Bianchi trentini: una buona qualità media ma viene da porsi qualche domanda4 min read

Iniziamo con una notiziola quasi da calendario di Frate Indovino: sapete a quanti metri  si trova  il vigneto più in alto in Trentino? 1044 metri ed è stato piantato con un vitigno piwi, il solaris. Questo però non fa del Trentino una regione con i vigneti ad altezze importanti, visto che solo il Müller Thurgau ha la stragrande maggioranza delle vigne (il 79%) oltre i 500 metri, mentre la media provinciale dei vigneti sopra a quella quota, per le uve bianche, non arriva al 18% (17.1%).

Del resto a guardare i dati delle uve piantate, dove le  bianche arrivano quasi al 75% (quarant’anni fa erano appena al 20%) ci si accorge che la stragrande maggioranza (per l’appunto proprio il 75% ) di quel 75% si divide quasi equamente tra Pinot Grigio e Chardonnay che “occupano” il 56% dell’intero territorio vitato, dando vita da una parte al fenomeno sempre in crescita del metodo classico Trento Doc (di cui parleremo più avanti) e dall’altra a una bella fetta di viticoltura trentina non certo di altissimo livello qualitativo.

Ma la qualità, tra i bianchi come tra i rossi e naturalmente tra le bollicine, in Trentino c’è e anche quest’anno i nostri assaggi, effettuati grazie al Consorzio dei Vini Trentini, l’hanno dimostrato ampiamente.

Andiamo a vederla per vitigni, lasciando un attimo da parte i Pinot Grigio e gli Chardonnay, che comunque mai come quest’anno hanno presentato vini aromaticamente ineccepibili, di buon corpo e equilibrio, segnale indubbiamente positivo per il territorio.

La terza uva bianca trentina per estensione, con il 9.1%  è il  Müller Thurgau. Se si guardano i dati in dieci anni i vigneti sono rimasti più o meno gli stessi e questo è un segnale che il mercato ha raggiunto una certa stabilità ma non tende certo a crescere.  Anche scelte strane, come quella di una grande cantina cooperativa che ha deciso di non produrre più  il Müller Thurgau forse più famoso del territorio, non sono certo segnali verso una crescita qualitativa. Ma il Müller ha oramai un bel numero di aziende che credono nel vitigno e ogni anno lo dimostrano. La cosa che ci ha colpito di più quest’anno è stata la ricerca di un Müller che possa durare nel tempo, che possa rimanere aromaticamente intatto per almeno 3-4 anni, mantenendo freschezza e soprattutto un buon corpo. Quindi accanto ai vini d’annata il futuro di questo vitigno sta prendendo la strada di una moderata ma sicura evoluzione temporale, svincolandolo così dall’essere un “vino di moda” per diventare definitivamente un punto fermo del Trentino viticolo.

Trentino, Valle dei laghi

La quarta uva bianca trentina, per estensione (4.1%), è il Traminer Aromatico. Se possibile cerchiamo di non chiamarlo “alla tedesca” anche perché quelli trentini si differenziano abbastanza dagli altoatesini per una minore presenza di zuccheri residui, che rendono il vino molto più adatto ad un consumo a tavola e non solo come “aperitivo alla moda”. In questo bisogna ammettere che i trentini hanno battuto sul tempo i “cugini a nord”, che solo da qualche anno stanno incominciando a rendere sensibilmente meno dolci e pesanti i loro (peraltro ottimi) Gewürztraminer. I 2021 degustati confermano questa tendenza e si presentano con nasi netti e potenti e bocche anche di una certa freschezza.

Per quanto riguarda le altre uve bianche (sauvignon, riesling, moscato giallo, pinot bianco incrocio manzoni, nosiola e i vari piwi) non possiamo sicuramente esultare per i risultati, in linea con le annate precedenti, ma dobbiamo porci delle domande che forse rimarranno senza risposta.

Trentino, Val di Cembra

Per esempio perché non puntare su un vitigno come il Pinot Bianco, che ha grande successo in Alto Adige e porta a grandissimi risultati in Collio e Colli Orientali, oppure perché continuare a produrre Nosiola di una semplicità disarmante e a cui, almeno quest’anno, manca pure la classica freschezza. Non sarebbe meglio indirizzare la poca produzione su forme diverse di vinificazione, magari in anfora o, dare seriamente spazio, con comunicazione adeguata a quel grande vino passito che è il Vino Santo Trentino?

Prossimamente parleremo dei rossi trentini (Teroldego e non solo: quest’anno ci sarà una novità) e poi sarà la volta del vino trentino sicuramente più in crescita, il Trento Doc.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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