Stampa estera a portata di clic: Decanter, n. 239 min read

La copertina é tutta per i Cabernet californiani della grande annata 2015, ma un po’ di spazio é assegnato ai titoli minori: Chablis 2018, Champagne: bottiglie contro magnum, Piemonte: rossi oltre il Nebbiolo, Saint-Émilion great value.  Si comincia con un’intervista a Jancis Robinson e Hugh Johnson, dei quali, lo scorso ottobre, é stata pubblicata l’ottava edizione del “World Atlas of Wine”, cinquant’anni dopo la prima. Molte sono le novità, rispetto alle edizioni precedenti. Non solo più pagine (416), più mappe (230, delle quali 22 nuove, compresa quella dell’Alto Piemonte) , ma anche più spazio per le nuove regioni del vino (Brasile e Uruguay nella sezione dedicata al Sud America, le aree vicino Beijng e Huailai, che  si aggiungono alla regione di Ningxia, già presente nella settima edizione). L’intervista tocca ovviamente non solo l’opera, ma anche i grandi temi del momento: il cambiamento climatico, le oscillazioni degli stili, il trend del recupero elle varietà indigene, il successo dei vini da vigna singola.

Tocca a Tim Atkin presentare l’annata 2018 di Chablis: finalmente crescono i volumi dopo  i danni climatici subiti negli anni precedenti, ma  ovviamente la qualità é disomogenea: tre stelle e  mezza, dunque, all’annata 2018, meglio di 2015 e 2016, che ne ebbero solo tre, ma meno delle quattro stelle piene  di 2008, 2012 e 2014, e soprattutto le cinque dell’annata 2010. Il Les Clos del Domaine François Raveneau e quello del Domaine Pinson Frères, e il Les Preuses del Domaine Vincent Dauvissat, con 97/100 sono i vini di  vertice per Atkin. Top value  invece per il Fourchaume  1er cru (Les Vaupulans) del Domaine Guillaume Vrignaud e il Blanchot di Jean-Marc Brocard, entrambi con 95/100. A seguire é un altro articolo dedicato ai vini di Chablis e ai suoi Premiers Crus, di Andy Howard: una guida sintetica per orientarsi tra i crus della riva destra e della riva sinistra del Serein.

L’”italianologo” di Decanter, Stephen Brook , sceglie i suoi migliori 40 rossi piemontesi “beyond nebbiolo”. Nella sua classifica é schiacciante il predominio della barbera: ben 30 delle 40 cuvées selezionate provengono da questo vitigno, che occupa anche le prime dodici posizioni della classifica virtuale  di Brook, partendo dai 95/100 del Nizza 2015 di Olim Bauda.  Bisogna arrivare alla tredicesima posizione per trovare una freisa (il Langhe Freisa di Borgogno 2019, 92/100),  e la sedicesima per trovare un dolcetto (il Dogliani 2017 della Cascina Bricco Rosso, 92). Alla fine i vini a base di freisa saranno due, cinque i dolcetto, ai quali vanno aggiunti un grignolino, un ruché e un vino delle colline novaresi da vespolina e uva rara (ma qui c’é anche il nebbiolo).

Nell’articolo successivo James Lawther va alla ricerca dei Saint-Émilion che uniscono qualità e prezzo ragionevole. Dopo la grande annata 2010  (eccellente in tutto il bordolese), quelle successive sono state meno brillanti, per qualità e quantità: la più modesta é stata quella el 2013, meglio 2014, salvata  dall’estate indiana , e la 2012 (un gradino leggermente sotto?), poi l’opulento 2015, formidabile per il merlot, ma con livelli di acidità inferiori a causa del caldo, e il più equilibrato 2016, anch’esso di grandissimo livello. Delle ultime due annate, la 2017 ha avuto le gambe mozzate dalle gelate, mentre la 2018, nonostante il sollievo provato dopo le preoccupazioni avvertite da tutti gli operatori, é stata assai meno brillante nella Rive Droite, dando vini molto concentrati, ma senza la  freschezza di quelli degli anni migliori. Il pick di Lawther include alcuni “second vin” di Chateaux di grande prestigio, come il Petit-Figeac , il Mondot e il Croix Canon , ma anche molte realtà emergenti più piccole. Vini al di sotto dei 14° di alcol sono però uccelli molto rari, e qualcuno sfora i 15°.

