Stampa estera a portata d clic: La Revue du Vin de France, 6185 min read

La copertina di questo numero è , come di abitudine, affollata di titoli. Il più grande, accompagnato dalla foto di due bottiglie di cabernet franc della Loira, è appunto per i migliori cabernet di questa regione. Altri titoli: Languedoc, scoperte a Limoux, Cabardès e Malepère; Due stili champenois: Selosse e Jacquesson; Il salone  di Millésime Bio a Montpellier. E poi: inchiesta, la vigna  in pericolo; viva il cinema: Klapisch uomo dell’anno della RVF; un bianco o uno champagne per la bouchée à la reine? Titolo in rosso per la “dégustation mythique”, Piemonte contro Borgogna.

Dei Cabernet Franc della Loira e dei vini del Languedoc si occupano le due grandi degustazioni  del mese, contenute , come di abitudine, nella sezione finale della rivista. Grandi declinazioni del Cabernet Franc nella Valle della Loira, soprattutto nel Saumurois (i vini di vertice sono infatti tre Saumur-Champigny, guarda caso, del Clos Rougeard e del Domaine des Roches Neuves).

Ottimi vini anche a Chinon (Baudry e Alliet) , Bourgueuil e Saint-Nicolas de Bourgueuil. Accanto alle grandi cuvées classiche, ci sono quelle degli stilisti e quelle che cercano di reinventare i codici di questi vini. Subito dopo c’è la Languedoc, con le più belle bottiglie dell’Ovest dell’Aude: Cabardés  con i suoi vini aromatici e selvaggi a nord, Limoux e i suoi climats a sud e Malepère, con i suoi merlot speziati  al centro. In questa sezione finale della rivista è anche il duello Piemonte-Borgogna, due vigneti diversissimi, ma per molti aspetti gemelli, combattuto intorno all’annata 2011 (buona, ma non eccelsa per entrambe). I vini piemontesi che hanno colpito la RVF?  Il Barolo Monvigliero di Burlotto (18.5/20), coup de foudre della degustazione, e il Cascina Francia di Giacomo Conterno. Il punteggio più basso (12.75/20) per il Sassella Stella Retica di Arpepe, che , pur essendo a base di Nebbiolo, ovviamente  è fuori dal territorio preso in considerazione.

Ma vediamo gli altri articoli annunciati nei titoli di copertina. Ad aprire il numero di febbraio è l’inchiesta sui mali della vigna: cambiamenti climatici, perdita della diversità genetica, industrializzazione, le vigne muoiono prematuramente, e i vignaioli corrono  ai rimedi. A seguire è il Grand Prix 2018 della RVF, ossia le personalità premiate come personaggi dell’anno. Il premio di uomo dell’anno quest’anno è assegnato ad un cineasta, Cédric Klapisch , autore del film “Ce qui nous lie” (titolo italiano “Ritorno in Borgogna”).

Vigneron dell’anno è Jean-François Ganevat , con i suoi vini del Jura. La scoperta dell’anno è un Domaine di Irouleguy, il Domaine Bordaxuria. La carta dei vini premiata è quella del ristorante alsaziano Au Bon Coin di Wintzenheim. E’ lo Champagne al centro dell’articolo dedicato al tema “Une appellation deux styles”, che, ogni mese, mette a confronto i vini di due produttori emblematici. Questa volta tocca alle Maison Jacques Selosse (Anselme e Guillaume Selosse)  e  Jacquesson (Jean-Hervé e Laurent Chiquet). Più avanti Alexis Goujard presenta le sue impressioni e le sue “pepite” del Salon Millésime Bio di Montpellier assaggiate in anteprima. Vino top, uno Champagne: il Vignes du Levant Blanc de blancs di Larmandier-Bernier 2009 (18/20).

La gastronomia, in questo numero, è innanzitutto rappresentata  dal grande accord del mese: Bouchée à la reine  del Bistrot Les Colonnes  della famiglia Nayrolles a Issy-les-Moulineaux con uno Champagne Blanc de blancs 1995 di Deutz . Poi c’è l’accord minute di Olivier Poussier ( i consommé invernali vogliono vini di Jerez , Madera o vins jaunes del Jura) e i consigli della vigneronne, Catherine Maisonneuve, che spinge a osare il suo Cahors Les Laquets con le seppie e i calamari.

Ci sono però molti altri articoli e servizi interessanti non menzionati in copertina. L’intervista che , come sempre, apre la rivista, questo mese è a Frédéric Brochet, vigneron  con un dottorato in Psicologia alle spalle,  fondatore di Ampelidae e del marchio  Brochet a Marigny-Brizay, nel Dipartimento della Vienne.  Partendo dai circa quattro ettari posseduti dalla  famiglia vicino Poitiers, Brochet  ha fatto di una zona praticamente sconosciuta  del Poitou una specie di spot sperimentale del sauvignon. Oggi può sfruttare circa 700 ettari di vigna : i suoi vini fanno impazzire gli scandinavi. I temi: i vini bio, la scienza e la sperimentazione,  naturalmente i vini bianchi. Un’altra intervista interessante, più breve, è più avanti, quella a François de Ricqlès, presidente di Christie’s France, che ha aperto l’ultima grande Asta dei vini degli Hospices di Beaune.

Per la serie “Vie de Château”, Pierre Casamayor parla del Domaine Pierre Gonon, le cui vigne sono sulle vertiginose pendenze di St. Joseph, nel Rodano settentrionale . A seguire l’assaggio del suo St. Joseph rouge in verticale : tra le annate più vecchie , grande 1998; tra le più recenti, spicca il 2015. Tocca a Sophie de Salettes presentare, per la serie “Expertise d’un terroir”, il vigneto di Montagne-Saint-Émilion, appellation satellite di Saint-Émilion con alcuni valori sicuri.  Nell’angolo dedicato agli spiritueux, si parla di Piscos cileni e peruviani. Poi ci sono, naturalmente, l’édito di Denis Saverot (sul successo del film di Klapisch),  le pagine dei columnists , le notizie e le consuete rubriche (in “Art e enchères” si parla di Degas  e dei suoi quadri “alcolici”, L’Absinthe e Les répasseuses; Angélique de Lencquesaing parla dei tesori in cantina, ossia delle quotazioni- in pieno volo- dei grandi cru).  Infine, per concludere, nel “Débat au tour d’une bouteille”, l’alsaziana Caroline Furstoss  (molto critica ) e Olivier Poels discutono su una bottiglia di Pessac-Léognan blanc dello Château Malartic-Lagravière del 2010.

 

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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