Clos des Lambrays, ovvero il risveglio della Bella Addormentata. Seconda parte6 min read

I lieux-dits del Clos des Lambrays

Morey-St. Denis è il sito dei Clos borgognoni per eccellenza: nessun altro comune della Borgogna ne possiede altrettanti  insigniti dello status di grand cru. Sulla “montagne” di Morey, sie ne trovano infatti  ben  quattro Clos: naturalmente  il Clos des Lambrays (270-320 m) è situato tra il Clos de Tart (269-302 m.), in direzione di Chambolle-Musigny,  e il Clos St. Denis, sul lato opposto, verso Gevrey-Chambertin. Il Clos de la Roche, il più esteso, con i suoi  quasi 17 ettari, si trova più avanti, al confine con i  Monts Luisants, di cui ha inglobato un ricca porzione . Il vicino   Clos de Tart, col quale confina, é costituito da un solo lieu-dit, che ha il suo stesso nome, risultante in gran parte dall’antico lieu-dit La Forge, e da un pezzettino di Bonnes Mares. Diversamente da esso, il Clos des Lambrays si articola invece in tre lieux-dits differenti.

Il più esteso è quello centrale, Les Larrets o Larray o Clos des Lambrays (5 ha. 71 a. 87 ca.), che Lavalle indicava come première cuvée: con la migliore esposizione al sole, più inclinata verso est , ha suolo prevalentemente marnoso nella parte più alta e argilloso-calcarea più in basso , simile a quello del Clos de Tart, ed è quello che, non solo per  la diversa grandezza, contribuisce maggiormente al blend finale, al quale apporta  la notevole razza e una maggiore freschezza.

Nella porzione più alta e settentrionale del Clos è situato il lieu-dit Les Bouchots (poco meno di 2 ettari). Situato vicino ad una piccola combe, che ne raffresca il microclima,  le sue uve maturano più tardivamente, e di fatti vengono raccolte per ultime. Les Bouchots aggiunge complessità e una maggiore finezza all’insieme. Infine, in basso,  è Meix-Rentier, la porzione più piccola (poco più di un ettaro).Qui il suolo è più argilloso, e il suo contributo consiste nel corpo, nel frutto e nella componente più  speziata.

Le vigne e la vinificazione

Nel complesso le vigne  del Clos des Lambrays, rispetto a quelle dei climats  della zona,  insistono su suoli più pietrosi, ricchi di ossidi di ferro, soprattutto nella porzione più alta, ciò che contribuisce ad una maggiore freschezza e a un frutto meno scuro di quello del Clos de Tart, oltre a una spiccata mineralità . A rendere più visibile questa  peculiarità contribuisce forse  anche il fatto che, per scelta,  a Lambrays la vendemmia avviene di solito più precocemente che negli altri Clos, in modo da evitare le surmaturazioni.

Gli impianti sono ad alta densità (10-12.000 ceppi/ha.). Nella parte più alta, per contrastare meglio l’erosione, e favorire una migliore ventilazione,  i filari sono disposti , in modo poco comune, perpendicolarmente e non nel senso della pendenza, ciò che rende più difficile il lavoro meccanico. Anche se non rivendicata, la  conduzione è la più biologica possibile (dal 1999 non si fa uso di erbicidi né insetticidi o funghicidi). Tutte le viti hanno ormai più di 30 anni , ma alcune sono molto più vecchie, e, di anno in anno, le differenze tra le vendemmie diventano sempre più visibili.

Con un dislivello di 60 metri e una pendenza del 20% , il Clos offre un campionario straordinario di molti suoli differenti: più sottile e calcareo in alto, diventa poi progressivamente più argilloso. Le uve delle diverse porzioni del Clos sono perciò vinificate separatamente. Dopo un  triage severissimo, le uve, non diraspate  (Brouin è un fautore della vinificazione a grappolo intero, almeno per il grand cru) sono caricate per gravità in cuves di acciaio termoregolate. La cuvaison è relativamente breve  e le estrazioni  non troppo spinte: la macerazione dura due settimane con pigeage e rimontaggi. Subito dopo il vino viene riversato  in pièces borgognone di legno nuovo nella misura del 50%, nelle quali effettuerà l’affinamento per circa 18 mesi. I fusti provengono interamente dal tonnelier  François Frère, che, ricorda Brouin, in un momento molto difficile per il Domaine, quello della transizione dalla proprietà Saier a quella dei Freund, non esitò a fornirli senza essere stato pagato. Ogni anno vengono prodotte, secondo la vendemmia, da 5 a 8 cuvées differenti, in modo da poter creare un Clos des Lambrays che sommi tutte le sue differenze di esposizioni, altitudini, suoli, età delle vigne.

