Stampa estera: Terre de Vins, n. 716 min read

In copertina, accanto a una immagine di Jean-Charles Cazes, proprietario di Lynch-Bages, sono tre titoli: uno, molto grande, “La sfida”, che si riferisce alla degustazione dei primeurs di Bordeaux dell’annata 2020, gli altri due, più piccoli, che annunciano l’Alsazia gourmande, e un itinerario  a Mâcon, “la Borgogna eterna”.

Ovviamente c’è molto altro, che mi limiterò a soltanto accennare, per concentrarmi su quello che è indubbiamente il tema principale, le anteprime 2020 di Bordeaux: l’editoriale di Wartel, che apre sulle gelate di aprile, le notizie dalle vigne e dai mondi professionali e le consuete altre rubriche, e poi: “la guerra dei tappi”, inchiesta sul sempiterno problema dei sugheri e le loro vulnerabilità, l’intervista “sur le divin” a Maxime Toubart, dal 2016 Presidente del potente Syndicat Général des vignerons (15.000 associati), nonché lui stesso vigneron cooperatore a Le Breuil, nella valle del Surmelin (Rive gauche della Marna)  e la saga della famiglia Fabre, proprietaria di cinque differenti Domaines, dal Minervois alle Corbières, 500 ettari , di cui 360 di vigna, una cinquantina di dipendenti e un volume di affari di 5 milioni e mezzo di euro. Un’intervista a Boris Cyrulnik , neuropsichiatra a Bordeaux, con una vita avventurosa alle spalle, e naturalmente appassionato di grandi vini, autore del libro “Des âmes et des saisons”, nel quale sollecita un ripensamento globale del rapporto con la natura, precede la grande degustazione delle anteprime di Bordeaux e le numerose degustazioni minori di questo numero.

Vediamole: rossi provenzali a predominanza carignan, vini orange, i vini di Tursan,  terroir poco conosciuto, di circa 400 ettari, nelle Landes, a sud-est di Mont-de-Marsan, un tempo apprezzati ed esportati già dal XII secolo in Inghilterra e nell’Europa del Nord, poi cancellati dalla fillossera. Anche in Francia, come in Italia, i produttori di vino delle aree vulcaniche (della Côte Roannaise, delle Côtes de Forez, delle Côtes d’Auvergne e Saint-Pourçain) si sono consorziati per far conoscere e apprezzare  i loro prodotti , Sylvie Tonnaire commenta una verticale di un bianco di Couilloures, l’Armenn del Domaine Vial-Magnères, a partire dal 1993, tutta sul filo dei 18-19/20 (grandi 2001, 2013, 2014 e 2018).

Ma veniamo a Bordeaux: Terre de Vins ha riservato oltre 60 pagine delle 154 (alle quali va aggiunto il supplemento sull’Ardèche meridionale). E difatti le primeurs dell’annata 2020 rappresentano il clou di questo periodo dell’anno. Anche la 2020 è stata un’annata molto calda, come ormai quasi tutte quelle di questi ultimi venti anni. A Bordeaux ormai solo un  millesimo su 5 è a clima oceanico: le altre quattro sono decisamente mediterranei.

Da ciò deriva una inarrestabile anticipazione delle date di vendemmia (quella di Y, il Bordeaux sec di Yquem, è iniziata il 13 agosto!) e l’abbandono  dell’”effeuillage”, per proteggere maggiormente le piante dall’irraggiamento  solare. Inverno e primavera sono stati a clima dolce, ma piovoso, e questo ha fortunatamente  costituito le riserve idriche per affrontare la siccità dell’estate (otto settimane senza una goccia d’acqua da metà giugno). Il germogliamento e la “véraison” sono risultati notevolmente anticipati, aumentando il rischio di danni nelle ormai ricorrenti gelate di aprile. La presenza di argille nei suoli, la forte escursione termica giorno-notte, ma anche la vicinanza del fiume o della foresta, a seconda dei casi, ha aiutato a  reggere la siccità e a temperare il calore diurno.Se nel Sauternais , dove la botrytis ha ben tardato a fare la sua comparsa, i rendimenti sono stati lillipuziani (poco più del 10%), sono stati una sorpresa, dopo anni di costante ascesa dei gradi alcolici, i 13 gradi dei rossi del Médoc, ormai un ricordo degli anni ’90.

