Trenta vendemmie a Dievole3 min read

30 a 0! Potrebbe essere questa la quota presso inesistenti allibratori enoici della celebrazione di Dievole: 30 come le vendemmie dell’azienda del Chianti Classico, e zero, come le generazioni di famiglie susseguite tra questi vigneti. Numeri suggeriti con sincerità da Stefano Capurso, executive president del gruppo Abfv Italia, di cui la cantina è parte.

Il confronto con alcune realtà centenarie della storica denominazione è inevitabile, eppure Dievole ha da sempre un’anima toscana a prescindere da chi ne detiene le redini.

A documentarlo è stata la ricerca della professoressa Roberta Mucciarelli, docente di Storia Medievale presso l’Università degli Studi di Siena, che ha ripercorso le tappe principali di questi colli. I documenti consultati dalla docente conservati presso l’Archivio di Stato di Siena, per l’occasione (il 25 ottobre) sono stati tutti esposti per gli ospiti presenti.

“La ricerca ha permesso di recuperare l’anima di uno spazio antropizzato, insieme ai tratti di una civiltà agraria di origine medievale – ha spiegato Mucciarelli – una storia secolare che parla di potere, dinamiche familiari tra le colline del Chianti e Siena” o meglio Madre Siena poiché da sempre la città del Palio è inseparabile dalla sua campagna.

Il documento più antico che racconta tali dinamiche è il Diplomatico del 1090 ma il registro delle possessioni del 1317 che descrive le molte attività di tale Cione a Dievole tra cui una vigna, è di fatto il primo registro catastale d’Europa. Perciò zero generazioni di consanguinei, ma numerose comunità incrociate sui poggi senesi.

L’azienda ha voluto suggellare ulteriormente il legame con la città inserendo nella celebrazione una visita alla mostra “Arte Senese: dal Medioevo al Novecento” allestita al Santa Maria della Scala e organizzata da Vernice Progetti. Opere su Siena e di artisti senesi raccolte nel tempo dalla Banca Monte dei Paschi, un patrimonio figurativo creato da artisti come Pietro Lorenzetti, Tino il Camaino, Stefano di Giovanni detto il Sassetta, Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, Domenico Beccafumi, Bernardino Mei, Cesare Maccari e Fulvio Corsini, e visitabile fino all’8 gennaio 2023.

Tornando alle 30 vendemmie è stato Novecento il protagonista della verticale celebrativa, un vino che già prima del passaggio alla proprietà odierna aveva acceso i riflettori su di sé per l’etichetta impreziosita dall’oro. Un Chianti Classico Riserva nato nel 1990, dopo 900 anni della storia di Dievole. Nel Diplomatico dell’Opera Metropolitana (1090) infatti si legge per la prima volta il nome Dievole: l’abate del monastero benedettino di Sant’Eugenio concedeva in affitto un pezzo di terra e i beni fondiari ubicati a “Diulele”, la valle divina.

La degustazione guidata da Filippo Bartolotta ha ripercorso un altro tipo di storia, quella enologica fatta dei tre periodi di Novecento: anni ‘90 (1990, 1993, 1995) quando il disciplinare prevedeva ancora l’inserimento di uve bianche, grazie cui i vini a distanza di 3 decenni sono ancora freschi e brillanti; anni 2000 (2001, 2004, 2006), il periodo dell’estrazione e del colore, saturo e meno brillante; e per finire 2016, 2018 e 2019 quando inizia la ricerca di eleganza e verticalità.

Quale ho ribevuto post degustazione per brindare alle 30 candeline? Il 2016: frutti rossi, ribes, mammola, amarena, saggina, ginestra e liquirizia. Buon trentesimo Dievole.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


LEGGI ANCHE