Il  blend che darà origine al grand vin viene scelto sulla base di numerosi assaggi , allo scopo di ottenere sempre la migliore qualità. La sua composizione  varia naturalmente di anno in anno, ma  sono le uve del lieu-dit Larrets a concorrervi per la parte maggiore, anche per la loro superiore costanza qualitativa.

Solo il blend prescelto costituisce  il grand vin, l’unico a fregiarsi del nome di Clos des Lambrays, mentre la restante parte viene declassata.

Il Domaine produce anche un Premier Cru, denominato Morey-St. Denis Les Loups, così come anticamente venivano chiamati gli abitanti di Morey-St. Denis,  “i lupi”, prodotto con le uve delle vigne più giovani del Clos des Lambrays e con quelle del vicino Clos Sorbé, un Morey-St. Denis village e, da poco, almeno a mia conoscenza, anche un   Bourgogne  rosé, denominato La Rose du Clos.

Oltre al Clos, il Domaine des Lambrays possiede  due piccole porzioni di vigna nella Côte-de-Beaune ,  acquistate alcuni anni fa dal Domaine Chartron nel comune di Puligny-Montrachet, nei climats Les Folatières e Caillerets, entrambi  Premier Cru, dalle quali produce due vini bianchi  molto puri ed eleganti.

 

Altre annate del Clos des Lambrays grand cru

Il vino  migliore  della proprietà da me assaggiato, dopo quello del 2010, è senza dubbio quello della vendemmia precedente, la 2009. Ricco e concentrato, dotato di  una tessitura tannica finissima,  con un bouquet complesso, nel quale , alle note caratteristiche di piccoli frutti si aggiungono quelle di un lieve fumé. Ha profondità e notevole persistenza, ancora con un grande potenziale . La grandinata di maggio  ha fatto sì che, pur in una grande annata, complessivamente tra le più favorevoli , dopo quella del 2005, in Borgogna, la resa sia stata contenuta in 32 hl./ha.  Al Clos la vendemmia, quell’anno, fu  effettuata piuttosto precocemente, come al solito,  a partire dal 12 settembre, e le uve vinificate, come preferisce Brouhin, à grappe entière  al 100% .

Durante la visita del 2014 assaggiammo in anteprima  il vino della vendemmia 2011, ancora in fusto, ma già assemblato e parzialmente imbottigliato: meno ricco e concentrato del vino del 2009, é molto elegante e seduttivo , di grande equilibrio e delicatamente minerale. Dopo un paio di anni appare completamente assestato e con un buon potenziale di ulteriore miglioramento.

Una bella sorpresa è stata, nel corso del tempo, l’evoluzione avuta  dal  vino dell’annata 2006, forse anche un po’ sottostimata per aver seguito quella eccezionale del 2005, ma che ho apprezzato sempre di più ad ogni riassaggio. Più leggero e meno concentrato, all’olfatto è complesso e floreale, accompagnato da note terrose e di spezie. Piacevolmente sapido e con una bella chiusura.

La cantina e il giardino

Il  Clos ha  due cantine. La più grande, dove sono i vini nei fusti,   é anche la più recente, risalendo al XVII secolo. In fondo è l”enoteca” del Domaine, con un vero tesoro di vecchi millesimi, molti dei quali antichissimi e ormai introvabili.

La “piccola” , come viene  talvolta denominata, è invece del secolo precedente. L’ingresso fu  murato durante la seconda guerra mondiale per proteggere il vino dalle requisizioni delle forze di occupazione e la porta di accesso è stata riaperta solo più recentemente. Intorno alla splendida residenza, anch’essa seicentesca (fu costruita intorno al 1630), ben visibile  dietro una grande cancellata, vi è un ampio parco di mezzo ettaro, che i proprietari hanno preferito conservare, rinunciando a diverse   centinaia di preziose bottiglie che avrebbero potuto ricavarne, visto che rientra in una porzione classificata come Premier cru.

Il nuovo régisseur, Champy, che, quando era al Domain Latour, è stato Presidente dell’associazione “Paysage du Corton”, con l’obiettivo di lavorare sul paesaggio, ricostruendo mura, muretti, cabottes e piantando alberi e reintroducendo alveari, si troverà certo a suo agio in un simile ambiente.

 

 

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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