Château Léoville-Las-Cases,

Insomma un’altra buona annata, che arriva in un clima di rinnovata fiducia dopo il lockdown e presumibile aumento dei prezzi. Impossibile rendere conto di tutti i vini, anche solo i più importanti e famosi. Considerando solo quelli che, raggiungendo i 98 punti, hanno acquisito la valutazione di “exceptional”, nella Rive Gauche, la massima performance è stata quella dello Château Léoville-Las-Cases, con 98-99/100 (gli altri due Léoville si sono fermati due punti al di sotto) e dello Château Mouton-Rotschild , mentre hanno colto il traguardo  dei  98/100 pieni Latour a Pauillac e Calon-Ségur a St. Estèphe (mancavano Cos d’Estournel e Montrose). A quota 97-98/100 si sono invece fermati gli altri big di Pauillac (Lafite-Rotschild, Pichon-Baron) e St.Julien (Ducru-Baucaillou).

A Margaux i 97 punti pieni sono stati assegnati solo a Brane-Cantenac, mentre  Château Margaux, Palmer, Durfort-Vivens , Giscours e Marquis de Termesi sono fermati un soffio più in basso, a 96-97/100. A Pessac-Léognan, tra i rossi,  il traguardo dei 98-99/100 é stato raggiunto dal “solito” Haut-Brion, ma a 98/100 pieni sono Haut-Bailly,  Smith-Haut-Lafitte e Les Carmes Haut-Brion (La Mission Haut-Brion è un punto al di sotto). Meno convincenti ( e meno numerosi al banco d’assaggio, con molte assenze di rilievo)  i bianchi: spiccano i 97/100 del Domaine de Chevalier (Smith-Haut Lafitte e Pape-Clément un punto al di sotto). Nel Sauternais , vale lo stesso discorso: la 2020 non sarà una delle annate indimenticabili e  il punteggio più alto dei premiers crus degustati (assenti Yquem e Climens) è stato quello dello Château de Fargues (96-97/100), poi Coutet (95-96/100) e Suduiraut (95).

Tralasciando le cosiddette denominazioni minori e quelle subregionali (Médoc e Haut-Médoc), nelle quali sono comunque state numerose le riuscite eccellenti, passiamo alla Rive Droite, i cui vini, favoriti dai suoli più argillosi, hanno reagito alla grande all’andamento climatico dell’annata. Nuovamente al vertice, per Terre de Vins, Pétrus, che, con i suoi 99-100/100 (punteggio più alto di tutta la degustazione), guarda dall’alto in basso tutti gli altri. Nel Pomerolais, sono 99 i punti di Lafleur, 98-99/100 quelli di Vieux Château-Certan, “solo” 98 La Conseillante, L’Église-Clinet e Lafleur-Pétrus. A Saint-Emilion, 99 punti pieni per l’Angélus, mentre, un soffio al di sotto, a quota 98-99/100, sono Ausone, Cheval Blanc, Canon, Figeac, e-non è più una sorpresa, vista la regolarità di questi ultimi anni- Beauséjour-Duffau-Lagarrosse. Hanno raggiunto i 98/100 Beauséjour-Bécot, La Mondotte e Larcis-Ducasse,  i 97-98/100 Tertre-Roteboeuf,Troplong-Mondot e l’ormai abituato al gruppo di testa Pavie-Macquin.Anche sulla Rive Droite, visti prezzi e vista la qualità crescente delle denominazioni cosiddette minori (penso a Fronsac, Castillon- Côtes de Bordeaux o Puisseguin-Saint Emilion), vale la pena di spigolare le riuscite migliori, spesso sul filo dei 93-95/100, meritevoli della più grande attenzione.

Per finire, vale la pena di dare un’occhiata all’itinerario nel Maconnais: esso rappresenta per la Borgogna quello che la Provenza rappresenta per la Francia, una regione accogliente e piena di charme, con una viticultura di notevole interesse, e  marcata dalla sua storia cluniacense, di cui resta viva la memoria. Terre de Vins suggerisce una visita a due belle realtà cooperative (la Cave de Lugny e i Vignerons des Terres Secrètes) per rifornirsi di buoni vini dal prezzo dolce, a La Soufrandière-Bret Brothers, regno dei fratelli Bret, sempre più punto di riferimento della regione, allo Château de Fuissé per scoprire i nuovi Premiers crus del Pouilly-Fuissé, ed altre aziende ospitali: la pagina dell’Escapade pratique fornisce gli indirizzi giusti da non mancare. Tra questi è sicuramente l’Atrium di Solutré-Pouilly, dove è possibile assaggiare i migliori vini di questo affascinante territorio. Da non mancare, naturalmente,  la visita di Cluny.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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