Oltrepò, un mare in tempesta! Per fortuna ci sono i fari4 min read

Tranquilli, la riunione annuale di Winesurf  che si è svolta  in Oltrepò Pavese non è stata così piena di assaggi da farmi credere di vedere un mare dove invece è tutto un susseguirsi di colline.

Il mare a cui mi riferisco non è d’acqua ma di vino e viene prodotto appunto sulle belle colline di questo territorio. Tanto per darvi un ‘idea In Oltrepò ci sono ben 3300 ettari di pinot nero ( Borgogna a parte, praticamente quello di mezza Europa messo assieme) e se ci mettiamo tutte le altre uve, a partire dalla croatina e dalla barbera per arrivare a riesling e moscato gli ettari salgono a più di 11.000. Un vero mare di vigneti che si trasforma ogni anno in una marea di vino.

Qui nascono i problemi, relativi a come controllare questa marea.

Per anni semplicemente non è stata controllata e quindi la stragrande maggioranza del vino prodotto era venduto sfuso o se si imbottigliava, spuntava (e purtroppo spunta anche adesso) prezzi bassissimi.

Ma ogni mare che si rispetti, specie quello verde dei vigneti dell’Oltrepò, per essere “solcato” ha bisogno di indicazioni, di esempi:  per questo sono fondamentali i fari e oramai in Oltrepò ce ne sono diversi, alcuni anche da molto tempo anche se ben pochi lo sanno.

Un faro che esiste da quasi un secolo è Frecciarossa, cantina “Con un grande avvenire dietro le spalle”  mutuando  il titolo della famosa autobiografia di Vittorio Gassman. Infatti quando Valeria Radici, titolare dell’azienda, ci ha mostrato i passaggi storici di questa cantina (esportava negli Stati Uniti negli anni Trenta del secolo scorso!) siamo rimasti stupiti del coraggio e della lungimiranza. Poi siamo rimasti stupiti dei vini, che riescono a declinare il riesling, la croatina e soprattutto  il pinot nero con affinata maestria.

Il pinot nero dell’Oltrepò Pavese  merita un discorso a parte perché  è veramente “croce e delizia” di questo territorio. Si parte da vini di basso profilo, anche con importanti residui zuccherini, magari lo si vinifica frizzante, vendendolo a prezzi da realizzo. Così chi vuole fare le cose seriamente, sia spumantizzandolo in validi metodo classico, sia vinificandolo per ottenere le vellutate profondità del vitigno si ritrova a dover scalare montagne di diffidenza : dal mare di vino alle montagne da superare il passo non è breve né facile, però quando assaggi  il Giorgio Odero 2011 di Frecciarossa, pinot nero di ampia caratura borgognona, capisci quanto possono dare queste terre al blasone del vitigno.

Non ha grande blasone invece “il demone-angelo  Bonarda”, vino  che rappresenta tutto il peggio di quello che l’immaginario collettivo del vino di qualità immedesima con l’Oltrepò ( frizzante, con zucchero residuo  e da bere giovanissimo) ma nello stesso tempo incarna , quando ben fatto, un vino angelico, dove le sensazioni di frutta arrivano a ondate e la bocca è corteggiata in maniera elegante da bollicine fini e da una freschezza che il residuo zuccherino riesce a rendere armonica. Per esempio nella Moranda  di Travaglino, cantina che pur puntando moltissimo sul pinot nero non tralascia i i vini base del territorio.

Un territorio che, anche e soprattutto attorno al Distretto del vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese (che ringraziamo!), sta cercando di crescere. E un  modo per crescere è “La Mossa perfetta”, cioè un marchio che raccoglie una serie di piccoli produttori sul concetto di “Bonarda angelica”  e cerca di fare massa per presentare quella che dovrebbe essere la vera immagine di questo vino.

Ne abbiamo degustate diverse è siamo convinti che un vino del genere non possa rimanere nel dimenticatoio, perché unisce piacevolezza a grande adattabilità gastronomica, senza considerare il prezzo incredibilmente interessante.

Se il pinot nero dell’Oltrepò può dare grandi soddisfazioni vinificato in rosso forse è nel metodo classico che può riuscire veramente a sfondare sul mercato. Oramai tutte le cantine di livello hanno bollicine da proporre e molte di tale  livello che non sfigurano (anzi!) in confronti con il meglio della produzione nazionale: sto pensando al Notte d’Agosto di Alessio Brandolini, un metodo classico rosé da pinot nero in purezza di grande finezza e complessità, perfettamente a suo agio dall’antipasto al secondo.

A proposito di bollicine, quelle prodotte da  Cristian Calatroni ci sono sembrate avere un grande futuro. Probabilmente perché  rappresentano una ricerca certosina che parte dai vigneti, privilegiando  quote attorno ai 500 metri e terreni particolarmente adatti. Cristian  in realtà, come  altri produttori di qualità, non va a cercare di piantare dove non c’era vigna ma semplicemente sfrutta vecchi vigneti esistenti. L’azienda è piccola ma ha le idee chiarissime: le sue bollicine tra qualche anno saranno contese tra gli appassionati, ricordatevelo.

L’azienda della famiglia Calatroni e tante altre piccole cantine, molte riunite attorno al grande faro   del Distretto del vino di Qualità, dimostrano che l’Oltrepò Pavese  ha al suo interno tutto quello che serve per  affermarsi come territorio di alta qualità riconosciuta  e finalmente far calmare le pericolose maree  al suo interno.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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