La nuova DOC Terre di Pisa : una denominazione che non sembra pendente3 min read

Dire che la Torre di Pisa è uno dei monumenti italiani più famosi del mondo è scontato, sfruttare questa fama non lo è stato fino al 2016, quando il Presidente della Camera di Commercio di Pisa Valter Tamburini ha compreso la necessità di avere un marchio riconoscibile di riferimento per le attività turistiche e agroalimentari della Provincia.

Quale simbolo e nome più idoneo di “Terre di Pisa? Nasce così il relativo marchio territoriale che, tra l’altro, dà nuovo impulso alla DOC Terre di Pisa nata nel 2011, ma di fatto mai utilizzata dai produttori.

Ci spiega le varie fasi del lavoro Pierpaolo Penco che ha attivamente contribuito alla nascita ed evoluzione di questo marchio.

Il motivo della nascita era evidente: contestualizzare su un territorio ben conosciuto (Pisa) la produzione di vini altrimenti poco caratterizzati rispetto alle zone da cui provenivano: serviva però una realtà super partes rispetto ai produttori, che si facesse promotrice della nascita di un Consorzio di Tutela e qui, fondamentale, l’apporto della Camera di Commercio.

Dopo soli due anni (si sa i tempi dell’agricoltura non sono immediati e due anni è il minimo) nasce il Consorzio fondato da 7 produttori imbottigliatori (oggi sono già 14) e presieduto da Nicola Cantoni dell’azienda Fibbiano con alla vice presidenza Ginevra Venerosi Pesciolini di Ghizzano. Raccoglie aziende che denominavano i lori vini con la DOCG Chianti o con le DOC Montescudaio e San Torpè davvero poco utilizzate specie nell’area storica di produzione cioè la Valdera.

Disciplina due vini che prevedono minimo 16 mesi di affinamento: un “ base” sangiovese (30%)e il resto vitigni internazionali e un sangiovese praticamente in purezza (minimo 95%)

Nello scorso aprile il Consorzio riceve l’autorizzazione alla Tutela e intraprende il cammino di richiesta di modifica al Disciplinare secondo le seguenti modalità:

  • Il “Terre di Pisa Sangiovese” passa a 18 mesi di affinamento mentre il “Terre di Pisa rosso” (Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah da soli o congiuntamente, minimo 70%) scende a 12 mesi e ne è prevista la versione riserva con 24 mesi di affinamento.
  • Vengono inserite tre nuove tipologie: “Terre di Pisa bianco Vermentino”, “Terre di Pisa bianco” (Vermentino, Malvasia, Trebbiano, Sauvignon, Chardonnay, Viognier), da soli o congiuntamente minimo 70% il resto vitigni autorizzati dalla Regione Cioè praticamente tutti!). Infine il “Terre di Pisa” rosato da minimo 50% di Sangiovese e il resto a scelta del produttore.
  • Terza modifica l’allargamento del territorio di produzione con l’inserimento dei Comuni di Volterra, Montescudaio e Riparbella.

L’obiettivo è duplice: in primis arrivare alla zonazione del territorio con l’individuazione e la differenziazione delle varie sottozone e il secondo passare dalle attuali 200.000 bottiglie a 1.000.000 in modo da essere una presenza se pur minima sul mercato.

Sangiovese

Fin qui la cronaca, a seguire il parere personale.

La nascita della DOC  Terre di Pisa è una buona cosa per un territorio che altrimenti si perderebbe nei meandri di DOC sconosciute (Montescudaio e San Torpè) oppure troppo conosciute e troppo vaste, tipo Chianti,  dove è costretto a confrontarsi nel mercato con vini il cui prezzo va da 0 a 1.000 senza nessuna apparente logica. Il legame con Pisa è ottimo perché identifica alla prima occhiata con un’area precisa, abbastanza conosciuta in tutto il mondo.

Merlot

Se ho qualche dubbio è sulla scarsa caratterizzazione delle tipologie di vino che vanno dal Sangiovese 100% a vini con percentuali predominanti di  uve internazionali ( Merlot, Cabernet, syrah fino al 70%).

Tutti i vini porteranno lo stesso nome di “Terre di Pisa DOC”. La domanda degli interlocutori sarà, come già accade in altre denominazioni che hanno fatte le stesse scelte: qual è il vero Terre di Pisa, cosa debbo aspettarmi da un vino di questa Denominazione? E lì, come altrove, nessuno saprà dare una risposta attendibile.

Maddalena Mazzeschi

A 6 anni scopre di avere interesse per il vino scolando i bicchieri sul tavolo prima di lavarli. Gli anni al Consorzio del Nobile di Montepulciano le hanno dato le basi per comprendere come si fa a fare un vino buono ed uno cattivo. Nel 1991, intraprende la libera professione come esperto di marketing e pubbliche relazioni. Afferma che qualunque successo è dovuto alle sue competenze tecniche, alla memoria storica ed alle esperienze accumulate in 30 anni di lavoro. I maligni sono convinti che, nella migliore tradizione di molte affermate PR, sia tutto merito del marito! Per Winesurf si occupa anche della comunicazione affermando che si tratta di una delle sfide più difficili che abbia mai affrontato. A chi non è d’accordo domanda: “Ma hai idea di cosa voglia dire occuparsi dell’immagine di Carlo Macchi & Company?”. Come darle torto?


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