Molti sanno che Paolo Cianferoni è un bravissimo produttore di Chianti Classico e moltissimi apprezzano i suoi vini. Ben pochi sanno però che il padre di Paolo, Reginaldo Cianferoni, è stato professore universitario di Economia e Politica Agraria nonché autore di molte opere di storia dell’agricoltura, in particolare del Chianti. Opere che potremmo definire “accademiche” e sicuramente di alto profilo culturale. Solo in un caso l’accademia (ma non l’alto profilo culturale) viene messa da parte e questo avviene in “Veglie a Porcignano”.
L’idea è semplice: narrare, utilizzando la viva voce dei contadini chiantigiani, la loro stessa storia. Per questo il sottotitolo è “Raccontate da Marcello Vanni”.
“Andare a veglia” era per i contadini e mezzadri quello che è per noi andare al cinema o a teatro. Si ritrovavano nella cucina più grande o nell’aia in estate e si raccontavano storie. L’arte della narrazione orale è cosa importante e i mezzadri che hanno coperto il periodo dal 1930 alla fine della mezzadria stessa ne erano cultori.
Il padre di Paolo ha solo preso un registratore e poi riportato su carta quanto era stato detto in casa di Marcello Vanni a Porcignano, ricreando così quelle veglie di 40-50 anni prima.
Ne è venuto fuori un quadro sentito ma preciso sulla mezzadria in Chianti, su un mondo che, andando avanti con la lettura, non solo vi sorprenderà e vi affascinerà, ma vi farà capire quanto oggi abbiamo in più, e sicuramente anche in meno rispetto ad allora.
La narrazione tocca tutte le sfaccettature di un modo di vivere e di un’economia che oggi andrebbe studiata con attenzione quando si parla di sostenibilità, perché il sistema mezzadrile è stato forse il più sostenibile (ma, attenzione, anche uno dei meno sostenibili per i contadini)che si possa immaginare.
Per capirlo dovete fare un salto a Caparsa, da Paolo e comprarvi il libro. Leggendolo vi sembrerà di tornare bambini (ma non troppo, certe storie si raccontavano quando i ragazzi erano a letto) seduti sul “canto del foco” e vi appariranno personaggi quasi mitologici per quello che riuscivano a fare, per come riuscivano a trovare la quadra in un mondo cento volte più difficile di oggi. Lo zio pinzo, Bocchino, Il Cristo secco, nonno Cesarino e una serie infinita di mezzadri e personaggi legati a quel mondo, dai ciabattini ai boscaioli, che vi faranno capire le vere radici della campagna chiantigiana
Dopo aver letto questo libro nessuno di sognerà di dire che il Chianti Classico è un vino ruvido e spigoloso, perché quegli spigoli fanno parte della sua storia, delle sue storie: di mezzadri che non mangiavano per giorni perché non gli veniva firmato il foglio per poter entrare al mulino e fare la farina, di padroni che non permettevano di usare i buoi per il proprio orto, di terre che rendevano poco e non servivano sforzi titanici per migliorare la situazione, di tanti che non si sposavano perché la famiglia non poteva permettersi una bocca in più in casa.
Ma accanto alle tragedie di tutti i giorni troverete storie divertenti, gli amori, il sesso (di cui i bambini non dovevano rigorosamente né sapere né sospettare) le feste, le mangiate pantagrueliche per le ricorrenze, che magari servivano per non mangiare poi a casa e così lasciare il pane ai figli.
Un mondo dove la parola “indispensabile” assumeva connotazioni molto diverse da oggi: per esempio l’assenza di bagni, acqua potabile, luce elettrica non erano visti come basilari, perché c’era il bosco o il campo, la fonte, il lume a petrolio.
Ringrazio Paolo Cianferoni per avermi donato questo libro: è servito a farmi capire il mondo chiantigiano più di mille trattati storici o economici.
Ops, mi scordavo! I disegni di Mino Maccari all’interno del libro non solo impreziosiscono l’opera ma ne traducono l’essenza con tratti bellissimi ma scabri e spesso volutamente spigolosi.