Stampa estera. La Revue du Vin de France, n.651: le Primeurs di Bordeaux8 min read

Tempo di “Grande Boucle” e dell’arrivo dell’estate e dunque la RVF intitola “Le Tour de France des vins de plaisir” il suo dossier principale di questo numero, di cui occupa circa 120 delle 220 pagine.  Poi:Primeurs dell’annata 2020 di Bordeaux, banco-test dei migliori bicchieri per degustare i pinot noir della Borgogna, fiammata dei prezzi delle vigne in Borgogna. Inatteso: i Cinesi bevono meno vino delle previsioni. Altri titoli minori inghirlandano il bordo copertina (Château des Jacques e Domaine Ferret, Château Pradeaux, Krug Clos du Mesnil 1979, “bouteille mythique” del mese).

Mi concentrerò soprattutto sulle Primeurs di Bordeaux (noblesse oblige!) e sull’inchiesta di Laurent Gotti sull’aumento dei prezzi e sulla crescente vulnerabilità del vignoble borgognone alla speculazione finanziaria. Il rischio che si profila è quello di una crisi irreversibile del modello tradizionale che ha reso famosi i climats della Borgogna fondato sulla “trasmissione”, ossia il passaggio delle vigne da una generazione all’altra.

Incuriosisce, ma lascia un po’ il tempo che trova, il test dei bicchieri per i Borgogna: troppo scarse e instabili le evidenze che favoriscono un bicchiere per un cru di Gevrey e di un altro per un cru di Nuits o Vosne-Romanée (di un singolo climat e di un singolo produttore).

Bandol è in evidenza nel ritratto dello Château Pradaux di Pierre Casamayor, con annessa verticale di 12 annate (stupiscono 1961 e 1970, entrambi 100/100, ovvero dell’immortalità), e col “débat”, che chiude il fascicolo sul rosé L’Irréductible 2020  del Domaine de la Bégude (discutono Karine Valentin e Caroline Furstoss).

Ultimo articolo da segnalare, il confronto tra due virtuosi dello chenin sec d’Anjou: Il Domaine Thomas Batardière e La Ferme de la Sansonnière di Mark Angeli, entrambi a conduzione biodinamica: corredano il report di Roberto Petronio le schede di cinque annate di due delle loro cuvées più emblamatiche: L’Ésprit Libre di Batardière e La Lune di Angeli.

Primeurs a Bordeaux. 2020  chiude alla perfezione una trilogia di annate (2018-2020) di grande livello: più simile alla 2019, e all’indietro, a 2016 e 2010, che alle più solari 2018,2015 e 2009, che l’hanno preceduta. Colpiscono la freschezza, la croccantezza del frutto, l’acidità  di questi vini, balsamici e pepati , con un tenore alcolico contenuto rispetto a quello delle annate precedenti. Saint-Estèphe , la più settentrionale delle AOC del Médoc, e la più ricca di argille, sembra aver trovato le condizioni migliori per affrontare la stagione secca: 98-100/100 a Montrose, 98-99+/100 Cos d’Estournel, 98-99/100 Calon Ségur. Pauillac non è da meno: 98-100/100 Pichon Comtesse de Lalande (che supera la “sorella” Pichon Baron, 96-98/100) e  Pontet Canet; un soffio più giù , 98-99+/100 Lafite Rotschild e Latour, 97-99+/100 Mouton-Rotschild . A Margaux è ancora Palmer a fare da battistrada (98-100/100), con uno dei suoi millesimi migliori, davanti a Château Margaux (98-99+/100) e ai due “second”, Rauzan-Ségla (97-98+/100) e Durfort-Vivens (97-98/100), mentre a Saint-Julien, sulla scia di Léoville-Las Cases (98-99+/100) è il “solito” Ducru-Beaucaillou (97-98/100), con gli altri due fratelli Léoville, Barton e Poyferré, a 96-97.

La siccità ha colpito maggiormente le Graves, e a Pessac-Léognan si è dovuto derogare al divieto di irrigazione per salvare l’annata dallo stress idrico. Conseguentemente, qui si sono avuti tenori di alcol più alti, in taluni casi troppo, e un minore equilibrio, che si è manifestato di più nei bianchi, spesso “molli” e con espressioni aromatiche eccessivamente stereotipate. Tra i rossi, risultati molto positivi  sono stati conseguiti dai crus maggiori: 96-98/100 Haut-Bailly e Haut-Brion, 96-97/100 La Mission e 95-97/100 Les Carmes Haut-Brion in grande spolvero. Tra i bianchi 94-95/100 a Haut-Brion, si rivede nelle posizioni di vertice Fieuzal, a quota 93-94/100 con Smith-Haut-Lafitte  e il Domaine du Chevalier.

In grande difficoltà il Sauternais, dove il caldo e la siccità hanno rallentato lo sviluppo della botrytis. Questa, favorita sui suoli argillosi, è apparsa con più difficoltà su quelli più calcarei, come quelli di  Suduiraut, dove è apparsa solo il 12 ottobre: le graves cariche di calore hanno però determinato una bella concentrazione, insieme con livelli elevati di freschezza e tensione. Molto bene Barsac (97/100 Coutet e Dosiy-Daëne), naturalmente Suduiraut  e Fargues, sullo stesso punteggio.

