Stampa estera: Terre de Vins, n. 806 min read

Al centro della copertina e di questo numero sono i vini delle feste. Poi, naturalmente, ci sono molti altri servizi: dalla saga dei Pichon all’itinerario nella Côte-Chalonnaise, la cucina di Michel Guérard e la trasmissione allo Château Margaux. Il fascicolo incorpora anche due allegati a colori: il primo dedicato agli Champagnes di vigneron e il secondo alla-anzi alle- Cité des Climats et des Vins borgognone.

Dapprima un cenno sulle degustazioni, e poi mi soffermerò un po’ di più sui servizi e le inchieste di questo numero. Oltre alla principale, appunto dedicata ai vini delle Feste, che occupa la parte centrale del giornale, vi sono numerose altre degustazioni-satellite, più ristrette, una sorta di vetrine di un certo territorio o di una certa tipologia di vino.

La maxi-degustazione dei vini delle Feste, annunciata dal titolo “Largo al piacere”, ha coinvolto 13 specialisti, giornalisti e assaggiatori, che hanno selezionato   circa 200 vini di tutti i territori dell’esagono, di cui vengono presentate le schede d’assaggio; una breve descrizione, il prezzo orientativo, la o le certificazioni eventualmente possedute (vini biologici, in conversione, biodinamici o di alto valore ambientale) e un piatto su cui apprezzarli. Manca stavolta qualsiasi valutazione numerica, né in centesimi, né in ventesimi, spesso adottate alternatamente dalla rivista: solo, per alcuni di essi, il contrassegno diventato ormai familiare, del “Coup de coeur”. Non mi soffermerò su singoli vino o territori, limitandomi a segnalare i vini che hanno ottenuto il “Coup de coeur” di costo non superiore ai 25 euro: lo Château Lilian Ladouys 2020, cru bourgeois di St.-Estèphe a Bordeaux (24 euro),  l’Irouleguy blanc Xut Blanc 2021 di Etxondoa (17, 50 euro) nel Sud-Ouest, il Clos des Avoueries- Calcaire 2020. un Macon-Cruzille biologico del Domaine du Château de Messey  (21 euro) in Borgogna,  l’Eparcieux  2020, Beaujolais blanc biologico del Domaine Chasselay (19 euro), il Crozes-Hermitage rouge 2020, biologico,  del Domaine Laurent Habrard (22 euro), nel Rodano settentrionale (22 euro); l’Heritage 2018 Languedoc Saint-Christol del Domaine Coste-Moynier (25 euro); il Bruderbach Clos des Frères 2019, un Alsace Riesling biodinamico del Domaine Etienne Loew (17,50 euro). Incastonate nella degustazione sono una vetrina delle magnum e una di 27 “supercampioni” scelti tra le oltre 800 bottiglie medagliate (oro o argento) al Concorso di Terre de Vins 2022.

 Le degustazioni tematiche più ristrette che seguono quella principale riguardano i bianchi secchi del Sauternais, dal battistrada Y di Yquem  (il più caro, con i suoi 102 euro) all’Asphodèle di Climens, tutti dell’annata 2020,  e una scelta di Saint-Chinian, di Blaye-Côtes de Bordeaux , Clairette de Die e Quarts-de-Chaume, il grand cru dell’Anjou. Chiude la sezione delle degustazioni, come sempre, una verticale. Questa volta tocca allo Château Les Carmes Haut-Brion, “Étoile montante” di Pessac-Léognan,  dove  Guillaume Poultier , assistito da una équipe esperta, elabora rossi di grande fascino con una quota importante di “vendanges entières” e vinificazioni “per infusione”. A raccontarla sono Sylvie Tonnaire e Mathieu Doumenge: le schede riguardano otto annate dalla 1990 alla 2019, con al Top il vino dell’annata 2016 (19,5/20), “vrai vin de texture”. Appena un soffio al di sotto i vini del 2012 e 2015, entrambi valutati 19/20.

