A Cortona è andata in scena la Syrah7 min read

“Paese mio che stai sulla collina/disteso come un vecchio addormentato”. Questi due versi sono l’inizio di una canzone addirittura del 1971, presentata al Festival di Sanremo e diventata in breve un grandissimo successo.

Il paese in questione è Cortona, che dopo oltre 50 anni non è più addormentato e una fetta del suo risveglio lo deve al vino, al Cortona DOC, denominazione che si è imposta all’attenzione soprattutto per i suoi vini a base syrah.

E’ una storia non vecchissima quella dell’incontro di questo vitigno con il territorio di Cortona e noi che abbiamo qualche anno di più ce la ricordiamo bene. Ci ha rinfrescato  comunque la memoria  Attilio Scienza nel suo intervento al convegno organizzato durante Chianina e Syrah, manifestazione che ha visto la Syrah (ancora non riesco a pensarla al femminile)  che ha trovato a Cortona la sua patria italiana, al centro di vari eventi: un convegno a lei dedicato, un’anteprima delle Syrah d’Italia (con diverse aggiunte  provenienti dal Rodano) , degustazioni guidate e banchi d’assaggio.

Come detto è una storia recente quella della Syrah a Cortona, specie se vista nei confronti delle varie denominazioni lungo il corso del Rodano, ma certamente sufficiente a tracciare un percorso. Siamo nei primi anni Novanta quando i fratelli d’Alessandro, incerti sul cosa coltivare nella loro azienda di Manzano, vicino a Cortona, chiesero consiglio anche ad Attilio Scienza e alla fine la scelta cadde sulla syrah.

Amerighi, Scienza, D’Alessandro durante la cena di gala

Si chiamava “il Bosco” il loro primo Syrah (allora era maschile) e in tempi di supertuscan con uve bordolesi o a base sangiovese fu una sorpresa, un’allegra ventata fuori schema, un vino che tracciò una strada e che in alcune annate, tipo 1995, è veramente da ricordare. Da allora sono passati circa 30 anni e al nome di D’alessandro si è aggiunto quello, forse ancor più importante, di Stefano Amerighi, attuale presidente del Consorzio Cortona Doc. Così Cortona, grazie a lui, ad altri 36 produttori e a quasi 400 ettari di vigna, è diventata la Cornas d’Italia.

Ho accennato al convegno e ci torno sopra per vari motivi ma principalmente per le approfondite analisi sul Rotundone, quella sostanza volatile che conferisce la caratteristica speziatura pepata sia al Syrah che a molti altri vitigni, per esempio allo schioppettino.

Praticamente  in tutti gli interventi si parlato di questa sostanza e due erano esclusivamente su questo tema. Mentre si succedevano le slides e si entrava sempre più nel  tema, cioè nel modo migliore di coltivare la syrah o di vinificarla per far risaltare il rotundone, il diavoletto che mi abita e che ogni tanto vuole dire la sua ha cominciato a dare segni di impazienza e per calmarlo ho dovuto parlarci seriamente. Anche se  per principio gli do sempre torto, devo ammettere che le sue buone ragioni le aveva. Vi riporto a grandi linee il dialogo.

Diavoletto: “Ma perché stanno a parlare solo di rotundone? È l’unica sostanza aromatica della syrah?

Io: “Certo che no, ma è certamente importante e caratteristica.”

Diavoletto: “Certo, se si parlasse del vitigno “Pippo di Poggibonsi” che deve essere conosciuto da tutti e che ha come aroma quasi unico il  pepe  sarei d’accordo, ma la syrah è uno dei pochi vitigni veramente internazionali, con complessità aromatiche che prescindono, per fortuna,  dal rotundone e si declinano in maniere e modi completamente diversi (basta pensare all’Australia) e qui invece sembra che questo vino si debba bere solo perché sa di pepe”.

Io: “Sai, anche capire come coltivare quest’uva per puntare ad un marker caratteristico è importante”

Diavoletto: “Ma cosa dici! Ti stanno dicendo che il rotundone può svilupparsi più, meno  o per niente a seconda delle annate, che predilige climi freschi e annate fresche, che addirittura potrebbe servire  l’irrigazione per farlo sviluppare al meglio…”

Io: “E con ciò? A prescindere che essere informati è sempre importante  questi sono studi seri e attenti.”

