Stampa estera. Wine Spectator, vol. 46: i TOP 100 dell’anno4 min read

Questo numero  di WS é pressoché interamente consacrato al vino dell’anno e ai Top 100. La sintesi é nei sottotitoli di copertina: brilla l’annata 2018 del Cabernet della Napa Valley; eccellono Francia e Italia, il debutto di 70 nuove “wineries” nella lista degli eletti, 58 vini in classifica a meno di 50 dollari. Oltre al tema principale, a parte le news e le rubriche di “GrapeVine” , con il focus  di Tim Fish sugli sparklings americani e la  “Guida agli acquisti” conclusiva, c’é molto poco da aggiungere: Malbec argentini e single malt whiskies per la sezione “Spirits”.

Concentriamoci dunque sui Top Wines. Innanzitutto chi é il vincitore di quest’anno? Per la sesta volta dal 2011 un vino californiano , un cabernet della Napa Valley della felicissima vendemmia 2018, di Dominus Estate. Attenzione: non si tratta del vino che ha ottenuto il punteggio più alto degli assaggiatori: con i suoi 97 punti su 100, che ne fanno un vino semplicemente “outstanding” (95-97), ma non “Exceptional” (98-100), Dominus é solo quinto, e , a condividere il suo stesso punteggio sono altri cinque vini. E allora perché é lui il vincitore? Bisogna precisare che non sempre il “Vino dell’anno” é quello  con il punteggio più elevato, come spiega anche Shanken nel suo editoriale (“Why Dominus?”).

A decidere , infatti, sono, oltre alla qualità (lo “score” ottenuto dagli assaggiatori), il valore (stabilito in base al prezzo), la disponibilità (ossia i vini prescelti devo essere necessariamente prodotti o distribuiti negli Stati Uniti)  e un quid aggiuntivo, consistente nella storia del vino, non necessariamente quella con la S maiuscola, che si misura in secoli. Nel caso di Dominus l’X Factor é rappresentato dal fatto  che esso ha avuto inizio nel 1983, dopo che l’anno prima Christian Moueix, grande personaggio della Right Bank (nel suo carniere Trotanoy, La Fleur-Petrus e Hosanna a Pomerol, e Belair-Monange a St. Émilion), approdò in California con la sua partnership con Napanook Vineyard, creando poi Dominus.

Dominus estate

Il mix di criteri adottato (ma non ce n’é forse un ulteriore, non specificato, di tipo “geopolitico”?) non lascia scampo anche ai migliori: infatti, nonostante i suoi 99/100 (punteggio assoluto più alto), lo Champagne Krug Brut del 2008, é solo al 99° posto in classifica, cioé penultimo tra i Top. E’andata meglio ai tre  vini a quota 98, rispettivamente secondo (Château Pichon-Longueville Comtesse de Lalande 2018), quinto (Brunello di Montalcino Le Chiuse) e 47° (Oakville Cabernet Sauvignon 2018 McDonald).  Tra i primi dieci, quattro vini sono francesi (due Bordeaux, un bianco borgognone e uno Châteauneuf-du-Pape), tre californiani (tutti cabernet), due italiani (il Brunello già citato e un Barolo, Bricco Boschis di Cavallotto 2016), e infine uno spagnolo (un Priorat).

All’Italia é andata molto meglio per quanto riguarda i Top Values, ossia i vini con il migliori rapporto qualità/Prezzo, giacché il vincitore per distacco  di questa speciale classifica é il Chianti Classico Badia a Coltibuono 2018, in vendita in America a 22 dollari, anche 20° nella classifica assoluta. Complessivamente i vini italiani compresi nei Top 100 sono 23: principalmente toscani e piemontesi, con una rappresentanza minore di altre 5 regioni (Veneto, Sicilia, Campania, Alto Adige, Friuli). All’articolo di apertura di Molesworth dedicato al “vino dell’anno”, fanno seguito  il quadro sinottico dei magnifici 100, l’elenco dei vincitori dal 1988 ad oggi, dei migliori Top-Value, a cui si aggiungono i sei paginoni fittissimi, che precedono la “Buying Guide” finale, con l’elenco dei vini che hanno ottenuto il “classic score” (cioé almeno 95/100) nel corso dell’anno 2021: quindi le schede sintetiche dei 100 classificati di quest’anno.

Non mi soffermerò su whisky di malto e  sui nuovi malbec argentini (ne parla Kim Marcus). Su questo argomento mi limiterò a osservare che, dopo tre annate piuttosto sofferte (2014, 2015 e 2016), le vendemmie 2017-2019 sono state assai più favorevoli e tutte con punteggi superiori  ai  90/100, e che, secondo Marcus, i migliori malbec argentini sono  l’Adrianna Vineyard Fortuna Terrae di Bodegas Catena Zapata 2018 e il Cobos 2018 di Vina Cobos, entrambi con 96/100.

Per quanto riguarda il resto, ossia le diverse sezioni di “GrapeVine”, segnalo l’accresciuta attenzione alle bolle americane (ne parlano Alison Napjus nella sua colonna e Fish nel suo Focus) e il quanto meno intempestivo (visto quell che é successo dopo), “Great Times for Caviar” di Owen Dugan. Poco altro: i litigi tra Angelina e Pitt per la vendita di Miraval, la Guerra del “wine shipping” in America (é lecito acquistare vino da retailers di altri Stati dell’Unione?) e la pagina di Sanderson (“La Borgogna si prepara” al cambiamento climatico).

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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