Sangiovese 2.0: tra Chianti Classico e Brunello2 min read

Volete sapere che nome ho dato al Gallo nelle foto? L’ho chiamato Chiantello, parola macedonia (così l’avrebbe definita  il linguista Bruno Migliorini)   che mette assieme Chianti Classico e Brunello.

Ho cercato di unire le due parole perché nella stupenda villa di Mocenni si è svolto un incontro tra queste due denominazioni, in particolare tra tre aziende chiantigiane e tre ilcinesi.

La scusa per andare a trovare Chiantello (a proposito, vi aspetta tutti a Mocenni, primo pollaio a destra) e parlare di Chianti Classico e Brunello di Montalcino è stato Sangiovese 2.0, un format interessante che ha visto tre cantine chiantigiane (Bindi Sergardi, Casa al Vento e Capannelle) e altrettante di Montalcino (Castello Tricerchi, Argiano e Terre Nere) presentare i loro vini.

Panorama da Mocenni

In particolare  le cantine hanno messo in degustazione le annate 2014-2013-2012, rispettivamente di Chianti Classico Riserva (100% sangiovese)  e di Brunello di Montalcino (dove il 100% di sangiovese è d’obbligo).

Questa mini-verticale-messa-in-orizzontale, con tre annate e sei vini a rappresentare ognuna,  è servita almeno a me per fare il punto soprattutto sulla controversa vendemmia 2014, prima disprezzata, poi rivalorizzata quasi a furor di popolo e adesso semplicemente presa per quello che è, cioè un’annata dove  per fare dei buoni prodotti si è dovuto, nel migliore dei casi, produrre molto ma molto meno del normale. Chi ha voluto e saputo farlo adesso si ritrova con vini piuttosto esili ma non fragili, che possono maturare anche per anni grazie ad un equilibrio dovuto a sapiente “sottrazione”.

Sottrazione che era difficile da applicare nel 2012, annata caldissima e opposta alla 2014. Qui la cosa che mi ha colpito di più è stata la differenza sostanziale tra Brunello e Chianti Classico: i primi già rotondi e maturi, già bevibili e con chiare e belle note terziarie, gli altri ancora spigolosi in bocca ma con nasi dove il frutto era già piuttosto maturo.

Dei 2013 presentati posso rimarcare la grande giovinezza (e conseguente non prontezza) delle riserve di Chianti Classico a fronte di una fresca eleganza dei Brunello.

Il format, dove si lascia tanto tempo alla degustazione e alla discussione è indubbiamente valido ma due cose mi sento di dirle al bravissimo Davide Bonucci, organizzatore dell’evento. La prima è che forse sarebbe stato meglio, specie per le aziende partecipanti, assaggiare assieme le tre vendemmie di ogni cantina, magari dividendo la presentazione in due trances (del resto anche questa volta abbiamo degustato i vini in due momenti: prima il 2014-2013 e poi i 2012)

La seconda è che potrebbe essere interessante, pur lasciando ampio spazio al dibattito, porre a tutti gli intervenuti alcune domande con una specie di questionario, e poi magari discutere questi dati. Così le riflessioni scritte rimarrebbero alle cantine e potrebbero essere da loro valutate successivamente con calma.

Resta il fatto che il format è valido e modulabile anche su altre realtà. Aspettiamo  quindi la seconda puntata di Sangiovese 2.0.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE