Molto probabilmente nel mondo dei vini bianchi trentini sta avvenendo quella che potrei definire una “rivoluzione silenziosa”. Infatti in un mondo dove la cooperazione gestisce più del 85% della produzione globale, la dinamicità non è certo la caratteristica principale, ma degustando i vini non si può non notare che alcuni “punti fermi” del passato non lo sono più adesso.
Lasciando da parte il discorso del Trento DOC, che porta dalla sua parte sempre più ettari di chardonnay e pinot nero, la cosa che ci ha lasciato stupiti è la situazione del Müller Thurgau, che in pochi anni è passato da uva bramata da ogni produttore a vino su cui si punta sempre meno, specie in zone come la Val di Cembra dove sembrava dovesse vivere e prosperare per millenni. A conferma di ciò, a fronte di un prezzo delle uve di chardonnay e pinot grigio che la quintale si attestano a 120 euro (il Traminer aromatico è a 200!) il müller thurgau varia fra gli 85 e i 90 euro a quintale. Un terzo in meno delle due uve più importanti del Trentino, ma anche sauvignon, pinot bianco e addirittura nosiola vengono vendute a prezzi più alti. Questo “disamoramento” non porta però a togliere ettari (attorno ai 900/910 da quasi 15 anni) ma a produrre vini meno performanti.
Müller Thurgau: voto 5
Infatti quello che ci ha sorpreso della degustazione dei Müller Thurgau non è stata tanto la diminuzione del numero dei campioni ma il cambio aromatico e strutturale dei vini. Dalle classiche note di salvia, erbe aromatiche e sentori vegetali siamo passati sia a tonalità fruttate ben poco intense che a sentori molto simili a dei sauvignon poco maturi. Anche in bocca il corpo latita e la freschezza e soprattutto la sapidità sono dei bei ricordi del passato. Si potrebbe dare la colpa all’annata (certo non eccezionale) ma anche negli anni passati i risultati erano stati sempre meno soddisfacenti e inoltre parlando con i produttori filtra una sfiducia nel futuro di questo vino che quasi sempre porta ad una cura ridotta in vigna e in cantina, con conseguenti risultati. Sarà un caso ma l’unico VINO TOP è un Müller Thurgau di tre anni, che mostra molti dei profumi classici dei Müller giovani. Questo dimostra che il vitigno può dare soddisfazioni ma bisogna crederci. Forse la strada del (moderato) invecchiamento potrebbe essere una carta da giocare per provare a dargli un ruolo meno secondario nella viticoltura trentina.
Incrocio Manzoni: voto 8
Chi invece sta crescendo nella stima e considerazione dei produttori è l’Incrocio Manzoni, fino ad oggi quasi sempre utilizzato come “comprimario” di altre uve. I campioni in purezza che abbiamo degustato hanno mostrato ottime caratteristiche ma secondo noi si prospetta un rischio all’orizzonte, quello della “gomma da masticare”. Il vitigno, le cui caratteristiche precise ben pochi conoscono, rischia di essere “tirato” a destra e a manca per sfruttare il momento favorevole, magari “caricandolo” di caratteristiche aromatiche e strutturali, diverse dalle sue. Qualche segnale l’abbiamo visto e per questo ci permettiamo di mettere in guardia i produttori. Il vitigno ha peculiarità, i vini in purezza adesso sono molto buoni, il suo contributo in diversi uvaggi e importante, ma attenti a non fare il passo più lungo della gamba.
Chardonnay: voto 8.5
Un passo avanti e per niente più lungo della gamba, l’hanno fatto gli Chardonnay in purezza: finalmente tipici e di buona intensità dal punto di vista aromatico e con un buon corpo associato a giusta freschezza. Questo per quanto riguarda quelli di annata mentre le proposte con qualche anno sulle spalle finalmente hanno lasciato da parte legni invadenti e coprenti per arrivare a nasi complessi e freschi, con corpi di ottimo livello. Due VINI TOP agli Chardonnay trentini, tra l’altro non di annata, non ricordiamo di averli mai dati e anche questo è un chiaro segnale che qualcosa sta cambiando. Forse le vigne stanno piano piano arrivando ad un’età consona per vini migliori. Lo diciamo perché, al contrario del pinot grigio, lo chardonnay da circa 15 anni a questa parte sta lentamente perdendo ettari (magari in zone meno vocate) attestandosi comunque sul 27% del totale vitato. Questo assestamento/maturità delle vigne, in buona parte “sfruttato” dal Trento DOC, crediamo però porti benefici anche ai vini fermi.
