Stampa estera a portata di clic: Wine Spectator, Aprile 20194 min read

“Italian gems” (gemme italiane) é il titolo grande (anzi grandissimo) della copertina di questo numero di aprile.

Gli altri tre titoli  (nuovi value-wines dal mondo, eccitanti vini californiani “ispirati” dal Rodano, chèvre americano) sono relegati nelle ultime righe della pagina. Dunque, un numero (quasi) monografico dedicato ai vini italiani.

Questa volta però  non si tratta, come accade in genere,  di Barolo, Barbaresco e Brunello di Montalcino: i lettori americani li conoscono già, scrivono nel loro editoriale Marvin Shanken e Thomas Matthews, ma ora Wine Spectator  vuole far loro apprezzare alcuni degli “hidden treasures” di cui é ricco il nostro paese.

Tre vini  bianchi (Pinot Bianco, Vernaccia di San Gimignano e Vermentino delle tre regioni nelle quali é maggiormente diffuso)e tre rossi (Barbera, Aglianico e Nero d’Avola).  Il loro fascino dipende non solo dale loro qualità organolettiche, ma dal fatto che in Italia, in molte regioni storiche della viticultura,  “i vini locali sono profondamente radicati nei loro paesaggi e nelle loro culture”, scrivono ancora l’editor e il direttore di Wine Spectator.

Perciò non si parlerà solo di vini, ma anche di ristoranti ed altro. Vediamo dunque questo articolo, ricco di fotografie, che occupa una trentina di pagine delle poco più di 50 riservate agli articoli (le altre sono riservate alle rubriche e alla Buying Guide, che chiude il fascicolo).

Si comincia  col pinot bianco, non solo altoatesino (Hofstätter, Nals Margreid e Terlano) , ma anche friulano (Livio e Marco Felluga).Poi ci si sposta ad ovest per conoscere la barbera e I vini che se ne traggono nell’albese (Burlotto, Conterno e Vietti), nel Monferrato (Braida) e a Nizza (Michele Chiarlo), quindi in Toscana , terra della Vernaccia di San Gimignano  (Capella S. Andrea, Montauto, Montenidoli, Mormoraia e Simone Santini).

Le strade del vermentino si dividono per cogliere le diverse sfumature dei vini liguri (Lunae Bosoni), toscani (Collemassari e Grattamacco) e naturalmente sardi (le Tenute Olbios, in Gallura). A seguire le terre vulcaniche dell’Aglianico : quelle del Vulture (Elena Fucci e Paternoster), e del Taurasi (Feudi di San Gregorio, Mastroberardino, Quintodecimo e Terredora).

Infine tocca al Nero d’Avola siciliano (Cusumano, Feudi del Pisciotto, Firriato, Morgante, Planeta e Tasca d’Almerita).

Come si vede, nessuna scoperta per il lettore italiano, visto che si tratta quasi sempre delle aziende di dimensioni maggiori e più presenti sul mercato americano. Qua e là alcuni brevi inserti sui ristoranti (il lussuoso Palazzo Cerequio a La Morra, tre locali della Costa Toscana, due stellati materani  e La Madia di Licata, in Sicilia) completano il quadro, molto patinato dell’Italia di Wine Spectator.

Ma non é finita, perché, più avanti, dopo una puntigliosa rassegna (praticamente un lungo elenco di nomi, indirizzi e punteggi) dei migliori value-wines “del mondo”, organizzati per tipo di uva , c’é un articolo di Bruce Sanderson dedicato ai nostri Barolo e Barbaresco della difficile annata 2014. Sono 92 i  punti su 100 quelli della valutazione globale attribuita da  WS a questa annata , più di quelli assegnati alla vendemmia 2009 (solo 90)  e appena un punto al di sotto della 2011, ma ben lontani dai 97/100 di 2010 e 2013.

Meglio a Barbaresco, dove ha piovuto meno, ma anche nel Barolo non é andata poi così male come si temeva, perché a una stagione difficile per la maturazione delle uve, fresca e umida, hanno in parte posto rimedio due mesi, di settembre e ottobre, abbastanza favorevoli, che hanno aiutato il tardivo nebbiolo a completare la maturazione.E di fatti, da un blind tasting di 150 Barolo del 2014, ben 130 sono stati giuducati Outstanding (90-94/100) , 16 dei quali  con 94 punti e due di essi hanno ottenuto un classic score (95 e oltre). Sanderson non ha trovato, in questa degustazione,  nessun vino troppo verde, immaturo o squilibrato.

L’ultimo articolo di questo numero é quello di Tim Fish riguardante i California Rhônes, ossia i vini californiani  a base di varietà del Rodano: quella del 2016 é stata, per Fish, una “textbook vintage”, una vendemmia da manuale,  vicina alle condizioni ideali, con eccellenti risultati sia nella Napa e  a Sonoma, che a Paso Robles (un po’ meno brillante Santa Barbara), ed é proprio un blend di grenache di Paso Robles, la zona più adatta per le varietà del sud del Rodano, ad aver ottenuto lo score più alto (97/100).

Poi c’é la Buying Guide, con le sue vetrine  (stavolta solo il Solaia 2015 é tra quelli dei vini di maggior prestigio) e i lunghi elenchi degli assaggi effettuati in tutte le regioni vinicole del mondo. Che cosa resta? Le  lettere dei lettori, le molte rubriche di Grape Vine (nella pagina dedicata ai formaggi si parla appunto dello chèvre Americano annunciato in copertina), con un ultimo omaggio all’Italia (la “Bella Verona” di Alison Napjus nella sezione Travel) e , proprio in chiusura, il Perfect Match cibo-vino: filetto di maiale con la grenache (quella scelta dallo chef é una Grenache di Santa Barbara).

 

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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