Prima di arrivare alla Buying Guide di Decanter con i suoi Panel Tastings del mese, ci sono ancora tre articoli, non menzionati tra i titoli di copertina. Il primo di essi é una vetrina dei 30  migliori vini del Capo al di sotto delle 20 sterline  scelti da Greg Sherwood.  A guidare il gruppo dei bianchi é un Grenache Blanc  di The Foundry, il Voor Pardeberg 2018 (95/100 per un prezzo oscillante tra le 13 e le 16 sterline) insieme con uno chenin blanc  del 2017 della Swartland Winery (stesso punteggio e all’incirca lo stesso prezzo). Tra i rossi é un Grenache noir  di Naudé, il Wellington 2017 che ha ottenuto il punteggio più alto (94/100). Il prezzo é di circa 16 sterline. Seguendo il suo spirito globale, Decanter porta il lettore a concentrarsi  dapprima su una varietà relativamente negletta, il pinot meunier, ingrediente tradizionale dello Champagne, ma ora diffuso anche nelle vigne d’Inghilterra e America, e poi sulle annate del Porto Vintage.

Del pinot meunier parla l’articolo di Alic Lascelles. Ancora poco considerato nella Champagne, dove pur rappresenta il 31% delle uve di quel territorio, il pinot meunier é  frequentemente utilizzato per conciliare le diverse caratteristiche dello chardonnay e del pinot noir aggiungendo un tocco di florealità e di frutto speziato al blend. Ci sono però segni di cambiamento. La maison de Champagne Gosset, una delle più antiche della regione , ha lanciato lo scorso autunno un Grand Blanc de Meunier (100% pinot meunier) a poco meno di 100 sterline. Ma se la Francia resta ancora il maggior produttore mondiale di meunier, con l’80% del totale, quest’uva sta crescendo nel mondo degli sparkling inglesi, dove é molto apprezzata nei rosé. E anche in California, nella quale é esplosa la passione per gli spumanti, il meunier ha suscitato l’interesse, di alcune wineries organic, come Keep Wines, che ha creato un rosso a base di quest’uva un po’ rustico, ma interessante.

Ecco infine la selezione dei pinot meunier della Lescelles : tra gli Champagnes, oltre alla cuvée di Gosset,   ve ne sono altre di notevole spessore: lo score più alto (95/100( tocca a Les Vignes d’Autrefois  Extra-Brut, un millesimato del 2013, di Laherte Frères (circa 55 pounds). Tra gli champagnes rosé c’é vviamente il famoso La Closerie Fax-simile di Jérome Prevost (96/100), ma siamo ormai a 150 sterline. Miglior cuvée inglese  é il Brut Rosé S.A. di Exton Park, Hampshire (93/100, poco più di 40 sterline). Infine, il già citato, insolito,  Pinot meunier rosso di Keep Wines, a Oakville (Napa Valley).

Istituto vino Porto

Il Porto si sa, e in particolare il Vintage, é ancora uno dei vini considerati imprescindibili dagli inglesi. Non sempre e non tutte (solo nelle annate più favorevoli)  le case “dichiarano” i loro Vintages, ripiegando sui colheita o sui blends non millesimati. Tra le ultime annate, le gemme sono la 2011, la 2016 e la 2017, da tenere ancora rigorosamente in cantina. Diventeranno approcciabili solo a partire dalla metà di questo secondo ventennio del duemila e meglio ancora agli inizi degli anni ’30. Delle annate più vecchie, ma ancora reperibili (la rassegna di Richard Meyson, grande specialista , ben conosciuto per la sua vasta monografia sul tema, risale fino al 1963), solo la 2000 ha ottenuto le cinque stelle complete, ma subito al di sotto sono le calde annate 2003 e 2009. La prima di esse può essere già bevuta, ma durare ancora a lungo, mentre  la seconda andrebbe conservata ancora per 4-5 anni .

