Nei primi giorni di novembre 2022 eravamo in Val di Cornia, terra toscana che guarda da nord la Maremma e da sud il comprensorio bolgherese, e i vigneti, pur senza uva da quasi due mesi, continuavano a “lavorare”. Infatti era ancora così caldo che le piante non accennavano minimamente al riposo invernale, producendo ancora foglie. Quest’immagine mi è rimasta impressa e da allora identifica, per me, lo stress a cui viene sottoposta una vite in questi cambi climatici.

Una vite che deve produrre qualità ha diritto a riposare ma oramai la forbice di letargo è in molte zone ridotta quasi a zero.
Pensavo a questa cosa mentre assaggiavamo i non molti campioni di bianchi e rosati arrivati quest’anno e piano piano mi si formava un’idea, che però dirò più avanti.
Prima voglio parlare dei bianchi locali, dove vermentino e ansonica sono le uve più gettonate e portano a vini comunque diversi tra loro ma abbastanza schietti. Qualcuno si fa aiutare un po’ troppo dalla tecnica, arrivando a vini centrati ma molto simili a tanti altri, qualche altro di tecnica avrebbe invece bisogno ma questa è la fotografia della Val di Cornia, terra dove si sta cercando ancora un minimo comun denominatore.
Comun denominatore che adesso non c’è anche nei rosati (nei rossi, che dobbiamo assaggiare e di cui parleremo più avanti, forse si) ma proprio su questa tipologia mi è venuta in mente un’idea che potrebbe avere un futuro. La Provenza è sicuramente una zona calda ma da lì arrivano rosati, anche molto/troppo tecnologici, che hanno dato un impronta precisa a questa tipologia.

La Val di Cornia, terra indubbiamente calda e con molte uve rosse potrebbe diventare la Provenza di Toscana, approfittando del proprio parco uve in rosso per far scendere in campo rosati magari molto meno tecnologici rispetto alla Provenza ma con ottimo corpo, buona sapidità e soprattutto con profumi di frutta rossa di alto profilo. Del resto pochi chilometri a nord ci sono grandi cantine che da anni producono, con successo, molto rosato e in Val di Cornia, accanto a rossi sicuramente alcolici e tannici e a bianchi di buon corpo, dei rosati profumati e strutturati potrebbero avere un grande futuro davanti.
Questa cosa l’ho pensata assaggiando i loro rosati, non certo eccezionali ma con grandi possibilità di miglioramento, sia che provengano da sangiovese, syrah o merlot, perché uniscono buoni profumi di frutta ad un corpo e una rotondità interessanti. L’ho pensato anche in prospettiva futura se continuerà questo cambio climatico, per permettere a vitigni come appunto sangiovese, syrah, sangiovese, merlot e anche cabernet sauvignon e cabernet franc di trovare una strada forse meno difficile di quella (ammetto, già tracciata) dove rossi importanti, tannici e alcolici si confrontano in un mercato che premia sempre meno questa tipologia.
A questo punto non resta che passare la parola ai lettori che, davanti ad un rosato della Val di Cornia, potranno dire la loro su questa mia “pensata”.