La Grande Muraglia enoica di Modigliana va avanti6 min read

Giovanni Solaroli nel 2018 vi aveva annunciato la seconda edizione di Modigliana Stella dell’Appennino esordendo con un: «Da qualche parte bisogna pur iniziare, del resto anche la costruzione della Grande Muraglia è iniziata con una singola pietra» , mentre Gianpaolo Giacomelli ve l’aveva raccontata partendo dal suo terroir: «In un perimetro che sembra un’enclave, incastonato tra Toscana e Romagna, questo territorio montuoso ha caratteristiche pedoclimatiche decisamente peculiari».

Il 7, 8 e 9 settembre siamo tornati a vedere come procede la ‘Grande Muraglia’. Ma prima di parlarvi di tutto quello che è girato attorno alla manifestazione d quest’anno, da chef stellati e wine teller, vorrei dare ulteriori ‘pennellate’ al quadro di Modigliana dipinto da Giovanni e Gianpaolo.

Inizio settembre non è certo un periodo tranquillo per i produttori ma, ‘atterrata’ alla stazione ferroviaria di Faenza, ad accogliere me e colleghi c’erano facce sorridenti che nascondevano benissimo lo stress da vendemmia raccontando del Trebbiano esportato in Germania, dell’accisa tedesca sul tappo a fungo, della volontà di emanciparsi e dire la propria.

Le stesse facce ci hanno scarrozzato tra Comune, hotel, cena, degustazione, e quando non erano con noi, erano a allestire tavoli, sedie, calici.

Attenzione, non a dare direttive sul come allestire, ma a sollevare tavoli, sedie, calici. Insomma, già solo per questo, per ogni bottiglia che abbiamo stappato abbiamo capito meglio quali mani stavano costruendo la Grande Muraglia.

Modigliana conta circa 4.800 abitanti e mentre ne attraversate il ponte prima del mercato coperto, potete scorgere alcune anatre che zampettano nel torrente. Sotto i suoi portici invece, allestita senza pretese, troverete un’esposizione di scarpe artigianali firmate Giuseppe Valli. «Posso fotografare le sue scarpe? Sono così belle, le vorrei pubblicare su Instagram, se vuole la taggo». «Taggare? Non ho pagine social, mi spiace». Io le ho pubblicate lo stesso citando il signor Valli, perchè non potete perdere l’opportunità di sapere che esiste un artigiano così bravo il cui lavoro sta scomparendo. «I giovani vengono per imparare, convinti di creare subito la calzatura. Quando capiscono che prima è necessario riparare, modellare, modificare… si stufano e se ne vanno».

Elogio a parte alla dimensione reale del vivere, l’associazione che ci ha invitato, Stella dell’Appennino, ha convocato delle special guest per il suo evento, tra cui lo chef stellato Cristiano Tomei, il senior sommelier del 67 Pall Mall di Londra Nelson Pari, e il giornalista di JancisRobinson.com Walter Speller.

La cena.

Partiamo dall’invettiva di Tomei sulla natura conviviale della cucina, definita ‘scopativa’ e non ‘masturbativa’. Di tutto il suo percorso culinario ‘scopativo’ personalmente rifarei il bis e il tris di funghi su crema di totani e arachidi con profumi di germogli di abete. Delicato con il guizzo terroso regalato dal fungo e perfettamente abbinato grazie alla sapidità del Trebbiano 2018 Strada del Corniolo di Villa Papiano.

Anche il raviolo di pasta secca è rimasto impresso, tanto che, inter nos, a un commensale che tardava a riprendere il suo posto ho detto che non aveva ricevuto la portata, mentre nascondevo con fare furtivo due piatti impilati di fronte a me. Audace affiancare il raviolo “galeotto” al Pinot Nero Ecce Draco 2018 di Mutiliana, sottile ed equilibrato, cesellato dai profumoi di frutta rossa e note floreali.

