Alto Adige: bollicine che hanno bisogno di “allenamento”, mentre i rossi bordolesi sono in gran forma2 min read

Per chiudere il cerchio delle degustazioni altoatesine abbiamo pensato di sfruttare sia le bollicine che i grandi rossi.  Questo perché le bollicine si bevono molto più volentieri nelle feste, ma non è detto che un grande rosso non faccia la sua figura sulla tavola.

Per quanto riguarda gli spumanti il discorso è molto semplice: siamo all’inizio di un percorso che tra 10-15 anni metterà l’Alto Adige tra i più importanti produttori nazionali. Per adesso, a parte le pochissime cantine che da molti anni puntano sugli spumanti metodo classico, le altre si stanno formando tecnicamente, sia in vigna che in cantina. Già adesso alcuni buoni risultati si vedono ma siamo convinti che serva un ragionamento più condiviso che parte dall’allevamento e selezione delle uve (oggi i migliori chardonnay e pinot nero non vanno quasi mai negli spumanti) e arriva alla tecnica di cantina, dove l’esperienza, anche mediata attraverso consulenti esterni, è basilare.

Cortaccia, foto Strada del vino Alto Adige

I produttori altoatesini si stanno muovendo e quindi diamogli il tempo che serve per “allenarsi” a produrre grandi metodo classico, pur con la base attuale di tutto rispetto.

Il concetto di “allenarsi” torna proprio a fagiolo per parlare dei rossi sia da cabernet che degli uvaggi bordolesi e non solo. Sono 35-40 anni che in Alto Adige si “allenano” a fare dei grandi rossi con queste uve, ma il clima non gli permetteva spesso di avere l’annata giusta per produrli. Il cambiamento climatico ha invece spianato la strada a queste tipologie che da alcuni anni ci propongono Cabernet Sauvignon complessi e potenti, Cabernet Franc freschi e incisivi, uvaggi corposi e pieni. Anche quest’anno infatti la media qualitativa è alta e soprattutto molto più alta rispetto, per esempio, a dieci anni fa: praticamente solo un 10% dei vini non ha raggiunto o superato la soglia degli 80 punti (per noi, lo ripetiamo sempre, non sono pochi perché non spariamo punteggi alti come petardi alla festa del patrono) e questo è un risultato importante, che certifica come oramai l’Alto Adige sia di diritto tra le grandi zone italiane dove le uve rosse bordolesi danno il loro meglio.

Quello che colpisce nei vini e la dolcezza tannica abbinata a freschezza, la rotondità affiancata da complessità aromatica.

Insomma, se pensate di iniziare il pranzo di Natale con una bollicina altoatesina secondo noi dovreste concluderlo con un rosso proveniente da questa terra e da noi consigliato.

Copyright: foto di copertina Vini Alto Adige/Tiberio Sorvillo

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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