Degustazione Barbera d’alba: quattro annate molto diverse3 min read

Le molte Barbera d’Alba degustate, suddivise tra quattro annate,  ci hanno confermato che se c’è un vitigno che “sente” molto l’annata è proprio la barbera. Questo pur all’interno di una serie di vendemmie certamente calde, anche se in maniera diversa.

2020

Le 2020 degustate, tutte facenti parte delle Barbera “base” cioè non passate in legno e giocate molto sull’intensità del frutto e sulla freschezza non ci hanno convinto in pieno proprio per una rotondità ricercata e assecondata dall’annata. Forse il mercato non vuole più barbera di notevole freschezza e dei produttori di Langa attenti a questo cercano da tempo di smussare gli spigoli al vitigno. Quando però ci si mettono in due (produttori e clima) il risultato è forse sotto le aspettative.

2019

Come sotto le aspettative è il risultato delle Barbera 2019 e questo è l’unico caso, secondo noi, dove la mano dell’uomo è andata oltre il “dettato” dell’annata. La vendemmia è stata indubbiamente di livello alto e forse si è pensato che le barbera avessero bisogno di qualcosa in più, in cantina, per esprimere al meglio le belle caratteristiche che madre natura le aveva già donato. Quindi una maggiore estrazione, un uso del legno più importante, in poche parole la barbera è stata trattata (quasi) come un nebbiolo ma questo ha portato a un appesantimento generale dei vini, a un alcolicità importante, molto spesso preminente, che invece andava in qualche modo trattenuta (magari vendemmiando qualche giorno prima, privilegiando l’acidità) invece che esaltarla.

I risultati parlano di vini sicuramente importanti ma, per adesso, un po’ bloccati al palato e ancora inespressi al naso, a parte la suddetta componente alcolica. Vini  adatti per mercati che amano l’importanza, la pienezza e la potenza, e che avranno bisogno di diversi anni per divenire più equilibrati e malleabili.

2018

Le 2018 sono state degustate dopo le 2019 e quindi pensavamo, almeno ricordando l’annata, ad un risultato in scala ancor più ridotta. Inoltre ci ricordavamo di quanto scritto due anni fa sulle 2018 giovani. Invece ci siamo trovati di fronte a delle buonissime espressioni, a vini più equilibrati, freschi eleganti. Riflettendoci sopra crediamo che molto della bella riuscita dipenda dall’annata precedente, la torrida 2017. Questo per due ordini di fattori, il primo puramente viticolo, con le piante che ancora non si erano riprese dagli stress del 2017 e quindi hanno prodotto “meno intensamente”, il secondo essenzialmente tecnico, con i produttori che, vista l’annata precedente, hanno cercato di non esasperare  i prodotto, sia in vigna che in cantina, arrivando così a produrre, come si dice oggi, in sottrazione. Erano anni che non trovavamo in Barbera importanti un uso del legno così equilibrato , una freschezza ed un’alcolicità ben fusa (anche se non certo bassa). I risultati sono stati veramente buoni e quindi consigliamo, senza se e senza ma, le Barbera d’Alba 2018 a tutti, appassionati o meno del vitigno.

2017

Le 2017 degustate pur non dando grandi risultati ci hanno fatto capire quanto sia difficile lavorare un vitigno del genere in annate molto calde. Non abbiamo trovato grandi vini ma abbiamo apprezzato la volontà di contenere, di smussare, pur dovendo far esprimere il vitigno. L’idea generale comunque è che già adesso alcuni vini iniziano, piano a piano a solcare la strada verso la discesa, perché le Barbera d’Alba 2017 (della stessa tipologia “Importante”) degustate 2 anni fa erano molto più fresche e dinamiche. Anche i nasi, in qualche caso, mostrano una  maturità che non fa pensare a lunghi invecchiamenti.

Il quadro finale è quindi positivo ma con una serie di distinguo che alla fine riguardano il modo di approcciarsi a vendemmie sempre più diverse e difficili, soprattutto quando hanno squilibri durante il periodo di maturazione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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