Stampa estera.Wine Spectator, vol. 46, 2021: è meglio piantare cannabis o merlot?4 min read

La Cover Story di questo numero non é il vino, bensì la cannabis, che, ormai legalizzata, contende lo spazio alla vigna nello Stato maggior produttore di vino di qualità degli Stati Uniti, la California. Gli altri servizi annunciati in copertina sono : i nuovi resort e ristoranti di Napa e Sonoma e grandi bolle da bere subito in un’estate sempre più desiderosa di sparklings. Ma oltre a quelli citati, in questo numero ci sono anche le molte consuete rubriche di Grapevine (nell’attualità, il primo bilancio dei wildfires del 2020), la Buying Guide con le sue degustazioni sistematiche  e altri  due articoli interessanti: il primo, di Tom Hyland, su Rocche dell’Annunziata, “orgoglio del Piemonte”,  e i nuovi, golosi Zinfandel californiani.

Partiamo dalla coltivazione della cannabis e dai suoi farmers sempre più aggressivi, della California (il servizio é di Aaron Romano). Da quando il suo consumo é stato completamente legalizzato, il 1° gennaio del 2018, il numero dei  coltivatori é vertiginosamente cresciuto in California, fino a superare  quello dei wine growers  (6.235 contro 5.900), contendendo con crescente successo la loro manodopera. Sì, perché una quota non indifferente di operai prima impiegati nella coltivazione della vite sta lasciando le vecchie occupazioni per offrirsi ai farmers dell’industria della cannabis: le paghe sono molto più alte e la fatica decisamente minore.

Così la California, che copre attualmente l’81% del mercato  dei vini statunitensi, con un volume di affair di 42 miliardi di dollari nel 2020, si vede sottrarre spazi, mano d’opera e profitti, ad opera dei coltivatori di cannabis. Un acro di vigna nel Golden State  ha una redditività che varia da 5.000 a 20.000 dollari, mentre quella di un acro di terra coltivato a  cannabis, assicura  1-2  milioni di dollari: una bella differenza. La cannabis sembra ormai una fonte inesauribile di ricchezza, che però non risparmia certo in risorse, visto che un acro coltivato a cannabis consuma 1 milione e più galloni di acqua l’anno, contro i 65.000-160.000 di un acro di vigna.

Solo la Napa, che ha legalizzato la coltivazione della cannabis soltanto per gli usi medici, sembra voler  attenersi per il momento al principio del “not in my backyard”.  Nelle altre contee della California  la cannabis sta invece sfondando, a partire da Santa Barbara, dove i permessi di coltivazione hanno raggiunto quota 1.379, superando largamente quelli delle altre zone (poco più di  800 a Mendocino, 477 a Monterey, “solo” 126 a Sonoma).

Langhe

Ci soffermiamo invece un po’ sull’articolo di Hyland su Rocche dell’Annunziata, da lui definite un  “primus inter pares”. Una mappa colorata di Bruce Sanderson riporta una succinta scheda per ciascuno dei maggiori produttori di questo cru, mentre nel servizio sono riportate  le loro  osservazioni , partendo da Pietro Ratti, che ricorda come, alla fine degli anni ’60,  suo padre avesse scoperto Rocche dell’Annunziata  : prima le sue uve erano utilizzate nel blend del Marcenasco  e poi, dal 1971 vinificate in selezione, con la menzione “Rocche” in etichetta, fino al 2010. Perché Rocche  é un terroir così straordinario? Alcuni produttori citano la sua altezza, Renato Corino riferisce che Rocche dell’Annunziata si distingueva perché era il primo sito nel quale la neve si scioglieva in primavera , mentre Nicola Oberto parla della sua forma ad anfiteatro e delle differenze dei suoi suoli nei diversi punti, Elena Revello esalta la sua eleganza, propria dei Barolo di La Morra, associata alla struttura, Elisa Scavino la  grazia e l’equilibrio tra frutto, acidità e tannini.

Di seguito Alison Napjus parla degli sparklings: dapprima quelli  californiani, indicando i suoi preferiti , distribuendoli in tre categorie, corrispondenti alle occasioni nelle quali apprezzarli maggiormente (regali e celebrazioni, serate e brunch,parties), poi, adottando la stessa tripartizione, gli champagnes, i Prosecco, soli spumanti italiani ad avere uno spazio dedicato, mentre tutti gli altri (Trento, Franciacorta, Lambrusco etc) sono trattati tutti insieme, infine i cava spagnoli e i “global picks”, cioé quelli di tutto il resto del mondo. Prima di concludere con la “Buying Guide”, nella quale I Brunello italiani (2016 e riserve 2015) conquistano una posizione privilegiata tra i vini “Collectibles” e “Highly Recommended” del mese), solo un rapido accenno all’articolo di Tim Fish sugli amati Zinfandel del 2018, un’ ottima annata (92-94/100), seguita da una 2019 eccelsa (93-96 sia a Napa che a Sonoma, miglior punteggio del secondo decennio degli anni duemila): frutto vibrante, da godere giovani ma anche adatti al cellaring. Di più: a costi contenuti, confrontati con i Cabernet della regione, essendo i migliori di essi proposti a prezzi compresi tra i 35 e i 60 dollari la bottiglia e i migliori “Top value”, da 90/100 e oltre, a meno di 20.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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