatissima (l’80%) di vini che hanno superato il giudizio di qualità e porta a casa anche il miglior punteggio della degustazione, con la cuvée Sur la Roche del Domaine Saumaize-Michelin (18/20): resa bassissima, ma qualità molto alta (concentrata, elegante, di grande freschezza e purezza).Si distinguono anche il Domaine André Bonhomme , con una serie di sei Viré-Clessé molto brillanti, tra cui una de Le Côteau de l’Épinet parzialmente botritizzata (17.5/20)  e il Domaine Richard e Stéphane Martin, che ha brillato soprattutto per i suoi St. Véran.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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