Nosiola: voto 6-
La Nosiola invece continua nella sua particolare “strada parallela” alla tipicità del vitigno. Capiamo che non abbia grandi profumi primari ma assaggiare 15-20 nosiola è un po’ come fare un viaggio attraverso i vitigni bianchi trentini: una profuma di sauvignon, una di chardonnay , la terza di pinot grigio , la quarta addirittura di riesling e via cantando. Oramai l’unica strada per salvare questo vitigno (a parte quella che porta agli straordinari Vino Santo) passa attraverso l’invecchiamento di 2-3 anni non tanto in legno ma in anfora, acciaio, cemento. L’abbiamo visto nei nostri assaggi dove solo le Nosiola a partire dal 2022 e indietro riescono a dire qualcosa, ad essere qualcosa in più di un vino semplice con profumi presi in prestito da altri vitigni.
Pinot Grigio: voto 6.5
Non proprio come lo Chardonnay ma indubbiamente i Pinot Grigio d’annata hanno mostrato caratteristiche più positive rispetto alle annate precedenti: niente di stratosferico ma un passo avanti verso vini leggermenti più completi e complessi indubbiamente si.
Sauvignon: voto 4
Se i Müller Thurgau stanno perdendo peso e importanza i Sauvignon non l’hanno mai avuta e anche quelli degustati quest’anno purtroppo non sono da meno. Quelli d’annata, complice anche una vendemmia sfortunata, raramente vanno oltre una risicata sufficienza, data da un corpo leggero e profumi semplici e vegetali: qualcosa di meglio abbiamo avuto da annate precedenti ma se il sauvignon è fermo come impianti praticamente al 2000 un motivo ci sarà…
Gewürztraminer: voto 7
Che la vendemmia 2023 non sia stata tra le migliori lo dimostrano anche i Traminer Aromatico, indubbiamente puliti e netti al naso ma con qualche grammo di zucchero residuo in più rispetto a vendemmie precedenti. Questo è sicuramente dovuto a voler dare una sufficiente pienezza al vino: peccato perché i GW trentini stavano spiccando proprio per una loro maggiore “austerità”, ma il risultato è indubbiamente positivo per una tipologia che propone anche vini di qualche anno di notevole complessità e profondita, a dimostrazione che la distanza dai cugini altoatesini si sta riducendo.
Pinot Bianco: voto 6.5
Pochi vini degustati ma risultati interessanti per questo vitigno poco considerato ma con caratteristiche importanti di finezza e eleganza. Buoni esemplari sia d’annata che con qualche anno sulle spalle, a dimostrazione che la terra trentina sarebbe adatta per questo vitigno.
Riesling e Kerner: voto 6
Se i Gewürztraminer hanno avuto bisogno di qualche grammo di zucchero residuo i Riesling 2023 (e non solo) sono quasi tutti troppo dolci. Magari non hanno più di 4/5 grammi di zucchero residuo ma la mancanza del contraltare acido li porta quasi sempre ad essere troppo squilibrati verso la dolcezza. Per quanto riguarda i pochi Kerner degustati la domanda è perché piantare e vinificare quest’uva se poi devi metterci dentro del GW per renderla appetibile? Così si perde fin dall’inizio la possibilità di farlo conoscere e capire.
Uvaggi: voto 7
Crediamo sia la prima volta che, in una regione votata da tempo al monovitigno, troviamo degli uvaggi ben fatti, dove i vari vitigni di provenienza si riconoscono e l’uso del legno non serve a coprire o a rimandare all’infinito la maturazione. Se proprio dobbiamo dirla tutta un miglioramento degli uvaggi per noi è importante perché crediamo che l’era del monovitigno, per motivi essenzialmente climatici, sia destinata a lasciare spazio anche a logici assemblaggi, che permettano a uve diverse di trovare equilibri in altro modo difficili da raggiungere.
Per quanto riguarda altre uve (Moscato, Grüner Veltliner e uve PIWI) i campioni erano così pochi che non si possono estrapolare concetti generali.
In definitiva gli assaggi trentini in bianco ci hanno presentato in primo luogo più etichette (e di questo dobbiamo dire grazie alla nostra infaticabile Letizia Simeoni e al suo certosino lavoro) e vini molto più interessanti rispetto al passato. Lo ripetiamo: una “rivoluzione silenziosa” è in atto e nei prossimi anni il panorama enoico di questa regione potrebbe, lentamente, cambiare.
In chiusura è doveroso un ringraziamento al Consorzio Vini Trentini, che da sempre ci aiuta e ci ospita.
Per quanto riguarda invece sia gli assaggi in rosso che quelli del Trento Doc dovrete aspettare che… le temperature scendano.