Stampa estera, Decanter, vol 46: Bordeaux, Beaujolais e… Verona8 min read

Gli onori della copertina di questo numero sono tutti per le primeurs di Bordeaux, ma un po’ di spazio è riservato anche ai vini dell’estate, ai crus del Beaujolais e al Wine Trip a Verona. Rinnovato nella grafica, il giornale appare snellito e più agile. L’articolo principale, il primo di quelli sui quali mi soffermerò, è naturalmente quello del “First Taste”, il primo assaggio dell’annata 2020 di Bordeaux, firmato, come  sempre da Jane Anson. Le altre degustazioni di questo numero sono il Panel Tasting dei crus del Beaujolais (l’altro articolo che ho scelto) , i rosados spagnoli selezionati dall’esperto  (Sarah Jane Evans), e i picks di David Sly dei vini delle Adelaide Hills in Australia.

Cominciamo dunque dai Bordeaux. Le primeurs hanno l’interesse dell’anteprima, ma anche il limite di degustare dei vini che, per le loro caratteristiche, sono ben lungi dall’essere pronti per il consumo: in gran parte campioni di botte, risultano spesso  sorprendenti. In effetti raramente i vini che più stupiscono nelle primeurs confermano il loro primato riassaggiati a distanza di tempo.

A Bordeaux esse si svolgono di norma ad aprile dell’anno successivo a quello della vendemmia: sicuramente troppo presto per consentire valutazioni molto precise di vini che raggiungeranno la maturità diversi anni dopo. Sono dunque valutazioni davvero attendibili quelle che vengono fatte in quell’occasione?

Anche la Anson, nella sua  colonna mensile, occupandosene, risponde “Far from it”, tutt’altro. Per certi aspetti, sembra-scrive-_di essere a un festival cinematografico, nel quale si debbano assegnare i premi della critica e quelli del pubblico. Non certo però inutili, e non solo dal punto di vista economico, dal momento che si tratta di un’occasione-chiave nella quale i maggiori négociants e distributori si accaparrano i vini da rivendere ai consumatori di tutto il mondo.

Ma vediamo come la Anson, una delle più accreditate “Bordeaux writers” del mondo, vede l’annata 2020 (per un confronto eccovi quelle già pubblicate da Terre de Vins e dalla Revue du Vin de France ).

Va innanzitutto detto che, in questi ultimi anni, è diventato sempre più difficile definire con una sola espressione  un’annata come classica, calda, fredda, secca o umida, come lo era  in passato: ormai tutte queste tipologie, sia pure in diversa proporzione e distribuite variamente nelle diverse fasi dell’anno, sono compresenti.  Nel 2020 la prima delle cinque   precondizioni di  una grande annata, individuate dalla Anson nel suo “Inside Bordeaux” (2020)- una fioritura abbondante e completa- sembra essere stata  raggiunta senza difficoltà .Quanto alla seconda (il “Fruit set”, la formazione dei grappoli),  appare assai più problematica a causa delle piogge e delle basse temperature di giugno, specie per i cabernet, pur migliorando nella seconda parte della stagione , raggiungendo quindi  l’obiettivo solo in parte.

La peronospora ha fatto anche quest’anno la sua apparizione, ma ha causato meno danni che nel  2018. I mesi di luglio e di agosto secchi hanno prodotto quello stress idrico di cui le piante hanno bisogno per fermare la crescita  e favorire la concentrazione degli zuccheri  prima della veraison (il cambiamento di colore), anche se leggermente in ritardo in alcuni casi: si può dunque dire che sia stata raggiunta anche la terza precondizione per una grande annata. Anche a settembre le condizioni climatiche sono state favorevoli, senza piogge nelle prime due settimane, favorendo un buono stato di salute delle uve. La stagione della vendemmia è stata ampiamente asciutta con piogge solo  nella seconda metà del mese, con la tempesta Alex a complicare ulteriormente le cose a inizio ottobre, ma il ritorno del bel tempo ha permesso di completare la vendemmia del merlot e per i cabernet delle zone più precoci (meno per quelle a maturazione più tardiva)  in condizioni ottimali (quinta ed ultima pre-condizione).

Quantità mediamente il 25% in meno rispetto al 2019, specie per i cabernet, è stata invece una grande annata per i merlot: da guardare  con attenzione gli ottimi risultati dei suoli argilloso-calcarei di aree “great-value” come  Castillon (spicca il Clos Puy Arnaud, 94/100 per la Anson)  e Fronsac (La Dauphine, ormai stabilmente ai piani alti, 93). I livelli di alcol sono stati moderati , specie nella Left Bank, lontani dai  valori  estremi di 2018 e 2019. Infine risulta tra le migliori di sempre la qualità dei secondi vini (La Croix de Beaucaillou over-performer con 95/100, punteggio da “grand vin”).

Globalmente Decanter assegna quattro stelle  su 5 ai vini della Riva Sinistra e 4.5 a quelli della Riva Destra. L’annata è stata meno brillante per i bianchi: 3.5 per i bianchi secchi e 3 per i moelleux , come già 2018 e 2016, annate al contrario grandissime per i rossi . Quanto allo stile, se molti hanno  evocato una somiglianza con 2010 e 2016 per la quantità dei tannini, secondo la Anson i confronti più pertinenti sono con 1996, 2000 e 2006: stessa ricchezza di tannini, a volte un po’ ingombranti, ma con grande potenziale.

