Chianti Classico Collection: 2017 da aspettare, 2016 Riserva di alto livello, Gran Selezione…3 min read

La Chianti Classico Collection si apre con una sorpresa! Non per tutti, solo per noi di Winesurf che riceviamo la richiesta da un’agguerrita sommelier, studentessa ad Alma,  di poter fare uno stage giornalistico presso di noi. Forse il nostro modo di fare giornalismo non è proprio da buttar via.

Ma veniamo alla statuaria Leopolda, ai suoi spazi vivibilissimi,  al quel lunghissimo tavolo da “vino –bowling” su cui si susseguono centinaia di bottiglie di Chianti Classico, ai sommelier che riescono a renderti facile ogni cosa. Per non parlare dell’altrettanto gigantesco spazio riservato ai tavoli dei produttori, in questi giorni preso d’assalto da torme di appassionati. Insomma la Stazione Leopolda, grazie a tutti questi fattori, è certamente un luogo perfetto per degustare il vino.

E noi cosa abbiamo degustato? Non moltissimo, ma in maniera mirata: del resto non credo ci sia stato un solo collega che sia riuscito a degustare tutti i vini presenti! Si parla di più di 700 etichette, tutte del territorio del Chianti Classico, denominazione che lo scenario della Leopolda riesce a mostrare in tutta la sua reale importanza.

Ma torniamo ai vini: come sempre abbiamo assaggiato le nuove annate in commercio, quindi Annata 2017 e Riserva e Gran Selezione 2016. Naturalmente solo vini imbottigliati e come sempre non parleremo dei singoli (troppo presto per valutare in maniera definitiva un vino) ma dell’annate/tipologie in generale.

Partiamo dal Chianti Classico 2017: annata non certo facile e potremmo definirla “double face” iniziata con piogge e grandine e conclusasi con una siccità storica che ha portato a rese molto più basse del normale e quindi a uve dove  la maturazione non è stata non certo facile e progressiva, sostituita in qualche caso dall’appassimento in pianta.

Da una vendemmia così difficile non ci potevamo aspettare miracoli ma sicuramente i nostri assaggi possono essere iscritti nel registro del “Mi aspettavo di peggio”. Intanto i Chianti Classico non hanno eccessi di alcol, anche se per definire i nasi è sicuramente presto.

In bocca la concentrazione ha portato a vini dove adesso acidità e tannini (ruvidini ma ci può stare) si confrontano senza cedere il passo. Vini certamente di buona polpa, ma ci vorrà del tempo per armonizzarli anche se siamo sicuri che ciò avverrà. Quindi vi consigliamo sin da ora di scordarvi in cantina i vostri acquisti del 2017 e riprenderli in mano tra almeno 3-4 anni. Noi li riprenderemo in mano molto prima, a settembre, per i nostri assaggi e allora faremo nomi e cognomi e daremo voti.

Per Giovanni Manetti, presidente del Consorzio Chianti Classico,  il 2016 è “Una delle migliori annate degli ultimi 20 anni”. Anche se i 2016 annata non ci hanno confermato questa visione, le Riserva 2016 ci sono sembrate veramente di alto livello: lasciamo ancora una volta da parte la componente olfattiva,  in via iniziale di espressione, per puntare sulla concreta fermezza di questi vini. Bocche ampie e vini ben decisi, con tannicità spesso imponente, reattiva ma non ruvida, tanto da mostrare in qualche caso una gustosa e non certo penalizzante per il futuro, prontezza. Colpisce  la trama tannica imponente e ferma, presente ma setosa , sempre molto ben integrata ad un’acidità equilibrata ma non doma. In molti casi (finalmente) ammirevole l’uso del legno.

Se per le riserva si può parlare di una media molto soddisfacente, lo stesso non si può dire per la Gran Selezione il vino di punta della denominazione. Poche le Gran Selezione  targate 2016 in assaggio , ma sufficienti a dare l’idea di un comparto dove le declinazioni stilistiche sono ancora troppe. A parte alcune punte qualitative importanti, il gruppo soffre di troppa pressione del legno sul frutto, sia al naso che al palato. Forse, verrà digerito nel tempo, ma la nostra esperienza ci insegna che non esistono garanzie a proposito. Appare comunque evidente la volontà di orientare la vendita di questo vino su segmenti di mercato dal gusto più “internazionale”.

La Leopolda si lascia sempre a malincuore, ma dobbiamo farlo perché ci aspetta San Gimignano dalle belle torri.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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