Degustazione Custoza: “Five grapes is megl che one?”2 min read

Qualcuno potrebbe anche pensare che il mio inglese sia del livello espresso nel titolo (oddio…ci siamo vicini) ma questa partenza maccheronic-english vuole solamente mettere in risalto una domanda che è logico porsi andando ad assaggiare Custoza.

E ce la siamo posta soprattutto quest’anno, visto che i vini di questo piccolo territorio confinante con denominazione molto più blasonate hanno ottenuto forse i migliori risultati di sempre.

Credo sia interessante puntualizzare che le denominazioni in bianco che “circondano” Custoza (Lugana, Soave per esempio) sono praticamente monovitigno e se alziamo lo sguardo all’intero stivale le DOC in bianco che puntano sul monovitigno sono preponderanti rispetto a quelle che si propongono storicamente come uvaggi.

La moda del monovitigno bianco, ben portata avanti da intere regioni come Alto Adige, Trentino e Friuli, ha  retrocesso nell’immaginario collettivo gli uvaggi o a vini “di rattoppo” (nel senso di mettere assieme varie scampoli rimasti in cantina) o, all’opposto, a vini importanti e strutturati che hanno bisogno di tanto tempo per crescere e di tanti soldi per essere acquistati.

Per questo una denominazione in cui nascono vini che possono avere fino a nove varietà di uve  diverse (normalmente non si superano le cinque e comunque qui potete consultare il disciplinare di produzione) a prezzi assolutamente concorrenziali è facile venga considerata “cheap” e, al momento dell’acquisto, presa scarsamente in considerazione.

Bisogna anche dire che fino a 3-4 anni fa c’erano anche validi motivi per farlo, dato che la qualità media dei vini non era certo eccelsa; oggi invece la situazione è cambiata, sia tra i Custoza “base” che tra i Superiore.

Un chiaro segnale di cambiamento è anche il fatto che le due cantine sociali del territorio si sono messe finalmente d’accordo per un cambio di disciplinare che porta ad una diminuzione della resa per ettaro: una variazione non certo eclatante ma significativa di una strada intrapresa.

Ma veniamo ai vini: da un punto esclusivamente numerico avere il 50% dei vini con almeno 3 stelle e quasi il 70% attestato come minimo a 2.5 stelle è un bel segnale di tranquillità per il consumatore, specie per quello che  vuole spendere  meno di 8 euro per un bianco di buon livello.

Un bianco “base” che nel 2016 gioca bene le sue carte grazie ad una bella sapidità e ad un equilibrio  invidiabile. Qualche prodotto è ancora esile e scarno al naso, ma la stragrande maggioranza ha belle gamme ,che vanno dal floreale alla frutta bianca.

I Superiore 2015, a parte alcuni “colpiti” da legni troppo invadenti, sono bianchi di tutto rispetto che non hanno niente da invidiare alle migliori denominazioni italiane: complessi, strutturati e armonici, sia da bere subito che da conservare in cantina per diversi anni. Ho detto diversi non a caso, perché l’ennesimo Superiore con più di dieci anni  degustato da amici produttori, mi ha letteralmente lasciato a bocca aperta.

In definitiva, anche nel 2016 Custoza è una denominazione che continua a crescere, con vini dall’eccezionale rapporto qualità-prezzo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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