Da AAWE dati interessanti su come è cambiato il Vigneto Italia2 min read

I dati che l’AAWE (American Association of Wine Economists) ha fornito e che potretre trovare sia in alto che qua sotto, anche se forse rappresentano una forbice di tempo troppo ampia, non sono suddivisi per regioni e non presentano le variazioni decennio per decennio valgono comunque la nostra attenzione per una lunga serie di motivi che potrebbero essere riassunti in una semplice domanda “Dove sta andando il vigneto italia?”

Infatti se certe cose ce le potevamo aspettare, tipo il crollo del trebbiano toscano e del catarratto e l’excalation della glera e del pinot grigio, altre cose ci hanno stupito non poco.

Prima fra tutte la diminuzione di quasi 19.000 ettari di Sangiovese, in un arco di tempo in cui questo vitigno è stato osannato da tutti i produttori (di sangiovese e non solo) e considerato quello su cui puntare in futuro. Peggio del sangiovese però stanno in parecchi, tipo la barbera che è passata da 47.000 a 15.000 ettari: una vera ecatombe enoica!

Se andiamo a guardare bene quasi tutti i vitigni considerati autoctoni hanno visto ridimensionare i loro spazi: dal negroamaro che è diventato un terzo di quello che era nel 1990, al primitivo che ha perso alcune migliaia di ettari, alla garganega che si è dimezzata, all’aglianico con circa 4000 ettari in meno, per non parlare della malvasia che sembra seguire il trend negativo del “fratellino” (almeno in Toscana) trebbiano.

Barbera

Naturalmente si può archiviare il tutto come un normale riallineamento del vitigno Italia al mercato moderno,  però tanti discorsi sull’autoctono “über alles” si sciolgono come gelati in mano ai bambini.

L’unico che cresce è il nebbiolo, che comunque, oltre a mostrare uno sviluppo abbastanza ristretto, è stato comunque superato dal Syrah che praticamente non esisteva nel 1990.

Se andiamo a guardare i vitigni che sono cresciuti molto, glera a parte, sono tutti alloctoni: pinot grigio, chardonnay, cabernet sauvignon, e syrah. Questo, per l’autoctonia del vigneto Italia può essere vist come un segnale preoccupante. Per chi invece crede che la storia abbia sempre avuto vinti e vincitori questi cambiamenti sono frutto di una normale evoluzione storica.

Ognuno può pensarla come vuole ma conviene comunque leggerli e perdere un po’ di tempo per, visti i tempi che corrono, rifletterci sopra.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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