Saltiamo a piè pari gli awards  assegnati da Decanter ai retailers e gli articoli promozionali (questa volta alquanto numerosi), ed entriamo nella Buying Guide. Come sempre preceduti dal Fine Wine World di Spurrier e dai Weekday wines  di Tina Gellie,  arriviamo ai due Panel tasting di questo mese. Il primo é insolito, perché a essere valutati, in questa degustazione, più che i vini, sono i formati adottati: bottiglia oppure magnum? Numerosi sono gli Champagnes testati  in questo modo, da eccelsi, come il Dom Perignon 2008, a una miriade di altri di tutti i tipi e le fasce di prezzo. 130 i vini testati. Almeno per quanto riguarda il Dom Perignon non sembrano esserci dubbi: meglio la magnum, che ha ricevuto ben tre punti  (98 anziché 95) in più, praticamente quelli che dividono un vino exceptional da uno solo oustanding.

Anche per quanto riguarda gli altri champagnes, il confronto é nella maggior parte dei casi nettamente a favore del formato più grande. Ad es. , sono ben 7 (da 93 a 86) i punti che separano il Blanc de Blancs S.A. di Palmer & Co. , e cinque (da 92 a 87) quelli che differenziano il Blanc de blancs Premier cru di Vertus di André Jacquart.

Il secondo Panel Tasting é quello annunciato con grande risalto in copertina sui Cabernet californiani del 2015.Un’ottima annata, secondo Decanter, nonostante le difficolà, con una primavera fresca con conseguenti difficoltà per la fioritura, che ha comportato una riduzione del raccolto dal 10 al 60% a seconda delle zone, a cui é seguita un’estate  bollente e molto  secca. La vendemmia é stata più precoce,  allo scopo di assicurare  equilibrio tra acidità e zuccheri. Segue a due annate positive , la 2014, con cabernet vibranti e tannini eleganti, e la 2013, più tannica, che richiede più tempo per affinarsi. Molto promettente é anche la 2016 , con u’estate fresca seguita da un settembre caldo che ha reso possibile la maturazione ottimale delle uve. Vini molto concentrati ma anche cesellati. La sintesi della degustazione, nel corso della quale sono stati  provati 197 vini: dieci outstanding (95-97/100), 63  highly recommended (90 punti e oltre), e 99 recommended (86-89). Solo 3 i vini fair (76-82).

Vediamo le star. I punteggi di vertice (96/100) sono quelli di Oak Knoll di Lobo, Wulff Vineyards,  e Montebello di Ridge,Santa Cruz: Ridge  colloca  anche un altro vino nel gruppo dei dieci outstanding (il Santa Cruz Mountains), confermandosi  tra le wineries di punta.

L’Expert Choice di questo numero esamina  l’annata 2016 di due delle più piccole AOC del Médoc, Moulis (600 ha.)  e Listrac (400 ha.). Entrambe assenti dalla classificazione del 1855, sono ricche di crus bourgeois  (14 Moulis e 9 Listrac). I Listrac tendono ad essere più vigorosi e austeri, mentre Moulis  hanno uno charme e un equilibrio che li avvicina ai Saint-Julien. Le star di queste appellations sono lo Ch. Chasse-Spleen (Bourgeois Exceptionnel)  e  lo Ch. Poujeaux   (92/100), entrambi di Moulis. Poi, a 91 punti, sono  due Listrac (lo Ch. Clarke del Barone di Rotschild e lo Ch. Fonréaud) e due altri Moulis (lo Ch. Maucaillou e lo Ch. Mauvesin Barton, recentemente rivitalizzato dalla famifglia Barton).

A seguire sono due itinerari: il primo ha come destinazione  la Puglia , sempre più al centro dell’interesse dei vacanzieri del vino (le indicazioni, in verità, sono più turistiche che enologiche) e l’altro i più bei mercatini di Natale, da Berlino a Losanna, Copenhagen ,  Strasburgo e Vienna. Le Notes & Queries e il Marketwatch  con le tabelle aggiornate dei prezzi dei Bordeaux, dei Porto e degli Champagne  da collezione,  chiudono il fascicolo con la Wine Legend: un Porto Vintage di Dow’s annata 1955.  Solo un cenno sulle rubriche  riportate nella sezione introduttiva della rivista: le notizie del mese, con le prime anticipazioni  sul millesimo 2019, e le pagine dei columnists: Jefford, Johnson  e Spurrier (che parla dei pinot dell’Oregon, site-specific come i Borgogna).

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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