A Vinitaly tutti al padiglione degli Orgasmic Wines!3 min read

Un evergreen del nostro direttore che crediamo sia di buon auspicio per l’inizio del Vinitaly.

 

Dopo il vino biologico, quello biodinamico, il naturale, il vero,  il libero, la nuovissima tendenza sono gli orgasmic wines, in italiano vini da viticoltura orgasmica.

Tutto nasce negli anni sessanta del secolo scorso in California, quando si iniziò a predicare il libero amore. Molti giovani aderirono convinti, ma alcuni trovarono il clima cittadino troppo opprimente e così iniziarono a trasferirsi nelle campagna piene di vigneti della California. Qui si accorsero che  una bella trombata nel vigneto, con tanto di esclamazioni liberatorie,  sembrava apportare gioia e maggior vigoria alle viti.

Probabilmente le vibrazioni positive del rapporto, il contatto tra corpo umano e terreno, il potere di fecondazione insito nella trombata, si trasferivano dagli esseri umani al vigneto, che produceva uve migliori con bucce più resistenti, grappoli turgidi, sani e duri.

La cosa venne approfondita e si notò che i migliori risultati si avevano se la vite era allevata a cordone, mentre allevando a capovolto le coppie dovevano mostrare maggiore inventiva e disponibilità all’acrobazia per  ottenere buoni risultati.

Iniziarono così a studiare approfonditamente il fenomeno  e nacque la viticoltura orgasmica. Il primo a produrre vini orgasmici fu un giovane Hugh Hefner, allora proprietario di un terreno molto argilloso in  Napa Valley, dove piantò del merlot da cui nacque il famoso Clayboy.

Ma Il bello della viticoltura orgasmica è che può essere applicata da sola o in affiancamento alle altre forme alternative di viticoltura.

Se uno vuole produrre con il metodo orgasmico ma rimanere nel biologico deve semplicemente trattare non con rame e zolfo ma con rame e litio. Rame (Cu) unito al litio (Li) è il punto di partenza ottimale per una buon uso orgasmico del terreno. L’agricoltura biologica diventa così più stimolante ed il rapporto con la terra è più profondo e sentito.

In affiancamento alla biodinamica la viticoltura orgasmica agisce compenetrando dinamizzazione e sesso. Le prime volte però non è stato molto facile far accettare il concetto di corno, che in orgasmica è abbastanza diverso dalla biodinamica (in quel senso molto tradizionale), ma col tempo i viticoltori, magari lavorando uno la vigna dell’altro, si sono adeguati e oggi accettano la cosa tranquillamente.

Dal punto di vista dei vini naturali o veri l’approccio è stato anche qui all’inizio molto difficile. Infatti la stragrande maggioranza dei viticoltori naturali cercava di presentarsi al mondo facendosi e proponendo una bella serie di seghe mentali e queste in orgasmica non sono permesse. Si è poi visto che lunghe e ripetute trombate nel vigneto hanno reso i produttori molto meno propensi all’impostazione iniziale, facendogli scoprire quanto è assolutamente più naturale e proficuo l’approccio orgasmico.

Recentemente è stato provato anche l’unione tra orgasmica e vino libero, che a prima vista sembrava semplice ma ha avuto bisogno di successivi accomodamenti. Infatti dal punto di vista orgasmico il vino libero era una solenne inculata e questa, pur permessa in orgasmica, doveva essere affiancata da un normale rapporto. Si sono dovute quindi allungare alcune lavorazioni nel vigneto ma col tempo la cosa ha trovato la sua quadra.

Pur teoricamente inavvicinabile con la viticoltura tradizionale, recentemente molti produttori hanno cercato di inserire alcuni concetti dell’orgasmica in vigneti dove si usano anche prodotti chimici di sintesi. L’esempio più eclatante è l’utilizzo della cosiddetta confusione sessuale adattandola però al dettato orgasmico. Questo ha portato però molti operai, specialmente  vecchi contadini poco propensi ai cambiamenti, a lamentarsi con il titolare a causa di forti bruciori nella zona anale.

Come annunciato nel titolo la viticoltura orgasmica “pura” o affiancata alle altre metodologie, si presenterà per la prima volta al Vinitaly. I produttori e le produttrici vi aspettano a braccia aperte a Verona  nel padiglione 69: non perdete quest’occasione!

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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