“E così anche l’Alto Adige ha organizzato la sua anteprima!” Questa frase, detta da un collega durante una delle molte degustazioni di Wine Summit a Bolzano, fotografa abbastanza bene la manifestazione che sino a domenica 24 settembre (la manifestazione era iniziata giovedì 21) ha accolto sia tanta stampa nazionale e internazionale, sia tantissimi appassionati .
In realtà la formula non ricalca quella delle anteprime , incentrandosi soprattutto sul voler far conoscere l’Alto Adige e i suoi vini, più che una particolare annata. Per farlo gli organizzatori (Consorzio Vini dell’Alto Adige e Fruitecom per l’affiancamento ai giornalisti) hanno pensato bene di portare i partecipanti in posti unici e meravigliosi: La Cantina di Roccia a Laimburg, ristoranti tipici affacciati sulle vigne del lago di Caldaro, L’Alpe di Siusi.
Tutto questo per fare breccia più sui giornalisti esteri e/o del comparto turistico ma quelli enoici hanno comunque avuto validi momenti per “toccare con bocca” la realtà enoica altoatesina.
Voglio fare i complimenti all’organizzazione per avere scelto un grande e comodo albergo di Bolzano per ospitarci e organizzare le degustazioni generali con i produttori. Questo ci ha facilitato molto il lavoro. Lavoro che mi ha permesso di incontrare bravi produttori che non conoscevo.
Scendendo nel merito, la degustazione guidata da Walter Speller nella cantina di Roccia a Laimburg è stata sicuramente più interessante per la stampa estera che per quella italiana. Del resto era indirizzata soprattutto a chi voleva farsi un’idea della struttura vinicola altoatesina e dei principali vitigni e vini che la compongono.
In degustazione 17 vini, una decina dell’Alto Adige e gli altri di zone viticole mondiali: dall’Australia alla Nuova Zelanda, alla Germania, alla Francia. A parte la scelta secondo me sbagliata di alcuni vini per rappresentare l’Alto Adige la degustazione ha dimostrato (cosa di cui non ho mai avuto dubbi) che la qualità dei vini altoatesini non ha niente da invidiare a quella dell’universo mondo.
Oramai la qualità media della produzione altoatesina è sicuramente tra le più alte d’Italia, quello che manca è la voglia di fare vini meno ingessati dal varietale, che non si fermino ad aromi classici e ripetitivi e a cui il legno (quando serve) dia una spinta di imprevedibile complessità che spesso oggi manca.
Durante gli assaggi di Wine Summit ho intravisto alcune nuove realtà giovani che stanno provando ad uscire dal soliti canoni: questo, accanto alle grandi certezze qualitative delle cantine sociali, può creare il giusto mix per far crescere ancora la regione.
Manifestazioni come Wine Summit, organizzate con teutonica precisione ma con disponibilità latina sono il giusto veicolo per far fare tanta strada ai vini altoatesini. Complimenti e…alla prossima.