Degustazione Colli Tortonesi Timorasso 2020: una vera novità in bianco4 min read

I Colli Tortonesi e la futura sottozona Derthona sono un territorio che pare piccolo ma piccolo non è: sette valli, 47 comuni, terreni  con grandi diversità geologiche e  morfologiche. Tanta campagna e, in percentuale, pochissimo vigneto. Eppure tutte queste diversità sembrano, dal punto di vista della comunicazione, azzerarsi di fronte a una parola: Timorasso.

Un vitigno che non è ancora arrivato a 400 ettari di vigna sembra da qualche anno mettere d’accordo “critica e pubblico” e quindi siamo tornati in zona per capire il perché. Per farlo ne abbiamo degustati una bella fetta, da quelli delle aziende storiche ai piccolissimi produttori, per arrivare anche ai vini di chi, dalla “rossa” Langa hanno fiutato l’affare del bianco da invecchiamento ed è arrivato  di corsa.

Il timorasso è uva difficile in campo ma relativamente facile in cantina, quando ci arriva. Infatti in passato era stata praticamente abbandonata perché difficile da coltivare e inoltre non garantiva certe rese importanti. Ma di tutto questo abbiamo parlato qui ,oggi vogliamo concentrarci  sui perché di un successo, spiegandolo “bicchiere in mano”.

Che sia un bianco che possa invecchiare bene lo dimostra il fatto che adesso l’annata in commercio è la 2020 e che diversi produttori hanno presentato vini, appena entrati ni commercio, anche del 2019.  Questa è sicuramente una discriminante importante, perché di denominazioni che, adesso, mettono in commercio ufficialmente il 2020 non è certo pieno il modo del vino italiano.

Uva timorasso (foto La Colombera)

Nei nostri assaggi, che troverete nella sezione Club Winesurf, avrete di fronte tanti ottimi vini, alcuni veramente di alto profilo, ma quello che volevamo capire era quali fossero le caratteristiche  di questo bianco che lo rendono particolare e così “di moda”.

Alla fine ci siamo arrivati e si va oltre il concetto di qualità, arrivando a evidenziare una vera e propria novità tra i bianchi italiani.

Molti dei vini degustati spiccavano per aromi che andavano oltre il semplice  “fruttato”. C’era anche la frutta, certo, rappresentata da pesca, albicocca e anche agrumi, ma molto era giocato su sentori minerali e di erbe officinali, con, mano a mano che i vini maturano, un prevalere di note di idrocarburo. Questo, se vogliamo lo troviamo anche in altri vitigni, tipo il riesling, ma con profumi del genere ti aspetteresti vini austeri, verticali al palato, magari vibranti ma  tesi  e invece  il Timorasso (2020, ma anche in generale) ti sorprende con una bocca sapida ma grassa, reattiva ma armonica, fresca ma corposa.

Potemmo dire, semplificando che il Timorasso è un vino che ha aromi “verticali” e bocca “rotonda”, che unisce austerità aromatica a grassezza/freschezza gustativa. Queste sue caratteristiche, in un mondo di bianchi italiani che puntano spesso  solo su una delle due caratteristiche, fanno di questo vino/vitigno  una mosca bianca.

Attenzione, non è un vino che gestisce in cantina  un compromesso tra componente aromatica e corpo, ma un bianco che, nelle migliori espressioni, ha queste caratteristiche perfettamente fuse assieme  e proprio in questo sta la sua unicità, che sicuramente sarà sempre più apprezzata.

I nostri assaggi lo dimostrano, con un numero incredibile di vini (rispetto a quanti ne abbiamo assaggiati) che raggiungono punteggi elevati e tra questi ben 6/7 tra i vini top. Una situazione che ci piacerebbe  molto si fosse ripetuta in altre denominazioni italiane.

Abbiamo degustato i vini delle seguenti cantine, riportate in ordine alfabetico.

Battegazzore, Boveri Luigi, Broglia, Cantina di Tortona, Cantine Volpi, Cascina Salicetti, Colonna, Ezio Poggio, Giacomo Borgogno, Giovani Daglio, I Carpini, La Colombera, La Vecchia Posta, Luca Canevaro, Mandirola, Oltretorrente, Paolo Poggio, Terre di Sarizzola, Vigneti Boveri Giacomo, Vigneti Repetto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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