Un’occhiata alle riuscite nella Left Bank, partendo da nord.  Vini densi e molto concentrati a Saint-Estèphe:  Calon-Ségur e Montrose in cima con 98/100 e Cos d’Estournel a quota 97. A Pauillac i top score sono i soliti  Latour, Mouton-Rotschild, a quota 98/100, con Lafite-Rotschild e Pontet-Canet a 97,  i due Pichon e Lynch-Bages 96 e al come al solito brillante Grand Puy-Lacoste a 95. A Saint-Julien al vertice Ducru-Beaucaillou (98/100), poi Léoville-Las-Cases e Poyferré (96) e Talbot (95).A Margaux,   raggiunge i 99/100 con potenziale 100 (formula usata dalla Anson per indicare i vini che mostrano la potenzialità della perfezione, da confermare nel tempo), eletto vino dell’anno della Riva Sinistra, con Palmer (97/100) e Issan (96) sulle sue orme.

Nelle AOC minori e regionali: spiccano Mauvesin-Barton a Moulis (92/100) , Lagune e Cantemerle (93/100) nell’Haut-Médoc , Potensac (92) nell’appellation  Médoc.  Al Pavillon Blanc di Margaux (97/100) si affianca il Blanc de Lynch-Bages a Pauillac, tra gli uccelli rari dei bianchi  eccellenti in terra di grandi rossi. Nelle Graves, a Pessac-Léognan i rossi sono potenti ,  molto tannici e molto colorati: stavolta è La Mission Haut-Brion a raggiungere lo score più alto (98/100), con Haut-Lafitte  a un punto e Haut-Bailly a due. Haut-Brion si rifa col primato tra i bianchi , con il sauvignon dominante: 96/100 per lui e Smith-Haut Lafitte. Passiamo ora alla Rive Destra. A Saint-Emilion c’è un terzetto eccelso con   Ausone, Cheval Blanc e Canon, tutti a quota 99/100 con 100 punti potenziali, ma stavolta è Canon a fregiarsi del titolo di vino dell’annata della Rive Droite. Su livelli altissimi anche Bélair-Monange (98/100) , Angélus e gli “over-performer”  Larcis-Ducasse e Rocheyron a quota 97.

A Pomerol il vino top dell’appellation è Lafleur, con 98/100, anche se reggiungono lo stesso punteggio anche L’Évangile, Trotanoy e naturalmente Pétrus. Infine è stata un’annata più sofferta nel Sauternais, nel quale diversi Châteaux hanno scelto di non uscire con i loro grand vin: i punteggi più alti sono quelli di Fargues (97), Doisy-Daëne (96)  e Coutet (94), con Broustet e il secondo vino di Sigalas-Rabaud, il Lieutenant de Sigalas top-values.

Veniamo ora ai crus del Beaujolais e all’annata 2019 sotto esame. Sono stati 187 i vini assaggiati, provenienti dai crus della regione. Come spiega Andy Howard, che presenta i risultati del panel, la 2019 è stata una “fine vintage”, come la 2018, ma meno generosa nelle quantità (mediamente il 25% in meno) e meno omogenea, a causa del gelo e delle grandinate che hanno colpito alcune zone: nelle versioni più riuscite, i vini sono però più eleganti e con uno stile più delicato, fatti per piacere. Nessun vino “exceptional” (ossia con più di 97 punti su 100), ma ci sono quattro “outstanding”,  a quota 95: si tratta di due Morgon (il Vieilles Vignes del Domaine de la Bêche e il Passerelle 577 di Mee Godard), un Brouilly (la Réserve di Château de Pierreux) e un Fleurie (il Montgenas Vauxrenarde del Domaine des Combiers). Sono molto numerosi i vini della categoria immediatamente inferiore (90-94/100), ben 60, ossia praticamente un terzo degli assaggi . Tra questi 16 sono Fleurie, 10 Morgon e 9 Moulin-à-vent. Meno numerosi i vini degli altri crus (7  Brouilly, 4 Régnié e  Cote-de-Brouilly, 3 Chiroubles e Juliénas, 2 Chénas e Saint-Amour). Nessun vino mediocre e un solo campione difettoso confermano il carattere molto positivo dell’annata

Gli altri due articoli principali di questo numero  sono il “Wine Trip”a Verona e provincia, a cura di Alessandra Piubello (un veloce  giro d’orizzonte nelle terre del Soave, del Valpolicella, del Bardolino e del Lugana per gli eno-viaggiatori britannici ) e gli assaggi dei vini delle Adelaide Hills di David Sly:  a soli venti minuti d’auto dalla città di Adelaide, una “crazy variety” di terroirs , microclimi e varietà (naturalmente con chardonnay e shiraz in evidenza). Prima di passare ad un’occhiata necessariamente più veloce sul resto, voglio accennare all’insolita vetrina dei “rosados” di Spagna scelti da Sarah Jane Evans (assenti i rosati lungamente invecchiati in legno come il Viña Tondonia di Lopez de Heredia) : non solo garnacha , che la Evans ama molto, e non solo Rioja, anche se la valutazione più alta (94/100) la spunta un rosado della Rioja, l’XF di Sierra Cantabria 2020. Solo un punto al di sotto sono un Ribera del Duero del Dominio del Aguila , il Picaro del Aguila Clarete, e il Vina Viejas Rosado del  Marquès de Riscal (Castilla y Léon). Tra i vini selezionati non c’è alcun 100% tempranillo, ma c’è un Monastrell in purezza, generalmente in difficoltà per i rosati per il colore troppo carico. Una curiosità: due vini  provengono per il 70% da uve a bacca bianca, viura e palomino.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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