Guida vini. Bianchi Alto Adige: un panorama ampio e vario da seguire con attenzione (Seconda parte)6 min read

Nell’articolo precedente abbiamo accennato al  fatto, magari esagerando, che oramai in Alto Adige non esiste un solo vino con difetti o problemi enologici: sono tutti ben fatti e questo è sicuramente un grande valore, condiviso con non molte regioni italiane.

Ma oggi il consumatore attento vuole qualcosa in più e questo qualcosa ha a che fare con l’identità territoriale. Le MGA che sono in dirittura d’arrivo (da qualche tempo in verità) non sappiamo quanto possano rispondere a questa richiesta ma sicuramente saranno un grosso passo avanti, mentre i SuperAltoAdige, quei vini imponenti, importanti, quasi sempre pieni di legno e programmati per stupire e per un lungo invecchiamento vanno nella direzione opposta, perché mettono in mostra tante cose ma non certo le caratteristiche del terroir in cui nascono. Servono e serviranno per alzare il prezzo dei vini base e per entrare in carte prestigiose ma per quanto riguarda la territorialità fanno molto di più tanti vini base da pochi euro che questi, dal prezzo dieci volte superiore.

Quindi i giovani enologi che stanno subentrando a tanti della vecchia guardia dovranno, magari consultandosi, trovare una strada per un vino altoatesino che, partendo dalle MGA rappresenti una profonda territorialità, anche con qualche “strabismo di venere” cioè particolarità magari spinte dovute all’annata, al clima, al tipo di terreno.

Un altro punto su cui dovranno confrontarsi è il concetto di sostenibilità ambientale, quel green  che in Alto Adige spunta fuori da ogni angolo e che è uno dei più importanti leit motiv del turismo locale. Lasciando un attimo da parte la coltivazione delle mele, dove i trattamenti si contano a decine e parlando di viticoltura, l’Alto Adige è sicuramente una delle regioni italiane dove si fanno più trattamenti e questo è da tempo uno dei punti all’ordine del giorno tra i produttori.

Non è una cosa che si possa risolvere in breve tempo e anche l’utilizzo dei PIWI può servire ma non certo alla totalità del sistema Alto Adige.  Le lavorazioni in biologico (qui, come in qualsiasi altra parte d’Italia)  in alcuni anni rischiano di essere più deleterie dei metodi tradizionali perché il rame non è certo una sostanza positiva per il terreno e i molti passaggi in vigna compattano in maniera importante il terreno. La soluzione non è certo, per l’Alto Adige e per tutta l’Italia dietro l’angolo e proprio per questo servirebbe l’impegno di istituzione come Regioni e Ministero dell’agricoltura per studiare e trovare soluzioni ad un tema che ci tocca tutti.

Come ci tocca tutti il tema della CO2 nell’ambiente che in un’azienda vinicola si produce soprattutto durante l’imbottigliamento. Quindi usare bottiglie più leggere è fondamentale e su questo, per fortuna, in Alto Adige sono avanti. Nei nostri assaggi abbiamo trovato tante bottiglie leggere e per questo vogliamo fare un plauso a tutti i produttori. Ma veniamo ai vini bianchi, che vanno a sommarsi a quelli pubblicati pochi giorni fa.

Gewürztraminer

I Gewürztraminer sono oramai  una certezza di piacevolezza, con però sempre maggiore attenzione alla diminuzione degli zuccheri residui e quindi con sempre maggiori  possibilità di abbinamento cibo-vino. Questo in sintesi il percorso dei GW altotesini, i famosi “vini per gli italiani”. Anche i 2022 non derogano da questa strada, proponendo vini di intensa aromaticità e buona pienezza gustativa, anche, lo sottolineiamo, aldilà dei sempre meno grammi di zucchero residui che servono per ovviare al classico finale amaro del vino. Anche i GW più vocati verso l’invecchiamento hanno queste caratteristiche e ciò dimostra un’evoluzione della categoria in toto.

Pinot Bianco

Da qualche anno il Pinot Bianco altoatesino ci convinceva meno, ma per fortuna i nostri assaggi di quest’anno hanno invertito la tendenza, proponendoci vini d’annata rotondi, di buon corpo e con profumi classici e precisi, nonché Pinot Bianco di annate precedenti finalmente meno appesantiti dal legno , più aperti e dinamici. Un ottimo risultato generale, raggiunto tra l’altro grazie anche ai più fini e nervosi pinot bianco della Val Venosta e della parte bassa della Valle Isarco.  Per noi il Pinot bianco altoatesino è sicuramente quello di riferimento in Italia e gli assaggi di quest’anno ci riportano sui parametri di qualche anno fa.

7 Vini Top e più  del 85% di vini totali con almeno 80 punti stanno a testimoniare un ottimo risultato, che noi speriamo possa essere replicato nei prossimi anni dando a questo vitigno, non molto conosciuto dal grande pubblico, sempre più spazio

Chardonnay

Varietali più netti e aperti, bocche più concentrate e fresche, piacevolezza accentuata: queste sono le caratteristiche degli chardonnay degustati, con quelli dell’ultima annata una spanna sopra ai loro cugini degli scorsi anni. In passato infatti gli chardonnay d’annata erano molto, troppo semplici, mentre nel 2022 hanno più brio e pienezza.  Sinceramente non ce lo aspettavamo e ne siamo rimasti piacevolmente colpiti. Naturalmente ci sono ancora alcuni chardonnay “da invecchiamento” dove il legno copre ogni speranza di evoluzione, ma sono di annate molto precedenti e speriamo che i 2022 che usciranno in futuro avranno una marca minore di legno e la dinamicità che hanno mostrato i campioni entrati in commercio dopo pochi mesi dalla vendemmia.

Uvaggi bianchi

La tendenza oramai acclarata del monovitigno non può che penalizzare gli uvaggi e infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, sembrano quasi nati per caso o forse per eliminare scorte di cantina. Solo pochi hanno un senso compiuto. Però, con il clima sempre più ballerino, gli uvaggi potrebbero essere per l’Alto Adige una strada da seguire con maggiore attenzione per valorizzare, unendole, le singole caratteristiche di uve a cui l’annata non ha permesso di esprimersi al meglio. Un paracadute che potrebbe trovare sempre più motivo di essere.

In definitiva il nostri assaggi altoatesini, quest’anno effettuati nella bellissima sede della IDM Sudtirol di Bolzano e organizzati alla perfezione, hanno mostrato una bella serie di punti a favore e solo qualche problemino su alcune uve.  Nei prossimi articoli parleremo dei rossi, partendo dalle tanto amate Schiava. Come oggi dicono in molti, stay tuned.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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