Guida vini 2022-2023: degustazione bianchi del Friuli Venezia Giulia. Seconda parte5 min read

Girando oramai le principali denominazioni  friulane (Colli Orientali, Collio , Isonzo, senza scordarci il Carso, che purtroppo è spesso sordo ai nostri “richiami”) da molti anni ci siamo accorti di una cosa semplice ma spesso non presa nella dovuta considerazione, in parte per una latente scarsa fiducia in se stessi, in parte  per motivi di mercato. I bianchi “base” (almeno per quanto riguarda Friulano, Sauvignon, Chardonnay, Pinot Grigio e Pinot Bianco)  delle  denominazioni suddette non solo hanno oramai bisogno almeno di un anno di tempo per esprimersi al meglio ma invecchiano benissimo, tanto che oramai non ci meravigliamo più di assaggiare vini nati per essere consumati giovani che a 10-15-20 anni dalla vendemmia hanno sempre freschezza e impensabile complessità. Anche senza arrivare a periodi di invecchiamento di solito riservati ai vini rossi abbiamo oramai perso il conto dei bianchi friulani di 4-5-6 anni molto ma molto meglio di quando sono stati degustati.

Merito del produttore, dei vitigni  ma soprattutto dei terreni. Eppure ci sono stati anni in cui in queste zone si producevano e si portavano ad esempio vini  di grande concentrazione e, a detta dei produttori, iperlongevi. Il tempo invece ha detto un’altra cosa, che  il dato fondamentale per la longevità di un vino è l’equilibrio, quello che spessissimo di trova nei vini “base” e che invece, con difficoltà si riscontra nei cosiddetti “grandi bianchi” che spesso sono solo “grossi bianchi” e tali restano.  Non per niente accanto a tanti vini base, giovani e vecchi, di assoluto valore e grande piacevolezza, abbiamo trovato  quelli che un tempo chiamavano “Superwhites” assolutamente fuori sintonia, chiusi, poco profondi e ancor meno piacevoli. Questo sia assaggiando vecchie annate che soprattutto, venendo ad oggi, testando le ultime uscite di quest “grandi bianchi”, che di solito sono uvaggi e che quest’anno ci hanno molto deluso. Per questo non parleremo degli uvaggi bianchi assaggiati in degustazione bendata.

Vediamo adesso come sono andati gli assaggi dei rimanenti vini bianchi da monovitigno

Malvasia

In un’annata di buona maturità ci aspettavamo belle cose dalle Malvasia e non siamo rimasti delusi. Le gamme aromatica, punto di forza del vitigno, sono ampie e vanno da frutta bianca a fiori di campo, gelsomino, biancospino, addirittura lavanda , senza considerare alcune sentori speziati. Nasi ampi e  complessi, accanto a bocche rotonde, con l’alcol in evidenza ma senza prevaricare e con una buona lunghezza. Magari non dureranno per molti anni ma adesso sono veramente molto centrate. Torniamo così ad una domanda che ci siamo fatti spesso: una regione che ha questo vitigno e con cui produce vini particolati, in qualche caso unici, aveva proprio bisogno non solo  di piantare il traminer aromatico ma di arrivare a superare, con questo, gli ettari di malvasia?

Voto all’annata 2021: 8-

Pinot Bianco

Ogni volta che pensiamo  al  Friuli Venezia Giulia, dove  gli ettari di pinot grigio sono quasi 20 volte superiori  a quelli del pinot bianco, non riusciamo a darci una risposta logica. Certo, guardando la cosa da un punto di vista automobilistico si vendono molte più Cinquecento (comprese “L” e  “Cross”)  che Ferrari, con la differenza che un ettaro di “Ferrari- pinot bianco” costa più o meno quanto uno di  “Cinquecento-Pinot Grigio”. Nel 2021 il Pinot Grigio ha dato ottimi risultati ma se almeno una parte di quei quasi 8000 ettari fossero stati a Pinot Bianco a questo punto staremmo a parlare di consacrazione internazionale per questo vitigno, mentre con meno di 500 ettari possiamo solo dire “cercateli e beveteli!” 

Finezza aromatica con belle note di frutta bianca, equililbrio tra corpo e freschezza, lunghezza gustativa , eleganza generalizzata. Il Pinot Bianco in Friuli è un cielo azzurro al mattino, un soffio di freschezza in una giornata afosa, una frase amichevole, un ristoro dell’anima. Lasciandolo il campo poetico praticamente tutti i vini hanno superato gli 80 punti  e molti di questi sono Vini Top. Che dire di più?

Voto all’annata 2021: 9+

Sauvignon

Annata con ottime maturazioni ha portato a vini con profili più rotondi e grassi, a bocche più piene ma meno puntate sulla freschezza. La maturità ha portato anche a nasi dove spuntano meno note vegetali e più floreali, con sentori fruttati tra melone, pompelmo e pesca in bella evidenza.

Anche per i Sauvignon possiamo parlare di equilibrio , sia aromatico che gustativo: sono infatti  lontane le “sparate” aromatiche di qualche anno fa, i sentori verdi e di minestrone, sostituiti da profumi più centrati e meno invadenti anche se netti e profondi. Dei Sauvignon più riflessivi, più abbordabili da giovani, meno caciaroni e più educati.

Voto all’annata: 8

Altre uve

IL Traminer aromatico è, come sempre, un punto interrogativo: spesso i profumi non sono  neanche parenti del vitigno e comunque i corpi sono leggeri , poco incisivi. Per quanto riguarda i riesling e le altre uve degustate i campioni erano troppo pochi per fare un quadro, anche minimo

In conclusione

Due parole per la zona di Aquileia, che conferma i passi avanti fatti negli ultimi anni. Zona da tenere d’occhio, soprattutto  per chi ama vini eleganti e soavi.

Per mesi viaggiamo con schede aziendali nelle nostre borse e quindi sappiamo bene anche i prezzi a cui vengono venduti i vini. Per questo vi diciamo, e potrete constatarlo in ogni singola scheda pubblicata, che oramai i vini di Collio, Colli Orientali e Isonzo sono tra i bianchi con il miglior rapporto qualità/prezzo d’Italia. A questo ci aggiungiamo che molti vini top hanno prezzi incredibilmente bassi e quindi è l’ora di sfatare la nomea che li vede come vini cari. Non solo non lo sono ma sono molto più convenienti di altre zone dove i bianchi la fanno da padrone.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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