Concludiamo la nostra carrellata sulle bollicine italiane con il territorio che sicuramente ne incarna l’essenza, che più di ogni altro in Italia si identifica con il metodo classico, la Franciacorta.
Dopo una settimana intera di assaggi di quasi 400 vini al Consorzio del Franciacorta il quadro che ne viene fuori è sicuramente variegato ma la sensazione generale è che la Franciacorta è in un periodo di passaggio, in una terra di mezzo tra i successi degli anni novanta del secolo scorso e della prima decade di questo secolo e il momento in cui il cambiamento climatico ha imposto forti modificazioni, ancor più difficili quando si parla di un territorio piuttosto piccolo ma con ormai centinaia di cantine.
Detto questo vogliamo anche precisare che è molto “di moda” tra gli addetti ai lavori e tra chi beve regolarmente bollicine parlare male della Franciacorta. Magari ci sono anche dei motivi per farlo ma ci piacerebbe che le critiche diventassero propositive e non solo frutto di snobismo o sentito dire fine a se stessi. Questo perché crediamo che la Franciacorta abbia la forza per proporre alcune “innovazioni” importanti, che potrebbero nel tempo cambiare le carte in tavola. La prima riguarda i tempi di permanenza in bottiglia dopo la sboccatura, e la seconda l’utilizzo del vin de reserve.
L’attuazione di tempi obbligatori piuttosto lunghi (diciamo almeno 10 mesi, meglio se 12) dopo la sboccatura permetterebbe ai vini non solo di riprendersi dopo un’operazione traumatica come la sboccatura ma anche di equilibrarsi dal punto di vista gustativo e di sviluppare maggiore complessità aromatica, grazie anche quella che viene chiamata reazione di Maillard.
Ma al di la di questi sviluppi auspicabili abbiamo toccato con mano come bottiglie di Franciacorta “base” scordate in cantina e aperte dopo anni non solo fossero perfette ma avessero sviluppato finezze e complessità inimmaginabili al momento della loro entrata in commercio. Quindi almeno 10-12 mesi di permanenza in cantina dopo la sboccatura per i “base” mentre per quelli che fanno lunghissimi affinamenti prima di essere sboccati forse sarebbe meglio sboccare prima e conservare in cantina per periodi molto, molto più lunghi.

Per quanto riguarda il vin de reserve crediamo che, specie per i non millesimati (ma anche per gli altri…)i cambiamenti climatici lo impongano. Infatti basarsi su una sola annata, con le diversità climatiche attuali, vuol dire quasi giocare alla roulette un solo numero sperando che esca, avendo però moltissime probabilità a svantaggio.
Capiamo che siamo di fronte a due cambiamenti non da poco ma se la Franciacorta vuole continuare ad essere al top crediamo debbano essere presi in considerazione, con adeguati periodi di attuazione, da parte dei produttori e quindi del consorzio.
Ma adesso lasciamo da parte le proposte e andiamo ad analizzare tipologia per tipologia, cercando di cogliere segnali positivi e negativi.
Franciacorta Pas Dosè senza annata e millesimati
Una prima annotazione, che riguarda anche le altre tipologie, è sui colori meno intensi (diciamo sul paglierino scarico) rispetto anche al recente passato. Una caratteristica che non trova corrispondenza nelle altre zone spumantistiche italiane e che può piacere o meno. Venendo ai Pas Dosé dobbiamo ripetere il discorso fatto in passato: ormai, numeri alla mano, è la tipologia di riferimento per i millesimati e sicuramente quella che “stuzzica” di più che beve bollicine metodo classico. E’ però anche quella che nasce senza il paracadute di qualche grammo di zucchero e quindi le uve devono essere perfette o comunque adeguate. Quindi produrre un millesimato è sempre operazione complessa ma produrre addirittura un millesimato e un non millesimato porta quasi sempre a vini a cui non solo manca corpo ma che hanno scompostezze acide, aromaticità non precise. I millesimati si salvano (non tutti) ma tra i non millesimati ricade il peso di questa scelta. Non per niente solo il 46% dei senza annata degustati hanno raggiunto gli 80 punti (che per noi, lo ripetiamo non sono pochi) mentre tra i millesimati arriviamo al 60%. La tipologia in generale avrebbe bisogno di ridimensionarsi un po’ per tornare a quando, 10-15 anni fa, proponeva un filotto di grandi Franciacorta: solo tre Vini Top e solo tra i millesimati, lo stanno a dimostrare.

