Guida vini. Bianchi Alto Adige: un panorama ampio e vario da seguire con attenzione6 min read

Con i bianchi altoatesini chiudiamo il capitolo della nostra guida 2023-2024 dedicata ai bianchi. Indubbiamente una chiusura in grande stile (divisa in due corposi articoli, il prossimo uscirà mercoledì) con la regione che forse, ora come ora, incarna “L’immaginario mondo dei vini bianchi” per gli appassionati di vino italiani e non solo.

Ma questa provincia e i suoi produttori sono adesso al centro di forze e situazioni, che possono modificare il futuro di questa bellissima terra.

Il primo esempio che ci viene da fare, sicuramente non sotto gli occhi di tutti, è il cambio generazionale in atto degli enologi in una bella fetta delle cantine più importanti dell’Alto Adige, sia cooperative che private. Nomi importanti, che hanno vissuto l’avvento del vino di qualità in Alto Adige e  segnato la sua crescita negli ultimi 30/35 anni stanno passando il testimone a giovani enologi, formatisi in maniera  diversa e con idee non coincidenti col passato. Questo potrà essere sicuramente un bene ma qualche cantina potrebbe avere momenti di “adeguamento” alle nuove leve, quasi sempre altoatesine: anche questo fatto potrebbe non facilitare al massimo le aperture tecniche verso il resto del mondo enoico, ma chi vivrà vedrà.

Molto più importante è il cambiamento climatico che rende più problematica la situazione viticola. I vigneti che  si stanno piantando  sempre più in alto (per molti versi  anche quelli in basso, purtroppo)  sono sempre più soggetti alle spesso incontrollabili  variabili climatiche di questi anni, sia con tardive nevicate primaverili o, molto peggio, con  violente grandinate da giugno a settembre. Inoltre l’innalzamento dei vigneti porta ad un restringimento della forbice temporale utile per una perfetta vendemmia, con uve mature al punto giusto. Non per niente oramai molte cantine (quelle che se lo possono permettere…), hanno vigneti a varie altezze e fanno vendemmie diversificate per portare in cantina uve con caratteristiche diverse per acidità, corpo, potenza,  aromi,  e solo  poi creare un blend  che armonizzi tutti i fattori. Questo porta a vini indubbiamente buoni ma sempre più spesso poco caratterizzati dal punto di vista del territorio, proprio in un momento in cui le MGA altoatesine sono in dirittura d’arrivo. Veniamo ai vini

Sauvignon

Il vitigno che si può esemplificare meglio questo modo di agire è il sauvignon, che nei nostri assaggi  ci ha dato buoni risultati sia per i 2022 che per i 2021, cioè per i sauvignon giovani che per quelli pensati per un medio-lungo invecchiamento.  Tra i 2022 abbiamo trovato aromi varietali molto riconoscibili anche se diversi dal vegetale o addirittura dalla “pipì di gatto del passato” e in bocca un po’ meno freschezza affiancata però da una superiore ampiezza e soprattutto da un buon equilibrio generale. Sono vini già pronti e molto piacevoli , dove il naso privilegia la frutta matura ma non troppo e la bocca è adatta anche 2-3 annoi di ottima evoluzione. I 2021 invece ci sono piaciuti soprattutto perché puntano più sulla struttura e la potenza ottenuta in vigna e sempre meno sull’ausilio del legno in cantina. Ci sono Sauvignon di spalla larga ma con aromi classici e netti, che potranno dare ottime soddisfazioni nei prossimi 5-8 anni. In definitiva una qualità media molto alta, testimoniata sia dai 5 Vini Top che soprattutto dal fatto che più del 80% dei vini degustati ha raggiunto e superato la soglia degli 80 punti (per noi non sono pochi!)

Riesling

Forse ma i come quest’anno i Riesling altoatesini ci hanno soddisfatto. Oramai la stragrande maggioranza della produzione si trova in Val Venosta e in Valle Isarco, che hanno climi diversi rispetto alla zona a sud di Bolzano. Questo, forse più in Val Venosta che in Valle Isarco vuol dire che si può piantare in zone meno impervie ma ad altitudini comunque adatte al vitigno. Un vitigno che negli ultimi anni sembrava poco espressivo in una gioventù sempre più breve che culminava nello spuntare anticipato dell’idrocarburo che diventava aroma dominante se non unico. Quasi tutti i 2022 e i 2021 degustati quest’anno puntano molto di più sul fruttato/agrumato e pochissimo sull’idrocarburo, dimostrando così una freschezza aromatica superiore al passato. Inoltre l’acidità è sempre ben presente ma con accanto un corpo più sviluppato, anche senza il bisogno di quei pochi grammi di zucchero residuo.  

Gruner Veltliner, Sylvaner, Müller Thurgau, Moscato secco

Questi quattro vini rappresentano, ognuno per motivi diversi “L’incompiuta enoica” dell’Alto Adige: i primi due perché non riescono a prendere piede e oramai, anche nei luoghi di maggior elezione in Valle Isarco, il loro spazio viene sempre più occupato dal Kerner. Il terzo perché oramai i produttori lo vedono come un vitigno senza grande futuro e prospettive, il quarto perché prodotto, anche nei momenti di maggior fulgore in quantità risibili. Quest’anno i migliori risultati li abbiamo avuti dal Sylvaner, che forse si trova più a suo agio se le estati sono più calde, mentre gli altri tre hanno dato buoni vini (oramai nessuno in Alto Adige produce vini con problemi o difetti enologici) ma niente che faccia veramente la differenza. Abbiamo assaggiato pochi campioni, questo e vero, ma la sensazione di base rimane.

Kerner

Non molti i Kerner degustati e l’idea che ancora debba trovare una sua precisa collocazione (sia aromatica che strutturale) è sempre presente: andiamo da vini di grande freschezza con aromi che ricordano i Gewürztraminer a prodotti corposi e potenti con profumi che puntano su leggere gamme floreali. Eppure in questa diversità anche quest’anno abbiamo trovato Kerner di bella pienezza e profondità aromatica e crediamo che oramai si debba solo aspettare che le viti diventino più vecchie per veder crescere, di pari passo, i vini.

Pinot Grigio

Chi ci conosce sa che non amiamo molto i Pinot Grigio in genere e quelli altoatesini non fanno eccezione. Anche quelli del 2022 sono vini semplici, con la sola aspettativa di essere bevuti per poi essere scordati in fretta. Medio corpo nel migliore dei casi, freschezza minima, profondità gustativa non pervenuta e aromaticità… da pinot grigio. Capiamo che quelli assaggiati fanno parte dei vini di consumo immediato ma che in una terra come l’Alto Adige, dove ogni vino ha una sua precisa collocazione e immagine, il pinot grigio stenta a proporsi, anno dopo anno.

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Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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