Vengo ora ai servizi principali: il passaggio “en douceur” tra seconda e terza generazione dei Mentzelopoulos alla guida dello Château Margaux e la saga  della famiglia Pichon a Condrieu.

E’ dal 1977 che la famiglia Mentzelopoulos  è allo Château Margaux, Premier cru del Médoc. Il primo fu André Mantzelopoulos , che lo acquistò dalla famiglia Ginestet, proprietaria dagli anni ’50. Uomo d’affari originario del Peloponneso, che aveva fatto fortuna grazie alla catena di magazzini Félix Potin, fu affascinato da questo storico Château, con il progetto ambizioso di riportarlo al prestigio di un tempo. Morto prematuramente nel 1980 André, senza aver potuto vedere il completamento degli investimenti effettuati, la responsabilità della proprietà ricadde sulla figlia ventisettenne Corinne, a quel tempo del tutto impreparata al nuovo ruolo che avrebbe dovuto assumere. Mathieu Doumenge ha raccolto la testimonianza di M.me Corinne, in un interessante articolo dal titolo “I guardiani del tempio”. Affidata la direzione della proprietà al compianto Paul Pontailler, che la detenne per 36 anni, alla sua morte subentrarono Philippe Bascaules , praticamente cresciuto a Margaux dal 1990, Olivier Pinon  e Aurélien Vance, che parteciparono alla gestione quotidiana dello Château Margaux. Nel frattempo si erano aggiunti i due figli di Corinne, terza generazione dei Mentzelopoulos a Margaux. Ora la nuova proprietà è nelle mani di Alexandra, 36 anni, direttrice generale aggiunta, che sovrintende alla comunicazione e all’immagine della proprietà, e di Alexis, 29 anni, direttore generale aggiunto per la strategia e il management. L’incontro con Corinne, Alexandra e Alexis fornisce l’occasione per conoscere i progetti dello Château per i prossimi anni:  dopo il lancio del terzo vino (il Margaux di Château Margaux), il progetto di ampliamento  della cantina, con i vincoli connessi alla disciplina dei Monumenti storici.

Vigne di Pichon

Infine la saga. Quella di questo numero è dedicata alla famiglia Pichon, insediata a  Chavanay, nella Valle del Rodano settentrionale, con dieci ettari circa di vigne nel territorio di Condrieu (con la pepita Roche Coulante), nella Côte-Rotie  e a St.Joseph . L’incontro, raccontato  da Jean-Charles Chapuzet, è con i  fondatori del Domaine, Philippe e Michelle- una vita avventurosa  tra l’allevamento di polli e tacchini e la cantina- il figlio Christophe, quello, dei tre fratelli , che ha  preso le redini della proprietà,  e il nipote Corenthin, che ha seguito le orme del padre, ritornato in azienda  nel 2014 dopo aver frequentato la scuola vitivinicola di Macon, con stages da Fichet a Meursault e Gaillard a Banyuls e un periodo in Australia da Hewitson. Il Domaine trae origine da 9 ettari agricoli, parte sui coteaux e parte in pianura, ereditati dal nonno materno da Philippe, che decise di riprendere al termine del suo servizio militare. Aveva allora 22 anni, l’unico del suo gruppo di amici interessato all’agricoltura più che all’industria. A quel tempo Condrieu non aveva la fama di oggi e il vino che vi si produceva era solo viognier. Pichon commercializzò le sue prime vendemmie nel négoce, da  Guigal e Delas , poi, nel 1984, venne il primo millesimo in bottiglia. Intanto alla fine degli anni 70 la proprietà si era leggermente ingrandita nei territori di Condrieu e St. Joseph, poi ha fatto ritorno in azienda Christophe, dopo la scuola di viticultura di Mâcon  e stages presso la cave coopérative di Prissé e Michel Bouzereau a Meursault. Christophe ha apportato il gusto borgognone dell’eleganza e della freschezza. Nuove vigne vengono acquistate e la gamma si allarga. I vini hanno nomi simbolici: Caresse, Patience, Allégorie, Symphonie, Promesse.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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