Degustazione Alta Langa: un buon presente con molto futuro4 min read

Per la prima volta quest’anno abbiamo inserito nei nostri assaggi di metodo classico gli Alta Langa. Era un atto doveroso per una denominazione di cui si parla molto ma che non è ancora fisicamente “sulla bocca di tutti”, visto che con l’annata 2021 sono arrivati appena  tre milioni di bottiglie, equivalenti a una medio-piccola maison di Champagne.

Ma vediamo di conoscere meglio il disciplinare: Intanto gli Alta langa non sono proprio così “alti” visto che possono essere prodotti al di sopra dei 250 metri in terreni collinari delle province di Alessandria, Asti e Cuneo. Quindi un territorio piuttosto vasto, anche se ad alcuni innamorati della Langa piace identificarlo con quella terra e le alte colline che la guardano da sud. In realtà l’idea partì non in Langa o non solo in Langa nel 2001 e non certo da piccoli produttori langaroli: tra alti e bassi, ha decollato decisamente solo negli ultimi 7-8 anni.

Sono naturalmente dei metodo classico e le uve che si possono usare sono chardonnay e pinot nero: una caratteristica interessante della denominazione è che i poco meno di 400 ettari (377 per la precisione, ma in continua crescita) vitati sono piantati per 2/3 a pinot nero. Altra caratteristica importante riguarda il fatto che devono essere tutti millesimati e  l’affinamento deve prolungarsi almeno per 30 mesi. Ultimo dato e poi passiamo ai vini: ci sono più di 50 aziende che fanno parte del consorzio. Consorzio che ci ha ospitato e organizzato la degustazione ed è quindi  doveroso ringraziare.

Se le aziende consorziate sono una cinquantina i 62 Alta langa da noi degustati sono sicuramente un campione molto rappresentativo della denominazione, anche e soprattutto perché spalmati su oltre un decennio.

Ho scritto “anche e soprattutto” perché una delle caratteristiche degli Alta Langa è che mostrano tutti un’accentuata giovinezza. Giovinezza è un termine positivo ma nei metodo classico si traduce spesso e volentieri in mancanza di profondità e complessità . I 30 mesi da disciplinare sono quindi molto pochi, specie se oltre alla giovinezza del vino ci metti la giovane età di tanti vigneti.

Credo sia per questo motivo che i vini che ci sono piaciuti di più siano di annate piuttosto “vecchie” come la 2011 la 2014, vini tra l’altro non dosati, a dimostrazione che la vigna di una certa età e il tempo in bottiglia sono due caratteristiche che solo il tempo potrà dare.

Non per niente ci siamo trovati abbastanza spesso di fronte a vini ben fatti, equilibrati, freschi ma che ancora non riuscivano ad esprimersi appieno, oppure mancavano di quella spinta al palato che solo vigneti e vini di una certa età possono apportare. Accanto a vigne non certo mature c’è forse anche la mano del produttore che ancora non se la sente di “spingere”, di creare cuvée importanti. Magari queste cuvée sono adesso nelle cantine di molti, ma ancora non sono in commercio, magari alcune sono in commercio ma talmente “acerbe” da non riuscire ad esprimersi. Un altro dato importante è che avendo 2/3 dei vigneti a pinot nero molti vini sono a base di un vitigno che normalmente ha bisogno di tempi lunghi per mostrarsi al meglio: così si spiegano diversi vini austeri ma ancora inespressi e spigolosi in bocca e con aromi piuttosto semplici ancorchè netti al naso.

Insomma, quasi tutta la degustazione ci ha presentato vini ben fatti ma adesso non molto complessi e che sicuramente non potranno che migliorare con più anni di vigna, di cantina e di bottiglia. Il fatto che molti dei produttori iscritti al consorzio siano famosi per altri vini e non abbiano bisogno dell’Alta Langa per vendere non può che essere un fattore importante per la crescita della denominazione, basta non avere fretta e dare a queste cuvée il tempo di maturazione che meritano.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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