Stampa estera. Wine Spectator, vol. 47: pinot nero californiano in evidenza7 min read

Il Pinot nero della California della felice annata 2019 é il protagonista assoluto di questo numero. Poi c’é spazio per i ristoranti Top del vino italiani, la grande guida all’East End di New York e le tequila delle celebrità.

Partirò quindi dal pinot nero del Golden State, limitandomi ad accennare appena agli altri articoli e soffermandomi un po’ di più sul Wine Focus di questo mese,  dedicato a una retrospettiva dei Super Tuscans.

Meno celebre (e meno costoso) dei cabernet della Napa e forse non ancora  amato come lo Zinfandel, che gli americani continuano a pensare come una loro varietà nativa, il Pinot nero ha comunque un posto di tutto rispetto tra i vini californiani: un po’ la scia di “Sideways”, un po’ il nuovo culto dei pinot della Borgogna, ma anche la qualità crescente  di quelli nazionali, consacrata da un’annata, la 2019, probabilmente la migliore del decennio per questo vitigno. Lo confermano I numeri: 95/100 é la valutazione del millesimo di WS, e, su 345 vini degustati alla cieca, ben 225, cioé i due terzi, hanno raggiunto o superato il traguardo dei 90/100. La 2019 é stata quella che gli esperti chiamano una”benchmark vintage”, con vini che mostrano potenza, finezza e struttura per l’invecchiamento. Temperature moderate e una stagione senza eventi estremi hanno permesso una vendemmia favorevole, benché con volumi leggermente inferiori. C’é da farne scorta, in attesa che siano pronti i vini del 2021 -altra annata positiva, stimata tra i 91 e I 94 punti-  vista la modestia di quelli del 2020, un’annata da dimenticare per i produttori del Nord California, dove sono i territori migliori per il pinot californiano, molti dei quali sono stati costretti a non rilasciare I propri vini a causa delle condizioni meterologiche avverse e degli incendi che hanno funestato estate e autunno. Solo 87/100, il peggior risultato della serie delle ultime annate, secondo WS.

Mappa di Wine Folly, che ringraziamo.

Ma torniamo all’annata 2019. Nel nord della California é la Sonoma Coast quella che fornisce la quantità maggiore di pinot di alto livello, una lunga striscia di terre ( e di AVAs) che vanno da Mendocino a Carneros, più a sud. Nel 2012 si é dapprima  aggiunta l’AVA di Fort-Ross Seaview e nel 2018 anche quella di Petaluma Gap, mentre prosegue il processo riguardante la West Sonoma Coast. Si tratta di circa 57.000 ettari di terre in stretta prossimità dell’Oceano Pacifico, con oltre 400 di vigne di pinot noir e chardonnay, situate tra  120 e 550 m. sul livello del mare, comprendendo l’area più remota di Annapolis, l’AVA Seafort-Seaview  e la zona che circonda le città di Freestone e Occidental, con la Russian River Valley e Petaluma Gap  che la fiancheggiano rispettivamente a est e a sud . Anche la California Centrale e quella meridionale, da Monterey a Santa Barbara,  offrono zone interessanti, in continua crescita, per il pinot nero, capaci di dare vini di grande espressività: quelli  Top si trovano generalmente nelle Santa Lucia Highlands, con Walt, Hahn, Miner, Talbott e Testarossa come produttori in maggiore  in evidenza.Anche la Santa Barbara County  ormai rivaleggia con le migliori aree del Nord: delle 100  bottiglie degustate più del 60% ha raggiunto o superato i 90 punti.