Il Sauvignon blanc 2012 Ronco del Re di Castelluccio non ricordo se era accanto al piatto di riso con midollo, zafferano e ricci di mare, ma il profumo di frutta a pasta gialla e la nota di resina di pino lo hanno inciso nella mia memoria.

Del sangiovese 2007 Badia Raustignolo de Il Pratello non ricordo proprio l’abbinamento ma che è stato un bel testimone di longevità, muovendosi tra la ciliegia sotto spirito, rosa e aromi di cuoio, si.

La degustazione

Il momento clou della Stella dell’Appennino 2019 è stata la degustazione comparativa sui terroir di montagna italiani, moderata da Nelson Pari e condotta da Walter Speller.

Essendo Nelson un romagnolo prestato alla causa internazionale del vino su terra londinese, ci sembrava la voce adatta per commentare il progetto homemade. Perciò gli abbiamo fatto alcune domande.

Nelson Pari

Quali sono secondo te i punti di forza di Modigliana Stella dell’Appennino?

«La cosa che va ammirata di questo progetto è che per la prima volta in Romagna i produttori si uniscono con un obbiettivo comune dettato da qualità e comunicazione. In Romagna ci sono diverse associazioni ma manca sempre una delle due cose. Rimini ha un gruppo unito con una discreta comunicazione ma manca la qualità (sia chiaro che con qualità non intendo il singolo produttore ma l’insieme del gruppo). Brisighella è un area di enorme qualità ma manca di coesione e comunicazione. A Modigliana Giorgio Melandri è riuscito a unire le due cose e a muovere i produttori in una ricerca che mancava da tempo.»

 

Quali vini del’associazione oggi sono i più rappresentativi del territorio?

«Quando si beve ‘Modigliana’ si deve ricercare la presenza boschiva all’interno dei tre cru (Ibola, a massima intensità; Acerata, dove la leggerezza boschiva incontra la potenza di Brisighella; Tramazzo, che stando in mezzo bilancia potenza e bosco), e la caratteristica del biotipo  talvolta più incisivo del terroir. La cosa cambia riguardo la consistenza. In termini di qualità Villa Papiano e Mutiliana risultano superiori in termini tecnici. Il Pratello è un’istituzione ma rimane un vino underground per appassionati di uno stile più “naturale”, mentre Castelluccio è la storia della Romagna e lo considero più come una sorta di “Cavallotto de noaltri”. Spettacolari il Violano 16 de Il Teatro (nome meraviglioso) e un 2008 di Casetta dei Frati che sembrava giovanissimo e basato sul primario».

Da romagnolo con un piede fuori Italia, cosa suggeriresti per rafforzare l’identità del sangiovese targato Modigliana?

«Bisogna guardare fuori. Il gruppo può beneficiare di uno spazio all’interno del mercato italico, e per qualche produttore, di un occhio internazionale. Il primo step potrebbe essere “battere” l’area del Chianti Classico, o meglio, la sottozona di Radda. Immaginate una batteria di vini coperti con Mutiliana e Villa Papiano insieme a Querciabella o Montevertine. A punteggi e prezzi scoperti quest’area potrebbe iniziare una comunicazione simile a quella che l’America fece prima con la degustazione di Parigi del 1976 , poi con il film “Somm 3”, o quella del Cile dopo il tasting di Berlino. Mi immagino che un classico cliente high-profile del Chianti Classico possa chiedere ad un sommelier un’alternativa, e Modigliana può rientrare in prima posizione nella mente di un professionista».

Non sappiamo se e quando la Grande Muraglia romagnola sarà visibile dallo spazio, ma si sa che senza solide fondamenta non si può costruire e quindi ambire a essere visibili almeno dal colle accanto.

Qui la prima fila di pietre sembra solida. Noi torneremo a vedere la seconda e la terza se ci invitano, e intanto protremmo provare a stappare una bottiglia made in Radda accanto a una made in Modigliana. Vi faremo sapere.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


LEGGI ANCHE