Diavoletto: “Ma chi dice il contrario!Però siamo a Cortona, in Toscana! Qui d’estate, come nel resto della regione fa un caldo del diavolo, piove  pochissimo, col riscaldamento globale sembra che andrà sempre peggio, l’irrigazione è un sogno nel cassetto  e qui  si parla di una sostanza che si sviluppa meglio in annate fresche e in climi freschi, quindi in condizioni quasi opposte”.

Io: “Su questo puoi avere ragione ma adesso Stefano Amerighi sta parlando di zonazioni a Cortona, di otto areali, di aromi diversi dovuti a situazioni pedologiche e climatiche diverse e quindi è importante sapere come adattare al meglio il vitigno.”

Diavoletto: “Quello che dice Stefano è il modo per tornare nel mondo reale e va bene, però…”

A quel punto l’ho mandato a se stesso (cioè al diavolo) e ho continuato a seguire il seminario, veramente interessante.

Nel pomeriggio ci aspettava  l’altro pezzo forte della manifestazione, l’Anteprima delle Syrah d’Italia. In campo più di 80 etichette suddivise tra Cortona DOC (30) Syrah di varie zone d’ Italia (37) e del Rodano (15). Un assaggio assolutamente unico, che da solo valeva il viaggio e la partecipazione all’evento, con annate che andavano dal 2020 al 2017.

Per primi ho assaggiato le Syrah di Cortona, poi sono passato a quelle delle altre zona della Toscana, di seguito a quelle italiane e, alla fine, a quelle francesi.

Al termine dell’assaggio, ben gestito dai sommellier dell’AIS sono forse  riuscito a capire meglio quelle che il mio diavoletto avrebbe definito  “stranezze” del convegno.

In effetti aveva ragione lui: la syrah è un vitigno poliedrico, anche e soprattutto dal punto di vista aromatico e concentrarsi sulla presenza maggiore o minore del rotundone è come cercare  di commentare una maratona parlando delle magliette dei concorrenti, si perde di vista il vero obiettivo.

Però credo di aver capito l’intento del presidente del Consorzio,  Stefano Amerighi: parlare di aromi particolari e mettere in evidenza quando di meglio si sta facendo, dal punto di vista tecnico, su questo vitigno, porta comunque ad accrescere la conoscenza, la voglia  di ricercare  modi sempre migliori per  capire non solo come privilegiare certi aromi ma come lavorare al meglio un vitigno, specie in una fase di sviluppo della denominazione dove  alcuni vini mostrano un bisogno di affinamento tecnico, e dove, a prescindere dal rotundone (spesso assente nei vini, ma giustificato dal clima)   prevalgono al naso  le note portate dal legno.

La syrah è un vitigno che al palato gioca meglio le carte della dinamicità della tannicità importante ma dolce e equilibrata, della freschezza di base che rende più leggiadro il vino. Quando però , anche a causa di annate calde e magari di poca esperienza in vigna e in cantina, si cerca di renderlo un vino corposo ma ruvido, con gamme balsamiche che provengono molto dai legni usati, non solo si snatura un po’ il vitigno , almeno nella sua espressione “rodaniana”,  ma si appiattisce quella ricerca di un carattere comune e ben identificabile che alcuni produttori di Cortona mostrano già all’universo mondo.

Del resto ai produttori di Cortona non converrà certo puntare sulla versione “australe” della syrah, ben interpretata da alcuni esempi siciliani o del sud Italia, dove le note di prugna e di solare frutta matura rendono intrigante ma diverso il vitigno.

L’assaggio, stili a parte, mi ha permesso di fare anche il punto sulla qualità espressa a livello italiano da questo vitigno e il risultato è stato, in linea generale, soddisfacente ma non entusiasmante. Troppe diversità legate al territorio e soprattutto alla mano del viticoltore per poter  trovare un filo conduttore, anche se diversi vini mostravano caratteristiche estremamente positive.

Stefano Amerighi

In definitiva una manifestazione che (pur con alcuni peccati di gioventù) è riuscita a dare un quadro chiaro e sfaccettato sul momento della Syrah in Italia . Devo dire quindi grazie a Stefano Amerighi non solo di avermi invitato, ma anche di aver organizzato un evento con molte frecce al suo arco, come la fantasmagorica cena di gala nel Teatro Signorelli.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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