Quanto alla Rive Droite , il millesimo 2020 si è adattato perfettamente alle caratteristiche dei suoi suoli. Le piogge primaverili hanno costituito le riserve idriche per affrontare adeguatamente l’estate e le brevi piogge di agosto hanno dato la spinta necessaria alla vigna. Frutti neri, note floreali, grafite, dei tannini eleganti, c’è tutto per una grande riuscita a Saint-Émilion. Quanto a Pomerol, pur in un registro più maturo, una freschezza insperata ha dato vini classici, dalla caratteristica seduttività pomerolese. I punteggi confermano il valore delle cuvées assaggiate. A Saint-Émilion, Cheval Blanc su tutti (98-88/100), a precedere gli altri tre classé A: 97-98/100 Ausone e Angélus, 96-97/100 Pavie. In mezzo l’”intruso” Figeac, prossimo candidato alla promozione (97.5-98/100). Sono su a un livello altissimo anche il “solito” Château Beauséjour Duffau-Lagarrosse (96-98/100), Belair-Monange, Canon, La Gaffelière, Pavie-Macquin, Valandraud, Fourtet, tutti con lo stesso punteggio. A Pomerol il vertice, per i degustatori della RVF, è per lo Château L’Eglise-Clinet (96-98/100), il più elegante con una trama tannica di incredibile finezza, seguito a ruota da un già tartufoso Trotanoy, Petit-Village e La Fleur-Pétrus. Mancano all’appello Petrus e Lafleur, che probabilmente non sono stati tra i crus assaggiati , anche se non sono compresi nel breve elenco dei vini non presentati (come Yquem e Climens a Sauternes e Beauséjour-Becot a Saint-Emilion).

E’ un peccato che in questo report non siano stati  considerati i vini delle appellations minori  della Rive Gauche, a parte qualche sparuto assaggio dei soliti nomi dell’ Haut-Médoc, Médoc, Listrac e Moulis, e soprattutto di quelle della Rive Droite (Fronsac, satelliti di Saint-Emilion, ecc.), tra i quali sono alcune gemme con elevatissimo rapporto valore/prezzo.

Eccoci alla Borgogna, alla fiammata dei prezzi delle vigne e ai rischi per il modello basato sulla trasmissione familiare che è all’origine del suo successo . Mentre i prezzi per i terreni delle appellations régionales e dei villages di quelle comunali minori hanno subito lievi, quasi impercettibili aumenti, quelli dei premiers e dei grands crus hanno preso il volo. A semplice titolo di esempio si consideri il Clos de Vougeot, vigna dalla storia millenaria la cui proprietà é frammentata tra oltre 80 domaines differenti. Cento anni fa, nel 1920, dopo la fillossera, i suoi oltre 50 ettari  valevano “solo”  600.000 euro, nel 1950 due milioni, che diventavano 47 nel 1986, 137 nel 2014, meno di dieci anni fa, 180 oggi (cifre rese equivalenti). Una “ouvrée” (l’antica misura borgognona  di 428 mq, circa ) di Bâtard-Montrachet, grand cru bianco della C te-de-Beaune, costava in media 87.000 euro nel 2004, oggi 450.000, come dire 10 milioni e mezzo l’ettaro, circa tre volte il costo di un ettaro del Clos de Vougeot.

Cifre spaventose, che però non spaventano la grande finanza, che , negli anni passati, ha investito milioni su milioni nell’acquisto dei crus più prestigiosi della Côte d’Or (ricordate il Clos de Tart e il Clos des Lambrays , i due piccoli climats di Morey-Saint Denis acquistati a peso d’oro ?). L’aumento dei prezzi, combinato agli oneri fiscali aumentati di conseguenza, hanno reso difficile, se non impossibile trasmettere le proprie vigne di padre in figlio come accadeva finora e che permetteva quella continuità di radicamenti, di esperienze e di saper fare che hanno reso grande la Borgogna vitivinicola.

Non è raro il caso che i padri siano costretti a vendere, in tutto o in parte, i pezzi più pregiati dei loro possedimenti per poter mantenere il resto, spesso insufficiente a mantenere un reddito minimo  a persone che sulle vigne ci vivono e che debbono affrontare spese non lievi per fronteggiare i cambiamenti climatici, l’invecchiamento e le virosi delle vigne. Anche i proprietari più previdenti, che hanno programmato la trasmissione per tempo attraverso donazioni, anche parziali, ai figli, sborsando molto denaro per soddisfare gli esosi vincoli fiscali, si sono trovati a dover affrontare contestazioni e multe  con penalità salatissime di decine, se non centinaia  di migliaia di euro, da parte del fisco, che riteneva incongrue  le cifre versate, pure se calcolate in base alle indicazioni della Safer (Société d’aménagement foncier et d’établissement rural). Problemi di ricchi? No, perché, per quanto il prezzo dei vini sia notevolmente cresciuto negli ultimi anni, il loro aumento è ancora notevolmente inferiore a quello delle terre e tale da non poter essere compensato da un aumento della produzione, con rese in costante calo a causa dei cambiamenti climatici.

Finora i tentativi compiuti dalla Conféderation des appellations et des vignerons de Bourgogne per chiedere condizioni più miti sulle successioni sono stati vani, anche perché evidentemente al governo francese non sembra vero di poter ricavare più denaro, da qualunque parte provenga, e poco conta se a farne le spese sono prima i piccoli produttori e poi la progressiva scomparsa del modello borgognone basato sulla trasmissione. La sola alternativa sembra essere quella del Groupement Foncier viticole (GFV), ossia la formazione di associazioni di produttori  e piccoli investitori, anche consumatori, che si accontentano della piccola rimessa di bottiglie annue a fronte di una spesa certamente inferiore a quella di mercato: in questo modo , oltre a moderare i costi delle successioni e abbattere le imposte sui patrimoni,  si assicura denaro fresco da investire in nuove acquisizioni  o in spese migliorative.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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