Un anno dopo. Ascheri: “Questa situazione è una traversata del deserto”8 min read

Per la serie “Un anno dopo” intervistiamo Matteo Ascheri, Presidente del Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. Con lui parliamo non solo di cosa è successo in quest’anno di Covid nelle Langhe ma di prezzi dei vini, di imbottigliatori che vendono Barolo a cifre irrisorie e di tanti altri temi.

“L’anno scorso eravate reduci da un evento negli stati uniti. Cosa avete fatto come promozione quest’anno?”

“Quell’evento è stato uno dei pochi che abbiamo potuto fare l’anno scorso, poi il mondo si è fermato. Per fortuna prima avevamo fatto Grandi Langhe e poi quest’evento a New York ai primi di febbraio. Da allora abbiamo lavorato per l’anno 2021 in cui dovevamo organizzare una manifestazione in Cina che purtroppo non potremo fare a causa dei grossi problemi che ci sono anche da quelle parti. Quindi adesso stiamo lavorando per il 2022.”

“Pensate di fare qualcosa anche in Italia?”

“Avevamo  programmato “Grandi Langhe on tour” ma anche questa dovrà essere rimandata. Era una manifestazione con 13 tappe che sarebbe partita da Taormina per poi salire, toccando anche zone non tradizionali per i vini di Langa o centri non grandissimi, come Lecce e Senigallia. In un primo tempo dovevamo partire a fine febbraio, posticipando poi  a metà aprile, ma anche questa iniziativa non riusciremo a farla e l’abbiamo messa in cantiere per il prossimo anno.”

“In quest’anno molto difficile quali sono stati i vini che hanno tenuto meglio?”

Tu sai meglio di me che questa situazione è una specie di traversata del deserto. In poche settimane ci è scomparso il mercato HoReCa in tutto il mondo, in cui avevamo investito e lavorato per circa 40 anni. Abbiamo avuto due mesi, marzo e aprile 2020, di spaesamento . Poi, per fortuna, abbiamo visto che i consumi non erano spariti ma cambiati ed erano cambiati i canali distributivi: da una parte la GDO e dall’altra le vendite online. Questo vuol dire che se guardiamo i numeri alla fine abbiamo avuto un +0,7 complessivo su tutte le denominazioni, con denominazioni come Barolo e Langhe Nebbiolo che sono cresciute abbastanza, altre hanno perso, come il Barbaresco, ma perché l’annata 2017 ha avuto una scarsa produzione.  Quindi come numeri non è andata male ma quello in cui abbiamo perso è il valore perché i canali a cui ho accennato fanno numeri ma ad un valore più basso. In una situazione del genere dobbiamo accontentarci di questi numeri, ma appena finirà questo momento dobbiamo riprendere il cammino da dove eravamo rimasti.

“Il Langhe Nebbiolo è un vino in grande crescita: è andato bene anche nel 2020?”

SI, il Langhe Nebbiolo è andato bene, anche se per il futuro sono un po’ preoccupato, perché gli impianti stanno aumentando a dismisura perché non c’è più la vecchia regola “estirpo e impianto”, che era una regolamentazione rigida se vuoi ma dava un controllo sull’offerta molto preciso. Il sistema 5-6 anni fa è cambiato e adesso ci sono le autorizzazioni, che di media coprono un 1%  ma a livello regionale: quindi  se in varie zone non pantano, alle fine vengono accolte le richieste all’interno di quel 1% , di chi in Langa vuole piantare. Quasi sempre si pianta nebbiolo ed essendo gli albi del Barolo e del Barbaresco chiusi  si piantano praticamente solo vigne per Langhe Nebbiolo, con incrementi annui molto superiori al 1%.”

“In pratica, se in Piemonte si possono piantare in un anno 100 ettari e in molte denominazione non li chiedono, va a finire che si pianta solo in Langa ed essendo chiusi gli albi principali aumentano gli ettari a Langhe Nebbiolo.”

“Proprio così e questo porta d uno squilibrio dell’offerta. Quello che possiamo fare noi come consorzio è controllare l’offerta, perché la domanda ci passa due chilometri sopra la testa: Possiamo fare azioni promozionali ma la domanda non la controlliamo in nessun modo, l’unica cosa è il controllo dell’offerta.”

“A proposito di offerta, abbiamo pubblicato qualche settimana fa un articolo  su un barolo venduto a 8.99. Cosa può fare il consorzio di fronte a questo?”

