Di Gavi in Gavi tra premi e degustazioni4 min read

“Che Gavi non sia al centro del mondo è da dimostrare” Così ha esordito Roberto Ghio, presidente del Consorzio di Tutela del Gavi, durante Di Gavi in Gavi,  alla consegna del V premio La Buona Italia. Gavi non è al centro del mondo, lo sappiamo, ma gli va riconosciuta la capacità di catalizzare e mettere in rete idee a beneficio del settore. Nel 2018 si è parlato di sostenibilità, nel 2019 di Smart Wine, ovvero innovazione che unisce risorse e qualità.

Si parla tanto di vini prodotti con meno interventi possibili, eppure la verità è che dallo spopolamento delle campagne la meccanizzazione è stata fondamentale per lavorare la vigna, un tempo gestita con una densità di quasi una persona per ettaro. L’unico modo per ovviare a una forza lavoro che, tolte le piccole dimensioni familiari, non esiste più è la tecnologia, che diventa opportunità per riappropriarsi del rapporto anche con  ogni singola vite, dando luogo a interventi mirati, migliorando impatto ambientale e qualità.

Ed ecco che la menzione per lo Smart Wine in Vigna a Guido Berlucchi, per il suo sistema di modulazione concimi e fertilizzanti, sviluppato attraverso 15 anni di mappe di vigore.

Vicina al tema ma diversa menzione per lo Smart Wine Blockchain è andata invece a Placido Volpone. Vittima di contraffazione 3 anni fa, l’azienda oggi utilizza un QR code in etichetta per rendere accessibile la storia della bottiglia, dalla vigna allo scaffale. Il messaggio? “Non abbiamo nulla da nascondere”. Il 50% dei clienti lo utilizza.

Ultima menzione quella dedicata all’accoglienza 3.0 (Smart Wine per l’Accoglienza) assegnata a Marchese Antinori: l’esperienza multisensoriale delle visite in azienda è amplificata attraverso contenuti e tecnologie web pianificate. Un tempo erano le foto della vacanze mostrate agli amici, oggi è la condivisione Social.

Il premio La Buona Italia Smart Wine 2019 è stato invece assegnato a Frescobaldi. Quindici anni fa la storica azienda decide che è il momento di aprirsi a un modo di comunicarsi nuovo, e inizia un percorso che ha raccontato Filippo Marini, direttore Marketing dell’azienda: “Ci siamo chiesti come ci percepivano i consumatori e abbiamo scoperto che avevano una sorta di timore reverenziale. Dovevamo recuperare il contatto con le persone: siamo usciti dal ‘castelletto’ e le abbiamo incontrate per raccontare la nostra storia. Le persone si ricordano le storie non i dati”.

Tra la presentazione di tali realtà e il workshop che ha preceduto la premiazione, La Buona Italia 2019 si è confermata una fucina di idee per il comparto. Sicuramente progetti che oggi solo le spalle larghe dei big possono sostenere, ma che grazie a una tecnologia in sempre più rapido sviluppo, sarà nel giro di pochi anni a disposizione di chi le risorse deve.

Ma tornando all’ambizione tolemaica del Gavi, la Masterclass Gavi & Chablis ne è stata interessante espressione.

“Bere Chablis è come ricevere un bacio in bocca e subito dopo uno schiaffetto”. La definizione di Elise Lemoine, a Gavi in rappresentanza del bianco francese, esaurisce quello che possiamo raccontarvi su questo chardonnay dalla sapidità prorompetente declinato in Petit Chablis, Chablis, Chablis Premier Cru e Chablis Grand Cru. Dei 10 che abbiamo degustato (versus 5 Gavi) ecco i 3 che vogliamo segnalarvi.

Tutti i vini si sono presentati nel bicchiere giallo paglierino intenso e cristallino e sapidi in bocca.

Petit Chablis Domaine Guy Robin 2016: complessità olfattiva trainata dalla pietra focaia, a cui si aggiungono fiori gialli e frutta agrumata. Fresco, equilibrato, persistente.

Chablis

Chablis Premier Cru, Montmains 2016 , Domaine des Malandes. La frutta che qui prevale al naso è quella tropicale, a cui si aggiungono liquirizia dolce e arancia candita. Fresco, sapido, equilibrato e fine, un vino che non dimentichi.

Chablis Grand Cru, Valmur 2015, Domaine Louis Moreau: complesso al naso e in bocca, regala note terziarie di sottobosco, oltre alla pietra focaia percettibile da subito. Fresco, caldo e sapido, unisce ricchezza aromatica e lo ‘schiaffetto’ finale.

Tra i vini francesi dalla personalità indiscussa, due sono i Gavi che si hanno combattutto ad armi (quasi) pari:: Gavi Docg Bruno Broglia 2015 di Broglia, e Gavi Docg Monterotondo 2014, Villa Sparina.

Entrambi giallo paglierino brillante, Bruno Broglia richiama la pietra focaia a cui aggiunge fiori gialli e liquirizia. Sapido, fresco e persistente dalla complessità appagante.

cortese uva

Monterotondo 2014 non ha nulla da invidiare al suo compatriota: liquirizia dolce al naso, frutta a pasta bianca che vira alla piccola pasticceria cremosa. Fresco in bocca, sul finale accarezza con frutta secca e scorza di agrume.

La domanda sul confronto tra i due vini è stata posta alla fine della masterclass, e anche se a rispondere è stata solo una voce, la parte di ‘popolo’ dei professionisti che ho potuto intrerpellare ha confermato l’impossibilità di fare confronti tra i due vini, dalle identità originali che li rende perfetti per momenti diversi. Lo Chablis lo immaginiamo per l’aperitivo sempre e comunque. Gavi ha l’anima del ‘gioco di squadra’, affiancando i sapori della tavola del territorio. Gioco di squadra testimoniato dall’azzardo del confronto col cugino francese pur di portare un momento di alto confronto enologico tra i suoi confini. E questo ci è piaciuto più di tutto.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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