Verticale di Podere Vecciano in una “Rimini a cui manca il coraggio”6 min read

E’ con grandissimo piacere che diamo il benvenuto in Winesurf al giovanissimo Nelson Pari, che da oggi sarà il nostro “Occhio su Londra” e non solo. Infatti Nelson, Oltre ad un curriculum di tutto rispetto, è responsabile degli eventi  nel locale dove tutti gli amanti del vino vorrebbero entrare almeno una volta nella vita, il 67 Pall Mall, il club privato di “fine wine” piú prestigioso al mondo. Dal 67 Pall Mall a Winesurf il passo non è breve e noi siamo felicissimi che l’abbia voluto e fatto. Benvenuto Nelson!

Nelson Pari

Qualche anno fa scriveva su Rimini il caro Francesco Falcone dando l’immagine di una zona che ricercando un’idea di qualità dimenticava il coraggio. In passato mi sono permesso di essere molto più cattivo di lui e sento il bisogno di esserlo anche adesso.

La Rimini “sbruffona” del vino, dopo un boom legato alla voglia del mercato anni ‘90 dei vinoni, decise di non far parte del progetto di zonazione della Romagna credendo di potersi ricavare uno spazio vista la richiesta, chiaramente modaiola, legata ai suoi vini.

Peccato che ora, mentre la Romagna ha iniziato a spingere seriamente verso un discorso legato al territorio, al suo stile e ad una sgangherata comunicazione, Rimini invece di ricercare ancora più prepotentemente una propria identità ha finito col sembrare il figlio talentuoso, su cui i parenti avevano investito tanto, che purtroppo nella vita non è riuscito a realizzarsi come i suoi fratelli.

Che si voglia o no, che ci sia una moda da seguire o rimanere fedeli alla linea, bisogna ripartire sempre da una cosa: il vino.

Fu ai tempi della storica commissione romagnola del Gambero Rosso guidata da Giorgio Melandri, grazie ai primi Cabernet della zona, che nacque l’idea di “Rimini, Bolgheri dell’Adriatico”. I produttori non capirono ai tempi questo messaggio lanciato dalla critica e continuarono a trattare i loro Bordeaux blend alla pari delle altre bottiglie, sviando col passare del tempo ad un focus su bianchi, bollicine e rossi “da pesce” che ha portato a una progressiva ricerca della domanda a discapito della qualità e della ricerca del proprio terroir.

Davide Bigucci, frontman di Podere Vecciano nella sottozona di Coriano rimane, in mezzo a una notevole confusione, il volto della qualità della provincia.  Nel 1998, sotto la DOC dei Colli di Rimini Rosso, esce la prima annata di Vigna della Volta che diventerà in seguito l’odierno TerraVolta. Questo taglio bordolese rappresenta una bottiglia legata sia allo stile dell’azienda sia alla sua sperimentazione, in quanto l’uvaggio cambia costantemente.

Qui segue un breve racconto della verticale, diviso per lo stile delle annate che ho ordinato non per ordine cronologico ma seguendo una logica del racconto del vino.

Annate fredde

Dal 1998 ad oggi sono solo tre quelle che si possono considerare le annate fredde, nelle quali il vino manifesta una serie di profumi più soffusi, che cancellano l’opulenza tipica del territorio per sostituirla con una più forte presenza erbacea e marittima. Purtroppo questo stile sembra essere non più ripetibile a causa del riscaldamento globale.

2004 (Cabernet/Sangiovese)

Il Cabernet non uscendo a pieno compimento per colpa del troppo freddo si manifesta in una frutta cotta e un sentore di tartufo che copre l’evoluzione e appiattisce la struttura.

2006 (Cabernet/Merlot)

Frutta soffice, molto presente, leggere erbe e un soffuso sentore saponoso dato da forse troppa solforosa. L’acidita’ rimane alta e l’opulenza tipica del territorio rimane in sottofondo.

2002 (Cabernet/Sangiovese)

Sentori eterei ariosi con frutta e legno integrati alla perfezione. Nonostante in bocca si senta il territorio di Rimini in quel richiamo di mora e fragola, la mente viaggia tra la Toscana per il tannino sabbioso e le annate classiche di Bordeaux nella sua espressione marittima. Eccezionale.

