Assaggi Chianti Classico 2020, Riserva e Gran Selezione 2019: bene ma “bere più vecchio” è basilare7 min read

Non sarà un articolo facile e neppure breve, anche perché il territorio del Chianti Classico merita, come dimostra l’enorme e approfondito lavoro di Alessandro Masnaghetti e Paolo De Cristofaro,  un articolo che provi a tratteggiare non solo le ultime annate entrate in commercio (2020 annata, 2019 Riserva, 2019 Gran Selezione) ma come si sta sviluppando questo importante territorio.

Partiamo da qualche numero: 225 vini degustati. 92 Chianti Classico annata (32 di annate precedenti) , 78 Chianti Classico Riserva (32 di annate precedenti) e 55 Chianti Classico Gran Selezione (30  di annate precedenti). Ben 22 Vini Top (9.7%) e 17 che hanno “sfiorato” il nostro riconoscimento. Sul fronte opposto 66 vini (29.3%)con punteggi medio bassi. Provate a digerire questi dati mentre andiamo avanti.

Chianti Classico 2020

Dovendo fare un telegramma diremmo “Buona annata ma 2019 nettamente migliore”. Questo può sembrare scontato ma è solo la fotografia reale di una vendemmia non certo “gloriosa” come la 2019, ma che sicuramente ha dato buone soddisfazioni.

La potremmo definire calda ma questo non vuol dire che le aziende in zone alte abbiamo per questo , sempre e comunque, avuto i risultati migliori. Riflettendoci un momento possiamo azzardare una spiegazione: se le zone alte hanno comunque esposizioni a sud il caldo e la siccità colpiscono comunque, mentre vigneti più bassi e magari  con maggiori possibilità di raccolta idrica e di mantenimento di umidità del suolo (in alto c’è più roccia, in basso più argilla, se volessimo fare un sunto a braccio) possono rispondere bene e in qualche caso meglio.

Questo è un dato interessante su cui soffermarsi e cioè che il Chianti Classico, un vino oggi a stragrande maggioranza o 100% sangiovese, trovi in questo territorio collinare, con mille esposizioni, tanti tipi di terreno  e anche molti  boschi, freschezze e profondità per niente scontate anche a quote più basse. Per questo è importante il lavoro del Masna e di Paolo, per far comprendere come un vino storico possa declinarsi al meglio in terreni, altitudini, microclimi diversi.

Ho parlato non a caso di “vino storico” e non di  vitigno perché secondo me è il momento che la rincorsa al monovitigno (alias sangiovese in purezza) venga ragionata e non presa come un dogma.  Certo, anche nel 2020 i migliori Chianti Classico nascono da sangiovese in purezza, ma sarebbe interessante capire non solo  se il sangiovese che l’azienda X ha da 50 anni sia lo stesso che la cantina Y ha da 15 ma anche e soprattutto come sarebbero gli stessi Chianti classico d’annata con una piccola percentuale altre uve, magari autoctone.

 In altre parole: da una parte il vitigno principe del Chianti Classico ha al suo interno un’ulteriore differenza dovuto alla sua “storicità d’impianto”, dall’ altra visti anche i cambi climatici e preso atto che tanti vini con “quote da disciplinare” di vitigni bordolesi chianteggiano più di tanti sangiovese in purezza, forse l’utilizzo di altre uve, bordolesi o meno, (quindi canaiolo, colorino, malvasia nera, oltre naturalmente a merlot e cabernet in zone più alte) potrebbero fornire un ulteriore paracadute in annate calde e siccitose, come pare saranno molte di quelle che ci attendono in futuro.

Ma torniamo ai vini assaggiati: se i 2020 sono profumati ma  non hanno certo strutture imponenti, al contrario tra quelli di annate precedenti abbiamo trovato tanti vini che riescono a unire notevole potenza a (attuale) bevibilità. Considerando che quasi il 35% dei vini degustati viene da annate precedenti molto probabilmente siamo di fronte ad un fenomeno strisciante (ma neanche tanto) e cioè che molti vini “d’annata” vengono tenuti  volutamente in cantina più tempo. Questo può dipendere da problemi di vendita o semplicemente dalla constatazione che il sangiovese (e le altre uve)chiantigiano ha comunque bisogno di tempo per esprimersi, anche per un vino da bersi giovane.

