Amarone Opera Prima: una denominazione alla ricerca della ripartenza5 min read

Nell’edizione di “Amarone Opera Prima 2024″, organizzata dal Consorzio Vini della Valpolicella al Palazzo della Gran Guardia a Verona, si sono assaggiati i vini di ben 70 aziende ma si è anche parlato della crisi del vino rosso nel comparto delle vendite a livello mondiale. Durante la conferenza inaugurale la Denominazione, per bocca del suo presidente, si è messa in discussione :  “Come Consorzio – ha sottolineato Christian Marchesini – dobbiamo, vogliamo e possiamo fare un Amarone sempre più competitivo, più contemporaneo”.

Consapevolezza data dai numeri degli ultimi anni che nel 2023 registrano una battuta d’arresto nei volumi dell’export dell’Amarone (-12%).

Carlo Flamini, responsabile Osservatorio del vino di Unione italiana, ha aggiunto «Non promettono bene i cambiamenti in corso anche nella platea degli acquirenti italiani che, pur restando stabili a quota 30 milioni, dal 2008 hanno visto calare di oltre il 20% i consumatori quotidiani a vantaggio di quelli saltuari (+30%). Spostamenti che avvantaggiano le tipologie più adatte ad aperitivi e cocktail a discapito di una mono bevanda da pasto come il vino rosso».

La fotografia dell’Osservatorio di Unione Italiana Vini presentata all’apertura dei lavori vede il calo tendenziale dell’export dovuto da una parte alla riduzione reale dei consumi, dall’altra da un mix di fattori climatici, generazionali, etnici e di mutamento nei gusti. Questo ha portato a spostare le preferenze verso tipologie di alcolici diverse dal vino e, in particolar modo, dai rossi fermi. Il vino spumante  invece continua ad incontrare i gusti dei più giovani ed ingloba quote di vendite delle altre tipologie di vino.

Un dato positivo in questo contesto di criticità viene comunque evidenziato e sottolineato da Flamini: “Negli Usa, per esempio, nel canale più profittevole, quello dell’on-premise (vini top nella ristorazione), l’unica fascia di prezzo che è riuscita a strappare aumenti è quella all’ingrosso sopra i 25 dollari a bottiglia (+2%). Da questo dato devono ripartire i prodotti italiani, dimenticando il concetto di rosso da mass market e coltivando forti valori di identità e coerenza territoriale e stilistica”.

I partecipanti alla conferenza inaugurale

«Bisogna cambiare qualcosa – commenta il presidente del Consorzio della Valpolicella, Christian Marchesini – puntando su vini meno alcolici e con una più spiccata identità territoriale. È un lavoro che noi abbiamo avviato già da qualche anno rilanciando il nostro Valpolicella base e rafforzando il valore. La tipologia “Superiore” del Valpolicella è passata da una quota del 22% al 29% del totale. E stiamo lavorando sulla ricerca per capire le contromosse da adottare nel vigneto e nel fruttaio (il luogo dove vengono fatte appassire le uve per l’Amarone, n.d.r) per contrastare i cambiamenti climatici che favoriscono l’evoluzione di vini molto alcolici. Prodotti che il mercato, a quanto pare, non vuole più».

Secondo Andrea Lonardi, vicepresidente del Consorzio e Master of Wine, il cambiamento climatico non va del tutto demonizzato, ha anche portato dei benefici. La Valpolicella ha molto potenziale da sfruttare per poter migliorare il proprio prodotto e lo può fare, ad esempio, puntando su alcune tipologie di uve coltivate nei giusti areali, o migliorando tecniche di coltivazione e vinificazione (che tendevano alla superproduzione piuttosto che alla qualità) utilizzando il lavaggio delle uve, la selezione ottica, e attestandosi al 20% del calo in peso in appassimento. Si potrà così arrivare alla piena qualità del prodotto, strada che porta verso un’ agricoltura di precisione.

Negli ultimi vent’anni l’Amarone ha avuto un grande sviluppo, comparabile a quello  del Prosecco DOC. Ora bisogna cambiare rotta e puntare sulla qualità anziché sulla quantità, dettata dalla necessità di fidelizzare i gusti di consumatori sempre più attenti ed esigenti ,che preferiscono vini rossi vini meno opulenti e muscolosi, ma più eleganti, fruttati e freschi.

Corvina in appassimento

E’ stato affermato quanto sia importante il legame con il territorio: i produttori che sapranno interpretare al meglio tali potenzialità creeranno un vino molto diverso, prestigioso, legato all’identità territoriale. La sfida è chiaramente complessa  e richiede cambiamenti culturali, produttivi, legislativi e comunicativi.

Ma veniamo agli assaggi: come detto settanta le aziende presenti all’anteprima dell’annata Amarone DOCG 2019, con la presenza di un pubblico mediamente giovane e una buona rappresentanza del comparto femminile, sintomo di una curiosità ancora presente nelle giovani generazioni e di un mercato al femminile attento e capace di muovere il volume d’acquisto.

L’annata 2019 è stata caratterizzata da fenomeni estremi, primavera fredda e piovosa, estate in recupero ma con un nuovo scenario in Valpolicella: le ondate di calore con irraggiamento solare molto forte. Le piogge e il fresco nella fase finale della maturazione hanno portato alla vendemmia delle uve in piena maturazione, regalando in sostanza una buona annata nel potenziale espressivo futuro. Eleganza e snellezza, meno muscolo e più versatilità, buon potenziale d’invecchiamento che in effetti ho riscontrato in molti dei campioni assaggiati alla cieca: annata a 5 stelle per potenziale.

Letizia Simeoni

Beata la consapevole ignoranza enologica. Finchè c’è ti dà la possibilità di approcciarsi alla conoscenza! Prosit.


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