Annate calde

Le annate calde nell’area di Coriano spingono il frutto all’estremo, rendendolo pieno, nero ma sempre acido. Le alcolicita’ diventano veramente importanti superando i 14% e le uve che compongono il blend si rendono fondamentali nel gestire il bilanciamento del corpo del vino.

2015 (Cabernet, Merlot, Syrah)

Nella difficoltà ad aprirsi mostra una frutta molto appesantita a causa del Syrah che, nonostante abbia reso il tannino più’ levigato, ha sbilanciato la struttura mettendo l’alcool in primo piano.

2007 (Cabernet, Merlot, Sangiovese)

Tannini pesanti e acidità alte non riescono a distrarre da un palato caldissimo, dove la frutta viene calcata da una leggerissima ossidazione.

2008 (Cabernet, Merlot, Sangiovese)

La notevole somiglianza con l’annata precedente parla chiaro sulla continuità della cantina, nonostante i vari blend. La presenza del sangiovese copre molti dei profumi con la tipica gessosità del terroir Riminese.

2017 (Cabernet, Merlot, Petit Verdot)

Nel nuovo blend la frutta rossa si spinge verso l’amarena. A causa di una annata forse troppo calda l’acino ha risentito di leggere macerazioni in pianta, che hanno reso i tannini più pesanti.

Annate di equilibrio

Queste annate sono quelle che mostrano di più la vera natura del territorio e la sua funzione chiave, quella dell’opulenza. Ogni singola bottiglia, a prescindere dal blend, ha mostrato un’ottima struttura e una precisa definizione degli aromi.

2011 (Cabernet, Merlot, Syrah)

Ottima opulenza e frutto. Il Syrah compie un ottimo lavoro di bilanciamento ma sembra omogeneizzare i sapori e la struttura.

2012

Nonostante l’acidita’ un po stanca, l’eleganza del vino e la frutta ancora fresca lo rende pronto alla beva nonostante l’età ancora giovane.

2001 (Cabernet, Sangiovese)

Il ritorno del legno con una leggera vaniglia bilancia i profumi terziari. dove una soffusa carne incontra una bocca in cui il corpo da equo spazio a acidità e tannini.

1998 (Cabernet, Sangiovese).

Tannini levigati, frutta secca e sigaro.  Un’acetica appena accennata, che secondo me viene dal Sangiovese, rende sorprendente la sua beva.

2016 (Cabernet, Merlot, Petit Verdot)

Grande opulenza che, spinta dall’acetica, mostra una frutta nera e un legno puntato verso la sua integrazione con la struttura del vino. Forse la bottiglia che più mostrerà in 20 anni la magnificenza che ha elevato la 1998, la 2001 e la 2002.

Che un taglio bordolese richieda tempo è cosa scontata per coloro che bevono Bordeaux da lungo tempo. La cosa più inusuale è vedere come le stesse regole si estendano fino al territorio Riminese che, sottovalutandosi, ha dimenticato un percorso di ricerca che poteva essere compiuto  già 10 anni fa.

La Bolgheri dell’Adriatico deve iniziare a prendersi cura di se stessa. Deve credere nei suoi vitigni internazionali rispetto ai suoi autoctoni: il terroir deve, in questo caso, vincere sul varietale. Deve iniziare un lungo e dispendioso progetto, dove queste bottiglie, dopo un doveroso invecchiamento, saranno pronte per la critica.

La cosa che ha più creato clamore, bevute queste bottiglie, è che per un attimo ci siamo sentiti come i soli conoscitori del loro potenziale. La qualità non può passare inosservata.

Forse aveva ragione il caro Francesco Falcone nel dire che a Rimini manca il coraggio, ma mi viene da pensare che basterebbe partire anche da qualcosa di più semplice. Come un paio di orecchie.

 

Nelson Pari

Classe 1989, nato nella felliniana Rimini, da 10 anni residente nell’isola di Albione (Londra, UK). Dopo un Master in chitarra Jazz conseguito al Trinity Laban di Greenwich, si lancia nel mondo del vino. Supervisore eventi a 67 Pall Mall di Londra, il club privato di “fine wine” piú prestigioso al mondo, e Certified Sommelier per la Corte dei Master Sommelier. Il suo vino preferito e’ Mouton Rothschild 1989 in abbinamento a Kind of Blue di Miles Davis.


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