Vediamo velocemente quali sono i migliori per WS. Come atteso, la maggior parte di essi si concentra nei territori del Nord, Sonoma Coast e le sue articolazioni e Russia River Valley.  Ottiene 96/100  il Summa Old Vines 2019 di Rivers-Marie (Sonoma Coast), che piazza altri due suoi vini  tra i primi dieci, mentre raggiungono i 95  sette cuvées provenienti dalle stesse aree, con la sola eccezione del Single Vineyard Reserve di Donum, dalla Russian River Valley. Il primo vino della California centro-meridionale , con 94/100, é il Fiddlestix Vineyard  di Ancien, proveniente da Santa Rita Hills. Il gruppo dei vini che hanno raggiunto quota 94 é piuttosto numeroso (una quindicina): tra questi, oltre a quelli provenienti dalle aree già menzionate della Sonoma Coast nelle sue diverse articolazioni, dalla Russian River Valley, da Carneros e da Santa Rita Hills, un paio sono della Anderson Valley, il territorio più a nord, e  uno soltanto della Napa Valley nel gruppo dei migliori, che non sorprende perché ormai siamo già nelle terre del cabernet.

Considerando i vini provenienti dall’ annata precedente (2018) e dalla successiva (2020),  sono sempre I pinot della Sonoma Coast a spadroneggiare. Al vertice, con 96/100, é un Pinot di Ceritas (Sonoma Coast Occidental) del 2018, con soltanto vini della Russian River Valley e di  Santa Rita Hills nel gruppo dei migliori (con 94 o 95/100). Due  vini della Russian River Valley e uno di  Carneros si aggiudicano infine il miglior punteggio (92/100) per quanto riguarda gli Smart Buys  (prezzi tra I 30 e I 40 dollari, a fronte degli oltre 75 delle cuvée Top).

Non c’é molto da aggiungere riguardo ai  ristoranti con le migliori carte dei vini italiani, di cui si é già parlato nel numero appunto dedicato ai Top Restaurants del 2022:solo le schede un po’ arricchite di qualche dettaglio  dei sei di cui i lettori già conoscono il nome. “Salto” l’articolo sulle tequila preferite dalle celebrità e la guida sull’East End di New York (una ventina di pagine ricca di belle foto a colori, una dettagliata cartina e molte indicazioni di ristorante e luoghi dove sostare), per fermarmi un attimo sui SuperTuscan.

Toscana

Bruce Sanderson ricostruisce sinteticamente le origini  di questo movimento,  dalle prime esperienze di Morganti a San Felice, con il suo Vigorello 100% sangiovese, alla fine degli anni ’60,  e Antinori, col primo Tignanello (sangiovese e il 3-5% di malvasia nera e canaiolo quello del 1971), al Pergole Torte di Montevertine e I Sodi di San Nicolò  di Castellare di Castellina. Poi sono venute la creazione dell’IGT Toscana a superare la umiliante dizione di “vino da Tavola”  e infine, recentemente,  il comitato dei 16 SuperTuscans storici (CHST). Il Focus é completato da una scheda sintetica delle valutazioni assegnate nel Corso di un’ampia verticale, nel corso della quale sono state assaggiate oltre trenta annate di Tignanello (dalla 1971 alla 2016), una dozzina de Il Blu di Brancaia (dalla 1994 alla 2018) e altrettante del Vigorello (dalla 1969 alla 2018). Vino Top é il Tignanello 2004, unico a spuntare 98/100. Poi, a quota 97, sono tre annate dello stesso Tignanello (1990, 2007 e 2016), Il Blu del 2006 e il Vigorello 1997. Che risultato hanno avuto le “prime bottiglie”? Un lusinghiero 90/100 il Tignanello 1971,  88/100 il VIgorello 1969, e altrettanti il però assai più giovane- di quasi 30 anni-  Il Blu del 1998.

C’é poco altro da menzionare, a parte le rubriche di “GrapeVine” , aperta da un articolo breve di Alison Napjus sulla crescente fortuna dei Cava iberici negli States, con le pagine dei columnist di questo mese (Napjus sul bilancio della formula “Virtual Content+ Real Wine” nata nel tempo della pandemia  e Fish sui 40 anni della Roederer) e, naturalmente, l’ampia rassegna della “Buying Guide” dei vini di tutto il mondo (34 vini  “classic” , ossia valutati almeno 95 punti o più ,e  350 “outstanding” , ossia tra I 90 e i 94/100,  su più di 500 nuove releases).

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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