Da un punto di vista strutturale il 30% della denominazione Barolo è venduto sfuso dalle aziende agricole agli imbottigliatori. Il problema non è l’imbottigliatore che lo compra ma l’azienda agricola che lo vende. Ho sempre detto che questo canale andrebbe ridotto, per non dire spezzato, in modo che chi produce l’uva produca anche il vino, se lo imbottigli e se lo venda. Se  sei un’azienda agricola per te vendere sfuso è facile: prendi 6-7 euro al litro e visto che non paghi tasse, puoi fare un sacco di soldi. Però non puoi demandare agli imbottigliatori la promozione del marchio: loro hanno il solo scopo di comprare ad un prezzo il più basso possibile e vendere facendo un profitto, sia che imbottiglino Barolo o qualsiasi altra denominazione italiana. Quindi credo sia giusto, anche dal punto di vista etico, che chi produce l’uva si debba fare carico della commercializzazione. Come presidente io posso individuare il problema, cercare e proporre delle soluzioni, ma poi devono essere ratificate dal consiglio di amministrazione e dall’assembla. Le soluzioni le avevo trovate e proposte  ma l’assemblea ha deciso di mantenere le cose come stanno. Posso rammaricarmi, arrabbiarmi ma devo adeguarmi al giudizio della maggioranza dei produttori.”

“Alla luce di quanto mi hai detto, il consorzio esce dal 2020 più forte o più debole?”

“Più o meno ne esce come c’era entrato. Da parte mia, ti ripeto, ho fatto tante proposte: quella di una banca vini, delle riserve vendemmiali e i subordine delle riduzioni di resa, inoltre avevamo bloccato a monte i nuovi impianti. Di cose ne erano state proposte tante  sin da quando ero diventato presidente nel 2018, però il consorzio è fatto da produttori ed è la maggioranza che decide, anche guardando al ritorno economico.”

“Da un punto di vista personale, quest’anno di Covid cosa ti ha insegnato?”

“A parte che il Covid l’ho anche avuto, l’insegnamento maggiore è che la vita ti mette di fronte a situazioni assolutamente imprevedibili e che per agire bisogna farlo a mente fredda. Tutto questo partendo dal presupposto logico che il mondo, non so quando e spero presto, ma sicuramente dovrà tornare a come era prima. Incontrarsi, viaggiare sono cose imprescindibili per l’uomo.”

“Il presidente del Consorzio del Chianti Classico, ad una domanda simile, mi ha detto che il Covid gli ha insegnato a viaggiare di meno, stare più a casa e alla fine avere una vita meno stressante grazie anche alla tecnologia che oggi abbiamo a disposizione.”

Io nella vita ho una pretesa: si parla di comunicazione ovunque ma credo che quello che uno vuole comunicare lo deve fare. La comunicazione si fa attraverso i fatti e per me produttore di vino i fatti sono le bottiglie che mando per il mondo. Tutto quello che ho da dire è dentro la bottiglia. Tutto il resto può essere utile, ma già prima del 2020 avevo diminuito i miei spostamenti. Un po’ come i grandi cantanti, alla fine quello che hanno da dire è nei loro dischi.”

“A proposito di diminuire gli spostamenti: Vinitaly a giugno, cosa ne pensi?”

Noi abbiamo espresso parere negativo. Abbiamo fatto un sondaggio tra i soci e il 92% è completamente contrario. Credo e spero che sia la posizione di tutto il mondo del vino italiano. Posso capire che l’Ente Fiera vorrà farlo ma i problemi sono moltissimi e giugno è un mese difficile per tutti. Meglio rimandarlo al prossimo anno. Se loro vorranno farlo a giugno avranno pochissimi visitatori e pochissime cantine che aderiranno. (al momento dell’intervista ancora non si sapeva dell’annullamento. n.d.r.)

“Non credi che in quest’anno sia cambiato anche il fatto di considerare fondamentali le principali fiere di settore?”

“Con me sfondi una porta aperta! Erano uno strumento già vecchio prima. La fiera ha avuto una sua funzione storica fondamentale, ma 20 anni fa. Ci andavo perché mia mamma mi obbligava ad andarci (ride). Del resto modi per comunicare con i miei clienti o con quelli nuovi ce ne sono moltissimi: se vogliono assaggiare i vini glieli posso spedire, nel momento in cui si poteva viaggiare potevano venire in cantina e sicuramente lo faranno in futuro. Insomma il modello fiere è in crisi, in tutto il mondo.”

“ In quest’anno, con un po’ più di tempi vuoti da riempire, quali tipologia di vini ti è piaciuto più assaggiare?”

Intanto una delle poche cose positive del 2020 è stata l’annata viticola, sia qui che credo da molte altre parti. In questo momento stiamo imbottigliando Dolcetto e Barbera, che sono dei grandi vini e che dovrebbero essere riscoperti. Personalmente sono innamorato del Dolcetto come vino pronto da bere, profumato, piacevolissimo, che si beve senza pensarci troppo.”

“A questo punto ti faccio l’ultima domanda anche se mi pare inutile dopo quello che hai detto: quali vini langaroli vedi in pole position per il futuro?”

Noi in questo momento abbiamo la nebbiolizzazione in atto, anche perché dolcetto e barbera sono due vitigni difficili da gestire, hanno problemi con flavescenza dorata e mal dell’esca. Il nebbiolo è un insieme di eleganza e potenza, però questi altri due vitigni autoctoni sono assolutamente da riscoprire. Se devo scegliere quindi dico Dolcetto! 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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