Il libro di Ferragosto: Albana, una storia di Romagna4 min read

Molti anni fa mi colpì un libro non tanto per la storia che narrava ma perché aveva due versioni, quella maschile e quella femminile. In realtà le due differivano pochissimo ma l’idea mi sembrò rischiosa e geniale al tempo stesso.

Oggi con Albana, una storia di Romagna andiamo oltre, perché dello stesso libro presentiamo ben tre recensioni, anzi una recensione (la mia: tranquilli, sarà brevissima)  e due presentazioni dell’autore stesso (non le posso chiamare recensioni per il famoso concetto dello scarrafone e della mamma), la prima ironica, la seconda seria. Potete scegliere quella più adatta voi, oppure saltare dall’una all’altra.

Mini recensione

Come dico nell’introduzione al libro (e così mi sono anche autocitato) “Un libro sull’Albana, cui prodest?” Poi mi do una risposta ampia ma  molto “di maniera”, mentre la risposta vera mi è venuta spontanea dopo gli assaggi fatti con Giovanni Solaroli di una bella fetta delle Albana romagnole (tra qualche giorno i risultati di questi assaggi sulla Guida Vini di Winesurf).

La risposta è che L’albana è tutto fuorché un vitigno scontato: ha un’incredibile acidità e di conseguenza una freschezza carezzevole, in qualche caso è pure tannico, è estremamente duttile.

Per questo è importante un libro sull’albana, un testo che racconti la sua storia,  le sue caratteristiche e presenti i migliori produttori, perché siamo di fronte ad un vitigno bianco veramente importante ed è quindi assolutamente sacrosanto parlarne e presentarlo urbi et orbi.

Presentazione ironica

“Un libro sull’albana? Ma è impossibile che non esista già!” Questa, più o meno, è la versione estesa del dialogo intercoso tra i due autori al momento in cui venne presa la decisione solenne di scriverlo.

E così, ad affiancarsi al  sempre valido Storia delle psicosi di un tarlo solitario in un mobile del ‘700 ora c’è anche Albana, una storia di Romagna.

Un volumetto di 168 pagine con un certo numero di belle foto commissionate (senza badare a spese) da uno degli autori all’altro.

Il libro racconta con un linguaggio semplice, cui gli autori (Vitaliano Marchi e Giovanni Solaroli, entrambi docenti Ais) sono pervenuti sottoponendosi a lunghe sedute linguistiche presso l’Accademia della Pula, tutto quello che c’è da sapere sull’albana di Romagna, inteso come vitigno ma anche come vino.

E dunque c’è di che soddisfare ogni palato; l’appassionato di storia troverà la sua sezione che condensa in poche, ma significative pagine, circa 715 anni, sei mesi e quattro giorni di peregrinazioni del vitigno nelle lande romagnole.

Il geografo-cartografo-suolologo-metereologo avrà di che stupirsi leggendo le pagine dedicate alla descrizione dei suoli, del clima dal mesozoico ad oggi, e del disciplinare di produzione dalla nascita ai giorni nostri.

Molto ricca la sezione dedicata alle possibilità di abbinamenti a tavola, con idee e suggerimenti pratici per darsi alla fuga velocemente qualora l’abbinamento non fosse proprio centrato. In questo caso viene senz’altro utile la parte in cui si elencano i ristoranti da evitare, quelli dove l’albana occupa uno spazio di rilievo.

E infine le storie e le interviste, 44 aziende raccontate in chiave albana, con i vini prodotti e i progetti futuri.

Molte altre solo elencate, ma esclusivamente perché  autofinanziamento va bene, ma fino a un certo punto.  Effettivamente, a pochi mesi dal lancio ufficiale, di questo esaustivo libro se ne sente ancora la necessità.

Presentazione seria

Albana, una storia di Romagna, è il primo libro interamente dedicato all’Albana, autentico simbolo della Romagna dei vini. E’ un’opera completa, che abbraccia il panorama storico culturale, produttivo e antropologico del piccolo grande bianco romagnolo, offrendo al lettore una visione articolata e approfondita.

Dalle incerte origini del suo nome alla improbabile leggenda di Galla Placidia, da vino popolare e contadino a vino ricercato ed inimitabile, in una disamina attenta e ricca di spunti di cronaca. Ogni tappa del suo percorso, che lo ha portato ad essere il primo vino bianco ad ottenere la DOCG, viene ripercorsa e commentata, ogni territorio viene descritto minuziosamente e la sua versatilità, sia in tavola che in cantina, viene esplorata a fondo e messa a nudo.

Il suo matrimonio con la cucina sviscerato e vivisezionato grazie alle opinioni di esperti e riproposti in accostamenti inediti. Attraverso le interviste raccolte tra le persone che hanno fatto, e che continuano a scrivere la storia dell’Albana odierna, il lettore riesce a immergersi appieno nelle vicende e nelle ragioni più profonde che ne hanno determinato la sua fortuna e la sua sfortuna.

Ne nasce una visione dell’Albana a tutto tondo, multidimensionale, che mette in grado il lettore di orientarsi tra la pluralità di stili oggi a disposizione. Non è tutto: nella seconda parte del libro sono raccontate 44 storie aziendali, riassunte da interviste raccolte direttamente “sul campo” e organizzate in schede ricche di informazioni.

Il lettore avrà così modo di sintonizzarsi con le vigne, i sistemi di allevamento, gli stili di vinificazione che queste aziende utilizzano per produrre le loro Albana, conoscere le etichette ed il numero di bottiglie prodotte. Completano il testo alcuni evocativi scatti dei vigneti ed un elenco di ristoranti dove soddisfare la sete che il libro finirà per scatenare.

Il tutto visto attraverso lo sguardo disincantato, e a tratti venato da una sottile ironia, degli autori.

 

Albana, una storia di Romagna

Di Giovanni Solaroli e Vitaliano Marchi

Ponte Vecchio editore

Prezzo di copertina 15,00

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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