Albana 2017: annata difficile ma risultati “tridimensionali” di buon livello2 min read

Non è certo facile degustare Albana con chi ha appena scritto un libro su questo vino-vitigno. Per fortuna Giovanni Solaroli non è uno che se la tira e quindi la nostra degustazione al Consorzio dei Vini di Romagna, (che ringraziamo!), è stata piacevole e interessante.

Prima però di parlare di Albana devo dire due parole sugli altri vini bianchi romagnoli che abbiamo degustato: purtroppo i non molti campioni di Trebbiano, Pagadebit  e vini da uvaggi vari non erano in  numero tale da  farsi un’idea precisa e quindi abbiamo deciso di non pubblicare valutazioni , incentrandoci solo su quella che potrei definire l’uva bianca  “principessa” della Romagna.

La cosa che mi ha colpito di più nelle quasi quaranta Albana degustate è stata  la certezza di avere davanti dei bianchi assolutamente non scontati. Magari uno pensa ad un bianco romagnolo e subito un sorrisino di compatimento  prende forma.

Invece bisogna assolutamente levarsi il cappello di fronte a questo vino, che presenta quasi sempre una freschezza  che non sfigura con un buon Riesling, una “bianca tannicità” che ricorda il Greco di Tufo, un’aromaticità non certo esasperata ma sicuramente confrontabile con le migliori Garganega.

Dopo questo assaggio posso dire una cosa che neanche Giovanni ha scritto sul suo bel libro, e cioè che l’albana (nella versione secca, di quella dolce, amabile, passita vi parleremo più avanti)  è un vino  tridimensionale, nel senso che ha tre caratteristiche base (freschezza, tannino accennato ma godibile, aromaticità equilibrata) su cui basarsi sempre e comunque: che poi queste “tre grambe” siano percentualmente  più o meno presenti è un altro discorso, ma contribuiscono quasi sempre alla riuscita del vino.

Infatti se andate a vedere i nostri assaggi  troverete una percentuale  alta di vini sopra agli 80 punti (54%), ottenuta grazie a vini di grande piacevolezza e freschezza, per di più in una vendemmia non certo memorabile.

La 2017 infatti, a livello dei bianchi italiani,  non è stata certamente  di alto profilo, ma in questa situazione non rosea l’Albana di Romagna si è ritagliata una posizione di tutto rispetto: raramente abbiamo trovato una serie di vini così freschi ma non squilibrati, con una consistenza giusta al palato ed una gamma aromatica precisa e ben dosata. Inoltre pochissimi sono ricorsi alla “panacea” di qualche grammo di zucchero in più o all’utilizzo di uve aromaticamente più marcanti.

Insomma, alla fine dell’assaggio ho capito la passione che ha Giovanni Solaroli per quest’uva-vino e in buona parte l’ho condivisa. Sono convinto che se assaggerete le Albana che hanno ottenuto i punteggi più alti, la condividerete anche voi.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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