Franciacorta Extra Brut senza annata e millesimati
Categoria che doveva esplodere dal punto di vista numerico ma che invece, pur crescendo, sembra occupare i posti di rincalzo nel mondo Franciacorta. Anche qui, anche non considerando i Vini Top (solo 1, tra i millesimati) la differenza qualitativa è nettamente a vantaggio dei millesimati anche se i non molti senza annata mostrano pulizia e intensità aromatiche superiori rispetto ai non millesimati pas dosé. Forse sarà merito di qualche grammo di zucchero in più o forse il fatto di non essere molti (la metà precisa rispetto ai pas dosé) fa scattare il vecchio detto “poco ma buono”. Aldilà dei proverbi se prendiamo i millesimati sia questa categoria che dei pas dosé e facciamo una classifica per annate notiamo subito come la 2017 e la 2018 stiano un passo indietro rispetto ad una 2016 o 2019, proponendoci vini che quasi sempre albergano nella parte bassa della nostra degustazione. Quindi un consiglio immediato ai nostri lettori può essere, preferendo vini con scarso e nullo dosaggio, evitare in generale queste due vendemmie.
Franciacorta Brut senza annata e millesimati
Ser i Pas Dosé sono la categoria più in voga e “modaiola” i Brut, specie in non millesimati, sono da sempre la tipologia di “approccio” alla Franciacorta e quest’anno l’approccio è stato molto strano ma indubbiamente positivo. Strano perché per la prima volta da quando assaggiamo Franciacorta i senza annata Brut si sono comportati mediamente meglio dei fratelli millesimati, positivo perché proprio nella categoria più consumata abbiamo trovato vini di buona fattura, con corpi equilibrati e profumi precisi e abbastanza intensi. Questo senza considerare che 3 Vini Top a 1 a vantaggio dei senza annata parla chiaramente da una parte di tipologia che tira e su cui ,magari si investe e dall’altra (tra l’altro i Brut millesimati erano addirittura meno degli Extra Brut millesimati) di un segmento che attira sempre meno. Questo ci dispiace non poco perché se qualche grammo di zucchero e maggiori attenzioni hanno fatto fare un bel salto avanti ai senza annata, tra i millesimati si potrebbe molto di più, ma forse il vento del mercato tira verso vini più asciutti e austeri.

Franciacorta Satén senza annata e millesimati
Anche tra i Saten si assiste ad una stranezza, quasi ad un capovolgimento di fronte a seconda di dove si guardi questa tipologia. Se la prendiamo in esame dal punto di vista della rispondenza alle non certo restrittive regole di produzione (solo uve bianche, pressione più bassa etc) la tipologia non ha un filo logico, passando da vini quasi austeri a prodotti rotondi e morbidi, da un uso dei legni importante a vini che spiccano proprio per questa assenza. Durante gli assaggi ci siamo domandati più volte quale sia la strada che dovrebbero seguire i Satén e sinceramente non l’abbiamo trovata. Poi andiamo a guardare i punteggi e vediamo che, pur essendoci un solo Vino Top, la media punti è molto più alta di altre tipologie, con addirittura i millesimati che arrivano al 76% di vini con più di 80 punti e i senza annata che si piazzano poco lontano, raggiungendo il 69%. Questo vuol dire che i Franciacortini magari non vanno d’accordo su come fare i Satén ma alla fine fanno comunque spumanti di buona piacevolezza e complessità, che non è detto non possano maturare quanto se non di più delle altre tipologie. Last but not least, i Satén hanno dei colori più intensi: non sappiamo cosa voglia dire ma ci sembrava giusto sottolinearlo.
Franciacorta Rosé senza annata e millesimati
Tra i Rosé assistiamo allo stesso “fenomeno” dei Brut e cioè che i senza annata sono mediamente migliori dei millesimati. A questo punto non siamo proprio di fronte ai tre classici indizi che nei gialli fanno una prova, ma un pensiero su come l’annata non eccezionale possa condizionare un Franciacorta millesimato va fatto e forse andrebbe fatto dai produttori, anche prendendo in esame quando abbiamo detto all’inizio. Capiamo che il millesimato porti più soldi e blasone ma in situazioni climatiche difficili che più o meno accadono ogni anno in Franciacorta forse puntare più chiaramente su dei blend di annata (e magari non vergognarsi del grammo di zucchero in più) potrebbe essere la strada più facile da imboccare. Per il resto, sempre perché la Franciacorta è bizzarra come il clima, il miglior vino dei nostri assaggi si trova proprio tra i Rosé millesimati e comunque la loro media qualitativa è oramai allo stesso livello delle altre tipologie. Lo dimostrano il 60% dei Rosé senza annata e il 53% di quelli millesimati che raggiungono almeno i nostri 80 punti.

In conclusione
I franciacorta sono tanti, praticamente da soli hanno tante aziende quanto Alta Langa, Trento Doc e Oltrepò Pavese messi assieme, e quindi è difficile trovare un filo conduttore preciso oppure dire sono migliorati o peggiorati rispetto a un anno o due fa. Di sicuro però la denominazione sta cambiando e lo testimoniano anche i tanti nomi nuovi che hanno prodotto diversi dei Vini Top di quest’anno. Aldilà di questo il clima ballerino sta cambiando di fatto la denominazione e il segnale del miglioramento dei senza annata è importante.
A questo punto non ci resta che darvi appuntamento tra pochissimi giorni alla classifica generale di tutti i nostri metodo classico, con la proclamazione della migliore bollicina dell’anno.