Voto alla vendemmia 2020 per i Chianti Classico d’annata: 8-

Chianti Classico Riserva 2019

Il fatto che il sangiovese chiantigiano abbia bisogno di tempo lo dimostrano le Riserve 2019, sicuramente molto indietro nella maturazione e nel mostrare le loro reali caratteristiche. Tutto questo partendo dal presupposto che, scusatemi il gioco di parole, la Riserva non sia diventato un vino “di riserva” e cioè che le uve e le attenzioni migliori vengano elargite  alla Gran Selezione e, in parte a determinati Chianti Classico.

Visto che la Gran Selezione copre nemmeno il 6% della produzione globale chiantigiano sicuramente la Riserva continua ad avere i suoi spazi di manovra, che però sembrano dilatarsi nel tempo, visto che tante 2019 non sono per niente pronte, mentre Riserva di annate più facili (2018) o con più tempo per maturare (2016) mostrano adesso la faccia che forse le 2019 presenteranno tra minimo tre anni.

Qui non si stratta di avere la sfera di cristallo o essere molto bravi nel degustare: i 2019 Riserva oggi per la stragrande maggioranza non sono molto godibili e credo vadano tenuti in cantina. Per questo non hanno preso grandissimi voti medi, perché non mostrano ancora la loro faccia migliore.

Anche qui si ritorna al tema “sangiovese che deve essere aspettato”:  allo stato attuale sicuramente i Chianti Classico Riserva sono i vini più da attendere del territorio, specie nelle annate importanti come la 2019 che, a scanso di equivoci confermo essere, per me, la migliore annate del secolo. Sono da aspettare,  ancora più delle Gran Selezioni e tra poco vi spiego perché.

Intanto vi dico che il voto, attuale, per il Chianti Classico Riserva 2019 è 7+

Chianti Classico Gran Selezione 2019

Con la Gran Selezione 2019 questa tipologia sembra aver effettuato un cambio di marcia. Ferma restando la potenza tannica, in qualche caso quasi caricaturale (che però fa innamorare tanti colleghi esteri), molte Gran Selezione hanno fatto un grande passo avanti verso la rotondità, l’equilibrio, il giusto uso di legni di altissimo profilo. Sono vini costosi che hanno bisogno di cure costose, che però riescono a imporre al Sangiovese una linea precisa, ad accorciarne i tempi di maturazione/piacevolezza senza stressare più di tanto le uve.  Le Gran Selezioni sono indubbiamente la moderna risposta del Chianti Classico all’attuale modo di presentare i grandi vini: possono piacere o meno però devo riconoscere che sono vini indubbiamente molto più abbordabili e bevibili rispetto a 3-4-5 anni fa.

Voto alla Gran Selezione 2019: 7.5

Le altre annate precedenti delle tre tipologie

Dei 225 vini degustati ben 94, cioè oltre il 40%,  erano di annate precedenti:  come detto  32 (34.7%)  tra i Chianti Classico, 32 (42%) tra le Riserva e 30 (ben il 55%) tra le Gran Selezione. Credo sia importante parlare anche di questi vini che ci hanno dato quasi sempre risultati molto buoni, in tanti casi superiori non di poco ai vini dell’annata in corso. Questo è successo in tutte e tre le tipologie, con annate anche meno blasonate (2018)  e può solo voler dire che si può (in diversi casi si deve) acquistare con tranquillità Chianti Classico (nelle varie tipologie)  di annate precedenti, anche molto precedenti. Del resto se quasi il 50% dei vini esce con almeno 1-2 anni di “ritardo” senza che venga enfatizzato dal punto di vista della tipologia (Non ci sono dei Super  Riserva o Super Gran Selezioni e semplicemente Chianti Classico “Superiori”) vuol dire che i produttori sono molto sicuri di quello che fanno.

Non ci piace fare nomi e cognomi anche perché li troverete all’interno delle schede di degustazione, ma siamo rimasti folgorati da una Gran Selezione del 2013 (peraltro di azienda poco conosciuta) , da diversi Chianti Classico del 2018 (sicuramente più centrati adesso che lo scorso anno) e da una Riserva del 2016.

Insomma le annate nuove chiantigiane sono buone ma, se volete un consiglio, andate indietro nel tempo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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